Zinzan Valentine Brooke è nato a Waikatu il giorno di San Valentino (da cui il secondo nome) del 1965. Il primo approccio al rugby lo ha avuto nel periodo in cui frequentava il Mahurangi College, dove ha dimostrato subito di possedere doti non comuni che l’hanno fatto approdare alla nazionale seven del suo Paese.
Con quel fisico di un avanti (190 cm per 99 chili) abbinato alle capacità di un back player, è stato notato da Bryan Lochore che lo ha convocato per i mondiali del 1987 come sostituto dell’infortunato Mike Brewer. Aveva 22 anni il giorno in cui ha esordito con la maglia, quella volta era la numero 7, degli All Blacks, nella partita vinta a Wellington contro i Pumas argentini: e l’esordio è coinciso anche con la sua prima meta.
Finito il mondiale, Brooke ha partecipato prima alla tournée in Giappone, dove nella seconda gara, quella vinta con il maxi-punteggio di 106 a 4, ha segnato 4 mete; quindi al tour in Australia nel 1988, anche non ha giocato un solo test match sino al 1989, quando è entrato in campo per sostituire Michael Jones, in una partita ancora contro l’Argentina all’Athletic Park.
Sebbene il suo impatto a livello provinciale con gli Auckland Blues come terza linea centro è stato immediato, i suoi primi anni in maglia nera sono passati principalmente all’ombra del leggendario capitano Wayne Shelford. Questo almeno sino al 1990, quando Shelford ha lasciato, dopo 18 partite in nero, cedendo a Brooke la possibilità di essere la prima scelta nel ruolo di number eight.
Il 1990 è stato comunque un anno piuttosto difficile per Zinzan, nonostante avesse iniziato alla grande vincendo la Bledisloe Cup con tanto di meta segnata ai Wallabies ad Aukland, nella seconda gara. Un infortunio, infatti, lo ha costretto a svolgere il tour francese con una caviglia rotta e, come se non bastasse, ha dovuto lottare contro i giudizi negativi del pubblico che lo riteneva inferiore a Shelford e contro i capricci del selezionatore Alex Wyllie, che preferiva impiegarlo nel ruolo di flanker (sia destro che sinistro) preferendogli come terza centro Mike Brewer e, più tardi, Aaran Pene.
La deludente prestazione dei neri al mondiale del 1991 è stata per un certo verso una benedizione per Zinzan, in quanto la cacciata dalla panchina di Wyllie, ed il concomitante arrivo di Laurie Mains, hanno finalmente aggiustato la sua posizione sul terreno di gioco.
Nel 1992, quindi, le cose per Brooke hanno cominciato a girare per il verso giusto, merito anche della storica gara contro il Sudafrica a Johannesburg finita 27 a 24 per i neri, con il terza linea di Waikatu a marcare una meta straordinaria. La sua costanza e l’abilità nel controllo del gioco quel giorno lo hanno fatto descrivere da un giornalista sudafricano come ‘il colosso di Ellis Park’
Anche la stagione 1993 è stata all’insegna del suo talento, in particolare per quanto riguarda il tour nel Regno Unito. Il 10 novembre, contro il Sud della Scozia, Brooke ha segnato 4 mete ed è stato nominato dalla leggenda scozzese John Rutherford come "il più abile in avanti nel mondo".
Da segnalare che in quel periodo giocava in Italia nella squadra di Casale sul Sile.
È stato nel 1994 che Zinzan Brooke ha finalmente dimostrato di essere un atleta di classe mondiale, facendo finalmente sua, e solo sua, la maglia numero 8.
Anche se i risultati dei tuttineri erano un po’ altalenanti, la sua stella ha brillato più luminosa che mai. La straordinaria capacità di possesso palla, la forza atletica ed un approccio estremamente competitivo hanno fatto si che diventasse uno dei giocatori più influenti nel mondo del rugby per oltre un decennio. È stato nominato giocatore dell’anno in Nuova Zelanda e ancora una volta ha dimostrato di essere lo spauracchio degli Springboks durante la serie giocata in casa. Il bottino è stato di due vittorie dei neri ed un pareggio (il 18 a 18 che ha visto l’addio di Kirwan) ed una sua meta segnata nella prima gara.
