Nato a Invercargill il 24 ottobre 1973, Jeffrey William Wilson è salito presto agli onori della cronaca anche nel mondo della palla ovale quando, studente presso la Cargill High School, ha sbalordito tutti totalizzando 66 punti in una partita, con 9 mete segnate (contando quattro punti l’una) e 15 trasformazioni. In seguito, nel 1992, ha marcato pure una sensazionale meta giocando come estremo per la nazionale delle scuole secondarie contro l’Australia. Un segno precoce del suo enorme potenziale. Ma a differenza di altri “studenti” prodigio, Wilson si è rapidamente adattato anche ai livelli più elevati, facendo il suo esordio per Southland mentre era ancora a scuola. Un anno dopo si è trasferito a Dunedin per intraprendere il tirocinio per diventare insegnante, e li è entrato a far parte della squadra di Otago, che all’epoca era uno dei migliori team provinciali del Paese; basti pensare che tra i suoi compagni di squadra c’erano Stu Forster, Stephen Bachop, John Leslie, Marc Ellis e John Timu. Nonostante le numerose stelle, Wilson è riuscito a farsi notare marcando una splendida meta con la quale ha garantito a Otago la vittoria a sorpresa su Auckland, nel match di NPC a Carisbrook. Grazie anche a questo, Wilson ha battuto la concorrenza del grande John Kirwan come prima scelta nel ruolo di ala per il tour del 1993 in Scozia e Inghilterra con gli All Blacks.
Al suo arrivo in terra d’Albione Jeff ha subito catturato l’attenzione dei media inglesi in un modo che pochi giocatori di rugby d’oltremare aveva fatto prima, ed è stato perseguitato senza sosta da fotografi e giornalisti. Da un punto di vista prettamente rugbistico, inizialmente per la Nuova Zelanda, che arrivava dalla vittoria sui British Lions e aveva da poco conquistato la Bledlisoe Cup, tutto è andato alla perfezione. I neri hanno giocato le prime dieci partite del tour vincendole tutte con facilità e segnando 315 punti. Il test di debutto di Jeff è arrivato il 20 novembre contro la Scozia a Murrayfield, un trionfo con un margine record di 51 a 15. Per l’occasione il ragazzo ha marcato tre mete e ne ha anche trasformata una quando il kicker Matt Cooper è stato costretto a uscire per una ferita. Tutto ciò che restava per completare il tour e conquistare il Grande Slam era sconfiggere gli inglesi a Twickenham. Con Cooper ancora infortunato e Grant Fox rimasto in patria, il compito di calciare è stato affidato fin dall’inizio proprio a Wilson. La gara però, si è trasformata in una sorta di incubo personale per il ragazzo, il quale ha sbagliato cinque tiri su otto. La frustrazione della Nuova Zelanda si è trasformata nell’indisciplina e l’Inghilterra ha vinto con un meritato 15 a 9.
Da eroe a “cattivo” in soli sette giorni: questo è stato l’esordio di Goldie Wilson a 20 anni appena compiuti.
Jeff ha quindi dovuto aspettare un tempo relativamente lungo prima che il suo talento si convertisse in caps e in punti. Nel 1994 era emerso un certo Jonah Lomu (almeno a inizio stagione, nei due test contro la Francia), Kirwan era tornato al suo posto e Timu era passato da estremo ad ala. Così Wilson ha giocato una sola gara quell’anno, tra l’altro una sconfitta per 16 a 20 contro l’Australia, che ha visto la perdita della Bledisloe Cup. Jeff avrebbe potuto segnare e vincere la sfida negli ultimi minuti, quando con una corsa piena di dribbling è arrivato a pochi centimetri dalla linea di meta. Purtroppo per lui, questa gli è stata negata dalla sorprendente opposizione del mediano di mischia George Gregan, che gli ha tolto l’ovale dalle mani.
La sua meta Jeff l’ha marcata circa diciotto mesi più tardi, entrando nel tabellino dei marcatori nello stratosferico 73 a 7 rifilato al Canada a Auckland.
Nella Coppa del Mondo dello stesso anno però, si è trovato offuscato dalla spettacolare ascesa di Jonah Lomu e ha goduto solo di tre mete nell’arco del torneo, tutte siglate nella vittoria record per 145 a 17 con la quale la Nuova Zelanda ha disintegrato il Giappone nella fase a gironi.
Quindi, insieme a Andrew Merhtens, Jeff è stato uno dei più colpiti dalla crisi di intossicazione alimentare che ha devastato gli Al Blacks prima della finale. Dopo avere lottato invano per tutto il primo tempo, l’ala è stata scortata alla toilette e non è più rientrata in campo. Se qualcuno nutriva dubbi circa la gravità della situazione della squadra neozelandese, questi sono stati annullati dalle immagini televisive di Jeff in disparte che stava male.
Se il mondiale sudafricano rappresenta il momento più buio della carriera di Goldie, la stagione seguente è stata decisamente una delle migliori. Ormai fisicamente maturo e temprato dalle delusioni che il rugby e la vita avevano da offrire, Jeff ha davvero iniziato a volare alto. Con John Hart subentrato a Laurie Mains sulla panchina degli All Blacks è sempre stato convocato, e lui ha ampiamente ripagato la fiducia, prima svolgendo un ruolo importante nel torneo che ha visto la Nuova Zelanda conquistare il Tri-Nations, con una sua meta segnata all’Australia, quindi realizzando altre 3 mete nei test di quella stagione contro il Sudafrica nell’arco di 7 giorni. Insomma, il 1996 può essere visto come il trampolino di lancio della sua carriera.
