Arrivato a stagione iniziata per rafforzare la mediana del Benetton, Josè Manuel Nives Pinto, ha saputo farsi apprezzare da tutto l’ambiente per le sue ottime doti sul campo e per gentilezza e disponibilità fuori da esso.
Nato a Lisbona il 5 febbraio 1981, Pinto è un mediano di mischia veloce e carismatico che bene ha saputo inserirsi nei meccanismi della squadra, mettendosi in luce nel campionato di serie A e durante la Coppa Italia. Vincitore di tre campionati portoghesi, ha alle sue spalle una precedente esperienza italiana, alla Lazio & Primavera, portata avanti assieme agli studi di medicina a Roma. Dopo la laurea, poi, è arrivata per lui anche la soddisfazione della Coppa del Mondo in Francia: la prima per il Portogallo. Il rugby per i Lusitani è ancora uno sport di pura passione e divertimento che viene praticato a livello amatoriale, salvo rari casi di giocatori emigrati all’estero.
E analogo discorso vale anche per Pinto, destinato come molti connazionali a diventare una stella del calcio, con una carriera avviata al Benfica, prima di un infortunio e del cambio di club, ma soprattutto prima che, a tredici anni, un amico lo portasse a provare uno sport diverso con un pallone dalla strana forma ovale e un campo con porte particolari dalla forma ad acca.
In mezzo tra le due esperienze italiane, quella di Roma e quella attuale a Treviso, per il giovane numero 9 biancoverde, una parentesi in Spagna, a Madrid, colta anche per poter iniziare a fare esperienza in campo lavorativo, in uno degli ospedali più importanti dell’intera penisola iberica. Ma la professione di medico, per Josè Pinto, può comunque attendere. Prima c’è da realizzare un sogno: quello di giocare a rugby. Ed eccolo subito pronto ad accettare la proposta del Benetton e a tornare in Italia per una nuova avventura, coronata al momento da due mete in Coppa Italia, contro Femi CZ Rovigo e Casinò di Venezia Rugby.
«E’ stato un po’ difficile ambientarsi all’inizio – commenta il diretto interessato – perché sono arrivato a metà stagione. Però ora sta andando tutto bene e sono molto contento. Al club sono tutti professionali e sono felice della scelta che ho fatto. Conoscevo già la squadra e sapevo che era forte e competitiva, quindi ho avuto pochi dubbi prima di accettare. Una cosa che ho notato e che mi fa piacere è che non ci sono gruppi o divisioni all’interno dello spogliatoio: siamo un’unica squadra molto unita. Per quanto riguarda il campionato, devo dire che la serie A è molto irregolare, ci sono ottime squadre e altre più modeste e può capitare di giocare a mille una partita e poi magari sbagliare tutto in quella successiva. Sono rimasto, tuttavia, soddisfatto dell’esperienza in Coppa Italia e dell’opportunità che mi è stata data. Peccato solo aver perso in semifinale».
Giocatore internazionale, ha raggiunto l’apice della sua carriera, come detto, con la partecipazione agli ultimi Mondiali in Francia. Il Portogallo è stato da molti identificato come una sorta di “squadra-simpatia”, ma i sacrifici per arrivare a quel traguardo sono stati notevoli. Ad incominciare dai permessi per il lavoro (essendo sport amatoriale sono numerosi i giocatori che svolgono altre professioni), fino ad arrivare allo spareggio con l’Uruguay e ad una qualificazione storica ottenuta con un solo punto di scarto. E poi la sfida con l’Italia, 20.000 persone giunte dal Portogallo per riempire il leggendario Parco dei Principi di Parigi. E ancora l’epico scontro con gli All Blacks, la haka maori e poi una dura lezione sul campo. Ma alla fine, il rugby sa regalare anche incredibili emozioni. Ecco che allora terminato l’incontro, McCaw e compagni giocano una partitella a calcio contro i Portoghesi, perdendo per 3-1. L’onore della nazione è salvo e l’orgoglio di Pinto e degli altri è ulteriormente rinvigorito dall’entrata negli spogliatoi degli All Blacks, tutti indistintamente con due birre in mano, una ovviamente da offrire all’avversario diretto.
«E’ stato un sogno diventato realtà e tutti i sacrifici sono stati ripagati. Chi gioca a rugby sogna di poter affrontare gli All Blacks almeno una volta. Noi ci siamo riusciti, abbiamo affrontato faccia a faccia la haka. Una cosa incredibile, soprattutto per me, che la conosco e vedo sin da piccolo, addirittura era la mia suoneria sul cellulare. Sapevamo di perdere con molti punti di scarto, ma anche quello c’ha reso orgogliosi, perché è la dimostrazione che la Nuova Zelanda non ci voleva sottovalutare e che ci rispettavano giocando al massimo».
In Portogallo, il rugby è soprattutto sport a sette, con cinque titoli europei conquistati e la recente partecipazione della nazionale e dello stesso Pinto al famoso torneo di Hong Kong.
Parlare di eroismo per i ragazzi della nazionale che hanno preso parte alla competizione iridata è probabilmente eccessivo, ma sicuramente il XV capitanato da Vasco Uva può essere considerato un team di pionieri.
«Dopo lo spareggio con l’Uruguay ci siamo parlati e guardati negli occhi e abbiamo deciso che la nostra avventura non doveva finire lì, ma iniziare così. Oggi in Portogallo i praticanti sono aumentati in maniera incredibile e non ci sono campi a sufficienza per tutti i nuovi adepti. Speriamo di aver dato il la a qualcosa di significativo per tutto il movimento».
Josè Pinto (Benetton Treviso)
Breve scheda del mediano di mischia portoghese
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