Di questo episodio da tregenda ne ho sentito tanto parlare. Allora avevo 10 anni e frequentavo da pochi mesi la prima media a San Francesco.
Alle elementari, durante la ricreazione, giocavamo a “ Ladri e Caramba”.
Battevo in velocità tutti i miei compagni di gioco. Il maestro Maistrello mi suggeriva di coltivare questa mia dote. Giunto alle medie pensavo di dedicarmi solo all’atletica ma alle San Francesco si respirava solo aria di rugby. Tuttavia non abbandonai la passione per la corsa.
Nel 1956 partecipai alle Olimpiadi Vitt, una gara aperta a tutte le Medie inferiori che si svolgeva alla palestra Verdi di Treviso. Per noi studenti era la gara più attesa dell’anno. Si correva su un tratto di prato adiacente all’anello di mezzofondo su corsie tracciate in calce. Non c’erano blocchi di partenza. Chi voleva poteva attendere in piedi il pronti, via del giudice di gara. Vinsi sui 60 metri piani con il n° 71 di pettorale. Dietro a me si classificò al secondo posto Brunello. Quando arrivai alle Medie, il Treviso Rugby pochi mesi prima aveva perso lo spareggio per lo scudetto tricolore del campionato Nazionale 1953/54.
Chi a scuola frequentava l’ambiente del rugby ne parlava come di un momento triste per la treviso rugbystica. Allora, nuovo dell’ambiente, quel fatto non mi toccò più di tanto. Capii più avanti l’ importanza di quell’ episodio.
Ora a distanza di anni lo voglio rievocare con le parole di Franco Casellato che lo visse da spettatore.
Campionato 1953/54.
Il Treviso è sponsorizzato dalla ditta Garbuio Essicatori, primo sponsor commerciale del Rugby italiano del dopoguerra. Con i colori della Garbuio Rugby, il Treviso si classifica al primo posto ma a pari punti con il Rovigo. Allora i colori della maglia erano bianco ed azzurro.
Il nome dello sponsor non appariva sulla maglia. La Federazione Italiana Rugby lo proibiva. Solo nel 1955 il divieto fu eliminato. Franco aveva 16 anni quando assistette a quell’ incontro che si disputò all’Appiani di Padova. Vi arrivò con la corriera di linea come tutti gli appassionati. Non c’era nessun mezzo al seguito della squadra. La partita iniziava alle 16 e 30. Faceva molto caldo. Il Garbuio presentava una formazione molto solida.
La mischia del Rovigo era più pesante, ma la nostra era guidata dal grande “Maci” Battaglini.
Ecco la formazione (si giocava con i numeri contrari e non c’ era ricambio in panchina). 15 Carnio, 14 Borelli, 13 Froelich, 12 Mestriner, 11Feletto, 10 Levorato, 9 Battaglini, 8 Panizzon, 7 Sartorato, 6 Zucchello, 5 Pavin, 4 Pin, 3 Erri, 2 Vianello, 1Baldan.
Ai popolari le tifoserie, allora piuttosto calde, si sfidarono prima a parole e poi con i fatti.
Il primo a segnare fu il Rovigo con una meta di Gastone Cecchetto cugino di Aldo Milani. Quindi un drop di Zucchello pareggiò le sorti della partita. Finiti i tempi regolamentari, l’arbitro Luigi Lena di Bologna, uno tra i migliori fischietti italiani, come da regolamento, fa disputare i tempi supplementari di 15 minuti ciascuno. Il risultato non cambia: 3 a 3. Si deve giocare ad oltranza! La fatica logora il fisico e la mente.
I giocatori sono stanchi, iniziano le scorrettezze. Vengono espulsi Casagrande del Rovigo e Carnio del Treviso. Dopo circa 20 minuti di gioco Battaglini ha sul piede la possibilità di far vincere la propria squadra. Un fallo di mischia commesso dal Rovigo. Calcio franco per il Treviso. Il gigante di Rovigo fallisce. Nulla di fatto! Lo tradisce probabilmente il fatto di essere un “rovigoto” a far perdere la sua ex squadra. I maligni allora dissero che il Maci sbagliò di proposito quel maledetto calcio.
Il gioco ricomincia. Mischia a favore del Treviso. Sartorato fa entrare il pallone in mischia. L’arbitro ritiene sia stato introdotto direttamente in seconda linea. Calcio di punizione per il Rovigo. Sale la tensione. Chi va in vantaggio per primo vince la partita. Mirko Baratella si prepara a calciare. La posizione è favorevole. Sul campo cala un silenzio tombale. Ci si accorge che Baratella non calza le scarpette chiodate. Dirà poi in conferenza stampa che i piedi si erano talmente gonfiati da non sopportare più la costrizione delle scarpe e dei lacci. Il silenzio è interrotto solo dalle urla di tifosi trevigiani quando Baratella inizia la rincorsa per calciare. Uno, due, tre, quattro passi. Colpo secco di collo. Il pallone si alza in cielo e la sua traiettoria è giusta verso il centro dei pali. Tutti gli spettatori sono con la testa in su, gli occhi fissi sul pallone che durante la sua corsa rotola lentamente su se stesso. Un boato. Il calcio è stato trasformato. 6 a 3 per il Rovigo che è Campione d’Italia.
E’ la fine di un sogno. “Ancora adesso, mi racconta Franco, quando incontro Mirko a Rovigo, gli dico che allora avrei desiderato tagliarli il piede.”
Oggi 20 settembre 2009 l’ho incontrato per caso…a Casier!
Lui era "in passeggiata", in bici, ma quando l’ho chiamato "Carnio!!", anche se al momento non mi ha riconosciuto, si è subito fermato e abbiamo cominciato a ripercorrere tutta una vita, la sua!
Rugbysta, arbitro, uomo.
E’ sempre lui, nonostante i suoi quasi 83 anni.
Un esempio per tutti.
Cari rugbysti, fatevi una passeggiata per Casier, magari nel primo pomeriggio, potrete godere, con un pò di fortuna, dei suoi racconti….perle rare!!!
Cercavo informazioni sul rugby e si apre la pagina sull’episodio. C’ero anche io, ero poco più di una bambina, mi ci aveva portato il nonno a vedere l’incontro ed era lì davanti a me nella sua divisa nera in mezzo al campo Luigi Lena mio nonno!!
carnio l’ho avuto come arbitro nelle giovanili. un uomo che se l’azione era bella lasciava corerre anche se c’era un piccolo avanti ma ti negva la meta, anche se segnata, se in un 2 contro 1 facevi la finta e segnavi. "Do contro un se fissa e se passa" calcio contro. Meravigliose poesie che poi sono diventate linee tecniche.
Un saluto al "vecio" rugbysta Carnio da Udine.
Cara Elena, ho conosciuto molto bene tuo nonno e ti assicuro che puoi esserne fiera. Abitavo al primo piano, la famiglia Lena all’ultimo, della stessa via. Tuo zio Aldo, compagno di giochi fanciulleschi, mi fece conoscere il Rugby. Luigi Lena era arbitro di grande carisma e prestigio ed insieme a “Beppe” Tognetti tenne alto il nome di Bologna rugbistica dopo la mancata conquista dello scudetto tricolore nella stagione ’46/’47.