Nel 1997 Jeff Wilson e la Nuova Zelanda hanno proseguito sulla stessa lunghezza d’onda dell’anno precedente, annientando ogni squadra che si presentava loro davanti. Prima di tutto ci sono state le cinque mete che l’ala ha segnato contro le Fiji al North Harbour Stadium di Albany, a una sola distanza dal record stabilito da Marc Ellis contro il Giappone. Poi un altro titolo del Tri Nations, e la lunga stagione si è conclusa con il successo, anche se faticoso, del tour nel Regno Unito, dove il biondo trequarti ha segnato 3 mete nei match ufficiali (2 all’Irlanda e 1 all’Inghilterra).
Il 1998, però, sarebbe andato diversamente.
Dopo un paio di vittorie casalinghe contro l’Inghilterra, i neri hanno iniziato una lunga serie negativa che li ha portati a perdere tutte le partite del Tri Nations, subendo quindi un netto 0 a 3 nella serie per la Bledisloe Cup. Era quella solo la seconda volta nella storia che gli All Blacks subivano un whitewash dagli Aussies, la prima dal 1949.
C’erano diverse ragioni per quelle prestazioni deludenti dei neri, una delle quali era la bassa produttività della loro backline. In quella stagione, infatti, talentuosi trequarti quali Christian Cullen, Jeff Wilson, Tana Umaga e Jonah Lomu si sono divisi tra loro soltanto due mete, una statistica incredibilmente bassa data la loro produzione nel corso degli ultimi due anni.
Le cose cominciarono a migliorare nel 1999, quando gli All Blacks hanno riconquistato il Tri-Nations, nonostante una sconfitta dolorosa contro l’Australia a Sydney per 7 a 28. Per quanto riguarda Wilson, egli ha iniziato la stagione rifilando 4 mete a Samoa ad Albany, e una agli Springboks, ai quali ha segnato anche con un drop.
Tuttavia, in Coppa del Mondo nel corso dell’anno, la difesa era ancora fragile. La soluzione sembrava essere, Lomu e Umaga sulle ali, Cullen al centro e Wilson estremo. Ultimamente, infatti, una delle migliori performance Wilson l’aveva sciorinata con la maglia numero 15 di Otago in NPC, nella gara contro Wellington all’Athletic Park. Ma, a ben guardare, il ruolo di ala è stato quello in cui l’atleta ha probabilmente sempre dato il meglio di se, soprattutto per quanto riguarda le segnature.
In quel torneo Jeff è andato in meta 3 volte contro l’Italia (gara in cui ha superato il record nazionale di Kirwan) e una con Inghilterra, Scozia e Francia. Contro i galletti, nella semifinale di Twickenham, tutto è andato storto per i neri, i quali hanno subito un netto 31 a 43, che ha annichilito i loro sogni di gloria.
Quando Jeff è tornato a casa dopo il mondiale era sfinito, sia mentalmente che fisicamente. Aveva giocato 41 gare consecutive dal 1996 e stava cominciando a sentire la tensione. Come risultato, per la stagione 2000 si è messo in aspettativa, tornando poi nel 2001 dove a giocato 4 gare come ala e 2 da estremo. Purtroppo è stato costretto a vedere gli australiani mantenere il titolo del Tri Nations e la Bledisloe Cup In una notevole inversione di tendenza i loro rivali Australiani aveva ormai sconfitto gli All Blacks in sette gare su nove dal 1997. Le uniche soddisfazioni per Goldie sono arrivate da 2 mete marcate contro l’Argentina a Christchurch, e da quelle rifilate a Samoa, alla Francia e agli stessi Wallabies.
Nel 2002, dopo avere disputato un magnifico Super 12 con gli Highlanders, sembrava che Wilson fosse destinato a proseguire la sua carriera negli All Blacks ancora a lungo, ma a maggio il ragazzo ha sbalordito tutti annunciando il ritiro dal rugby, a soli 28 anni. L’ala ha spiegato che la decisione era stata presa a seguito di un desiderio di soddisfare le sue ambizioni nel cricket, sport che aveva accantonato nel 1996. Anche se la notizia è stata accolta con tristezza nell’ambiente della nazionale, tra i suoi fans non c’era risentimento, anzi, essi hanno reso omaggio a questo atleta che aveva indossato la maglia della loro squadra con dignità e orgoglio per tanti anni.
La sua ultima partita in maglia nera rimane quella giocata il 26 agosto del 2001 a Auckland contro il Sudafrica, vinta 26 a 15.
Dopo il ritiro Jeff ha trascorso i successivi mesi allevando cavalli in una fattoria di Canterbury.
Nel 2003 l’ex All Black ha ricevuto la croce del New Zealand Order of Merit per i servizi resi al Paese con il Rugby.
Nel maggio 2006 ha accettato una posizione nella Rugby Football Union di Otago per promuovere il rugby all’interno della regione di Otago-Southland.
Jeff Wilson è oggi il vice-allenatore della squadra di North Harbour Rugby in Coppa ITM, torneo delle province neozelandesi.
etichettato anche "mida’s touch", per la capacita’ di trasformare ogni pallone in oro…
Meriterebbe un tributo video, giocatore dal talento inarrivabile.
Con Cullen e Lomu il piu’ completo e bilanciato back three che gli allblacks abbiano mai avuto.