Francia-Irlanda
Il risultato la dice lunga: 33 – 10, affibbiato all’unica squadra che, al mondo, non aveva perduto nemmeno una partita nel 2009. Una Francia impietosa toglie all’Irlanda il sogno del bis del Grande Slam. Una mischia poderosa, esatta lettura tattica del match, calci di spostamento intelligenti, grandi individualità e, per ultimo ma non ultimo, un gioco che si è affinato e che ha iniziato a dare i suoi frutti nella scorsa estate (vittoria sulla Nuova Zelanda) e nei test autunnali del 2009 (vittoria con il Sudafrica). Le velleità con cui gl’irlandesi erano calati al Saint Denise, sono subito state spente da una forza davvero superiore – probabilmente anche in giornata di grazia- ma sicuramente con delle potenzialità forse ancora non del tutto espresse, ma tremendamente efficaci.
La rivelazione Bastareaud ha dato la solita impressione di un bulldoozer umano anche se, a mio avviso, non è stato brillante come nella partita iniziale contro la Scozia.
Ma la Francia non è solo Bastareaud: c’è un Parra che guida il pack con intelligenza ed una terza linea aggressiva e potente. Ed altro ancora. Se la mischia continuerà a girare così come ha girato fin’ora e gli avversari di turno non troveranno contromisure più che efficaci, saranno guai per tutti.
Galles-Scozia
Il Galles ha vinto con l’orgoglio e la determinazione al cospetto di una Scozia che, come raramente le accade, tira i remi in barca qualche istante prima della fine dell’incontro. Il che le è stato fatale.
Primo tempo nel quale i gallesi sembravano aver dimenticato cos’è il placcaggio, trafitti come il burro dalle folate scozzesi che parevano trarre la loro forza dal sangue che sgorgava dall’animale ferito che avevano di fronte.
Non avessero fatto qualche errore, per presunzione o frenesia, saremo qui a commentare un’altra partita.
Pian piano, nel secondo tempo, anche se a fatica, il Galles è riuscito a riordinare le idee ed a sferrare attacchi su attacchi, a dire il vero abbastanza sterili, perchè dettati da una lucidità in via di esaurimento al pari dell’ossigeno, ma che, alla fine hanno pagato. E’ ancora negli occhi di tutti il fallo fatto allo scadere dalla Scozia, ed il conseguente provvedimento arbitrale che ha determinato il pareggio gallese (24-24) e la successiva ripartenza degli uomini in maglia rossa dai propri 22 fino a varcare la meta avversaria e che dava loro i punti per la vittoria (31-24), con una sequenza di azioni amplificata dall’incitamento di un pubblico straordinario.
Alla fine, tutti in lacrime: gli scozzesi per una vittoria gettata male alle ortiche ed i gallesi per un’impresa storica.
Per la cronaca: Evan, Patterson e Rory Lamont – scozzesi – non ci saranno contro l’Italia causa infortunio.
Italia-Inghilterra
L’Italietta delle gioie (pochissime) e dei dolori (molti) ha bevuto il solito bicchiere d’acqua che devono permettersi i malati, ovvero non gasata e tiepida (uno schifo, anche per gli astemi).
Contro un’Inghilterra così raramente vista sotto tono, si è contenuto il divario in cinque punti, ma abbiamo potuto denotare qualche progresso, soprattutto nella gestione del gioco con la palla in mano: questo è innegabile. Dobbiamo prendere confidenza con questo tipo di gioco che, alla lunga, paga, ma che si perfeziona solo quando ci si accorge che, facendolo, ci si diverte. E’ un automatismo spontaneo, un cerchio che si chiude naturalmente.
Poi abbiamo cercato di far dimenticare la brutta figura fatta nella touche con l’Irlanda ed abbiamo visto all’opera una mischia non più – letteralmente – tenuta in piedi (si fa per dire) da cefalopodi a due tentacoli, ma da gente che era motivata e consapevole delle proprie forze. Inoltre, c’è stata una ritrovata aggressività che ha contribuito a togliere l’iniziativa agli inglesi, soprattutto al largo, ed una buona disciplina (tranne il giallo a Castrogiovanni).
Dobbiamo ancora migliorare nella gestione al piede, soprattutto per ciò che riguarda l’esplorazione delle zone più scarsamente coperte. I calci alti effettuati per mettere pressione difensiva all’avversario sono inutili, per esempio, se vanno a finire dentro la linea dei 22: il “mark” avversario ricaccia indietro e frustra le intenzioni.
Infine, bisogna anche considerare che non abbiamo nessuna pedina, tra la cavalleria leggera, dotata di accelerazione bruciante con conseguente repentino cambio dell’angolo di corsa e da questo ne deriva una conquista della linea del vantaggio che si ottiene raramente. Risultato? Cornate ed autoscontri che, contro difese dotate di un’organizzazione appena decente, quando va bene, rendono un calcio a favore.
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