Giocatore capace di placcaggi micidiali e dotato di uno scatto bruciante, di un ritmo impressionante e di una notevole capacità di avanzare fra le maglie avversarie, Gerber sapeva sempre cosa fare e cosa sarebbe accaduto, quando aveva la palla tra le mani. Per tutto il 1980, questo centro esplosivo è stato uno dei principali artefici dei trionfi sudafricani. Quando gli si è chiesto di scendere in campo lui lo ha sempre fatto con passione e orgoglio, sia che indossasse i colori di Eastern Province e di Western Province, sia quelli degli Springboks e dei Barbarians. Eccezionale in difesa, era però in fase di attacco che dava il meglio di se. In nazionale, infatti, ha segnato alcune delle più belle mete individuali mai viste: 19 in totale, in sole 24 presenze.
Nato a Port Elizabeth, il 14 aprile 1958, Daniel Mattheus Gerber ha mostrato il suo talento straordinario già in età adolescenziale, quando era impegnato per la squadra di Eastern Province, sul finire degli anni ‘70. Che si trattava di un giocatore destinato a grandi successi era chiaro dal suo atteggiamento serio. Egli, infatti, ha stabilito nuovi standard di idoneità fisica per un rugger, impegnandosi nella formazione atletica personale con un regime durissimo, che comprendeva pesi, nuoto, pugilato e corsa sulla lunga distanza.
A 22 anni, esattamente il 18 ottobre 1980, Danie si è pienamente guadagnato il suo primo cap con gli Springboks contro una selezione del Sud America, i Giaguari, un esordio che lo ha visto segnare una meta e aiutare i suoi a vincere 22 a 13.
Il centro di Port Elisabeth ha quindi cementato il suo posto in squadra con due serie di test contro l’Irlanda nel maggio 1981, entrambe vinte, segnando due mete a Newlands e una al Kings Park.
Anche durante il tour in Nuova Zelanda dello stesso anno Gerber è stato magnifico, sia in difesa sia attacco, ma alla fine la serie è stata persa 2 a 1.
Nel 1983 Danie ha accettato l’invito dei Barbarians per giocare contro la Scozia; questo ha permesso per la prima volta alla superstar, appena trasferita a Western Province, di dimostrare la sua potente magia anche sui campi d’Europa. Successivamente Gerber ha giocato più volte per i Baa-Baas, diventando così uno dei giocatori preferiti anche dai tifosi britannici.
La sua carriera internazionale è costellata da molti episodi leggendari. Il più impressionante, forse, nel 1984, quando in 18 minuti del primo tempo contro l’Inghilterra, nella seconda gara all’Ellis Park, ha portato gli Springboks alla vittoria per 31 a 15.
Dopo questa serie però, gli Springboks sono stati esclusi dalle competizioni internazionali a causa della politica di apartheid attuata dal Paese. A Gerber è stata così tolta l’opportunità di mostrare regolarmente le sue doti, non potendo disputare match contro le nazioni rugbisticamente più importanti. Possiamo solo immaginare quante realizzazioni Danie avrebbe raggiunto se fosse stato in grado di competere regolarmente in gare internazionali anche negli 8 anni di stand-by, e quale vetrina avrebbe avuto se avesse disputato i mondiali del 1987 e del 1991.
Nel 1985 il rugby sudafricano è stato scosso da un altro terremoto, ovvero il trasferimento di stelle Springboks quali Ray Mordt e Rob Louw presso il club inglese di Rugby League del Wigan. Anche a Gerber era stato offerto un forte incentivo per passare al professionismo e trasferirsi nel Regno Unito, ma con un tradizionalista quale il dottor Danie Craven al timone del rugby sudafricano, l’idea di diventare giocatori professionisti è stata vista come un sacrilegio. Così Danie ha fatto una promessa solenne a Craven e ha rifiutato ogni tipo di offerta.
Nel 1986, quando è sceso sul terreno di Twickenham con il World XV nella gara del centenario della IRB, Danie Gerber era all’apice della carriera e della forma. In quella gara ha dato il meglio di se e ha portato un grande scompiglio nella difesa avversaria, con i suoi potenti breaks.
Nello stesso anno un gruppo di giocatori ribelli All Blacks, denominati Cavaliers, sono arrivati in tournée in Sudafrica in barba alle leggi di segregazione e hanno gareggiato in una serie di 4 test non ufficiali. La distruttiva fisicità di Gerber è stata un fattore determinante per la conquista della serie da parte degli Springboks, e uno dei suoi migliori highlights è una meta con partenza da lunga distanza nella terza prova, al Loftus Versveld di Pretoria.
Nell’agosto del 1992 Danie ha marcato una doppietta nella partita contro gli All Blacks che ha segnato il ritorno ufficiale del Sudafrica nel circuito internazionale e, nell’ottobre dello stesso anno, ha segnato mete in entrambe le gare contro la Francia, a Lione e a Parigi.
Il 14 novembre 1992, quando aveva 34 anni, Gerber ha giocato la sua ventiquattresima e ultima partita, contro l’Inghilterra a Twickenham, perdendo 16 a 33. In quella gara ha dato l’addio al rugby internazionale anche un’altra leggenda degli Springboks: Naas Botha.
“Direi che Danie Gerber è, assieme a Frik du Preez, il più grande Springbok che ho visto nel mio tempo", ha affermato il commentatore di rugby sudafricano Chick Henderson.
In seguito diversi giocatori hanno migliorato i suoi record, in termini di caps e di mete segnate, ma pochi Springboks hanno portato in squadra l’energia, la forza e la personalità di Danie Gerber.
A livello di club, dopo avere terminato la stagione 1993 con i Free State Cheetahs, è sbarcato in Italia per disputare un anno a L’Aquila.
Quella volta la squadra abruzzese è arrivata seconda in regular season e poi, dopo i play-off, ha disputato la finale scudetto contro i campioni in carica del Milan Rugby. La gara, giocata a Padova, rappresenta una delle pagine più gloriose del club nero-verde. Contro ogni pronostico, infatti, L’Aquila ha sconfitto i più quotati avversari per 23 a 14, conquistando il suo quinto scudetto. Gerber, nell’arco della stagione, ha segnato un record di 20 mete, una delle quali durante la finale.
A quel punto il centro si è ritirato definitivamente dal rugby giocato, e nel 2007 è stato introdotto nella International Rugby Hall Of Fame.
Recentemente il giornalista Greg Smith, ha dichiarato che “In termini di automobilismo, Gerber ha magicamente unito l’accelerazione brutale di Jackie Stewart e la delicata raffinatezza di Ayrton Senna con il potere di arresto di un Mack Truck.”.
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