Nella successiva partita per la Bledisloe Cup, persa 20 a 16 a Sidney contro l’Australia, ha orchestrato nella seconda metà del tempo la sorprendente rimonta che ha quasi portato all’improbabile vittoria; ma ancora più importante di questo è stato l’avere impostato uno stile di gioco che per un numero 8 raramente si era visto prima di allora.
Purtroppo la sua partecipazione alla Coppa del Mondo 1995 è stata gravemente ostacolata da un tallone di Achille rotto; ma tale era la sua importanza per la Nuova Zelanda che è stato comunque selezionato nonostante sia diventato pienamente idoneo solo nella finale, dove è stato uno dei pochi membri della squadra a non essere colpito da intossicazione alimentare.
Il suo capolavoro nel torneo è arrivato in semifinale, quando gli All Blacks hanno battuto l’Inghilterra: un drop da più di 40 metri che ha centrato i pali. Un calcio inatteso, perché arrivato dai piedi poco fini di un avanti.
Dopo la Coppa del Mondo la Nuova Zelanda è riuscita nel compito di battere l’Australia in due gare che gli hanno consentito di riportare a casa la Bledisloe Cup.
A fine anno è arrivato un pareggio 1 a 1 nel tour contro la Francia. Il contributo di Brooke è stato fondamentale ancora una volta per vincere 37 a 12 la gara di Parigi.
Intanto Zinzan era tornato a giocare in patria nei Blues, diventandone il capitano dopo che Sean Fitzpatrick lo era diventato degli All Blacks. Sotto la sua guida il club di Aukland è riuscito a vincere i primi due titoli del neonato Super12, sfiorandolo poi il terzo anno essendo stati sconfitti in finale dai Crusaders.
L’ultima parte della carriera di Zinzan lo ha visto diventare senza dubbio il migliore giocatore di rugby al mondo. Ha raggiunto il picco assoluto della sua attività agonistica nel 1996, con la prima storica vittoria di una serie sul suolo sudafricano. Ha segnato 2 mete, una per gara, è stato una presenza fisica di enorme impatto sia in attacco sia in difesa e ha dettato i giochi con grande capacità tattica. Nella sfida di Pretoria del 24 agosto, ancora una volta un suo dropkick ha centrato l’obiettivo e ha affossato le speranze degli Springboks.
La grande forma di Brooke è continuata anche per tutto il 1997, stagione che l’ha visto prima marcare 2 mete all’Australia nella sua cinquantesima partita con la maglia nera quindi, durante il tour di novembre nel Regno Unito, segnare 3 punti contro il Galles, a Wembley, con il suo ormai abituale drop.
Mai sconfitti per tutta la stagione, gli All Blacks hanno dedicato l’ultima gara del tour, il 6 dicembre contro l’Inghilterra a Twickenham, a Brooke che festeggiava il suo 58° e ultimo caps internazionale. Non è stata proprio una passeggiata, il punteggio finale di 26 a 26 la dice lunga, ed ha segnato la fine di una grande epoca.
È molto difficile, infatti, che vi potrà mai essere di nuovo un numero 8 come Zinzan Brooke. Il suo mix di abilità, forza fisica e finezza è stato assolutamente unico nel suo genere.
Nel 1997 Zinzan si è trasferito in Inghilterra per giocare con gli Harlequins, squadra della quale è diventato anche allenatore, ma non ha avuto un grande successo.
Nel 1999 la rivista ‘Rugby World’ lo ha votato come ‘secondo miglior Numero 8 di tutti i tempi’ dietro al grande Mervyn Davies. Per i neozelandesi però la seconda piazza non è sufficientemente buona per Brooke; ai loro occhi egli è stato, e sarà sempre, soltanto il migliore. D’altronde 17 mete messe a segno sono tantissime per un uomo di mischia.
Durante la stagione 2002/03 ha giocato nel Coventry in National Division One.
Il 28 maggio 2007 questo campione è stato molto vicino alla morte quando, tornando a casa dopo un allenamento dei Barbarians di cui era allenatore, è caduto a terra sbattendo la testa. Ricoverato in ospedale, ha passato qualche giorno in coma prima di essere operato al cervello. Per fortuna tutto è andato bene e Zinzan si è ripreso completamente.
Oggi pratica rugby amatoriale per la Windsor Rugby Union Rugby Club Berkshire, in Inghilterra.
Giada
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