Novembre
fine anni ’70…ore 14 di una domenica
pomeriggio. Campo Motovelodromo di Torino
“…….Sai
fare la fasciatura alla caviglia?“
Carlo me lo chiede mentre tira fuori dalla sua
borsa scarpette, calzettoni, il SUO olio canforato, … (e che è quello che
si prepara lui: olio d’oliva, alcol, canfora e un poco di glicerina).
Dice che gli fa più effetto.
E’ teso e cerca di fare di tutto per non darlo a vedere ed un motivo c’è: oggi è il giorno del suo esordio. Infatti
Luigi, il suo compagno che gioca
ala titolare, oggi non può farcela, il braccio gli fa ancora male.
La tensione di Carlo puoi avvertirla in ogni suo movimento, in ogni piccolo
gesto.
Già appendendo i vestiti, gli casca la camicia dal gancio e che cade per terra impolverandosi tutta.
Le stringhe nuove non vogliono saperne di infilarsi al primo tentativo: quando
tira quella della prima scarpa gli si strappa proprio al penultimo buco.
Carlo è già tutto sudato: eppure siamo
in pieno novembre e gli spogliatoi del Motovelodromo di Torino sono il solito
frigorifero di cemento.
“…la carta d’identità… per la lista giocatori … qui … vicino la patente…” mormora mentre gli scivolano anche biglietti e bigliettini dal portafogli.
Tutti per terra come la camicia.
Me ne accorgo e gli dico: “Tranquillo Carlo: la fasciatura alla caviglia
te la faccio, ma stai tranquillo…”
Il brusio
dei giocatori aumenta all’arrivo del
sacco delle maglie, poi piano piano smette e, improvvisamente, scende un
silenzio rotto solo dal rumore continuo di uno sciacquone rotto e che perde da
un gabinetto vicino le docce…
Guardo in faccia i miei compagni, ognuno di loro cerca di far finta di nulla:
chi piega i pantaloni, chi poggia le scarpe sotto la panca affiancandole alle
ciabatte di gomma, chi scarta una cicca
da masticare, chi cerca nella borsa qualcosa… ma tutti tesi, tutti attenti
a Vincenzo, l’allenatore, che sta aprendo il sacco per distribuire le
maglie…
Poi anche l’odore, prima saturo di deodoranti, dopobarba e colonia, cambia
piano piano. I torsi nudi cominciano a brillare, quasi lucidi, di un lieve sudore, piccole
gocce che a poco a poco – tutte – emanano un nuovo sentore.
Prima amaro, penetrante…. poi acre e pungente.
E’ l’odore dell’attesa, della tensione.
Tensione che avverti persino dal rumore secco
come la grandine : quello dei tacchetti che battono sul pavimento.
Le maglie cominciano a volare, lanciate una ad una da Vincenzo verso chi le
indosserà.
“Carlo, tu fai il quattordici, occhio a coprire gli inserimenti di
Ruggero… fai le cose che sai fare… eccoti la maglia tieni….e
tranquillo, la fasciatura alla caviglia te la facciamo…”
Carlo afferra al volo la maglia che per
un pelo non gli scappa di mano…..stavolta non è caduto niente per terra….
“Gioco -sta pensando- gioco….gioco!!!!” quasi liberandosi dalla
tensione che lo accompagna dal venerdì precedente, quando dopo l’allenamento
gli dicono di tenersi pronto per domenica.
Poi, preso il rotolo del grosso cerotto bianco me lo porge, poggiando il suo
piede scalzo sulla panca di legno.
“Dài, fascia, non stringere troppo….” mi dice con voce più calma.
Gli avvolgo la caviglia mentre lui si infila la maglia.
Sembra facile infilarsi la
maglia….l’operazione, come sanno tutti quelli che hanno giocato e giocano, è
sempre alquanto difficile prima della partita.
Fateci caso: le maglie sembrano sempre strette e più piccole della volta
precedente.
Anche Carlo
avverte la stessa difficoltà.
Intanto l’odore acre di prima non si avverte più: quello dell’olio di canfora
prende il sopravvento e ti accompagna fino alla porta dello spogliatoio
dell’arbitro per l’appello.
Poi in campo.
Carlo inizia alla grande: prima un mark, poi un calcio a seguire con placcaggio
secco sul ricevitore….
” Allora te l’ho fasciato proprio bene il piede…vero?” gli dico
quasi per incoraggiarlo e mentre ci posizioniamo in difesa, prima di una touche.
“Porca puttana….Ruggè……ho sbagliato caviglia: era l’altra ….Ma va
bene così, va abene così ….attento, si inserisce il loro 15….chiudi tu
dall’altra parte…..vai….”
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