ITALIA FISCHIATA
L’Irlanda al Flaminio attacca e ci fa verdi
DALL’INVIATO FABRIZIO ZUPO
ROMA. È finita tra i fischi, i primi mai sentiti al Flaminio nei confronti della Nazionale in dieci anni di Sei Nazioni, a dispetto di qualsiasi sconfitta. Troppe le mete regalate, gli intercetti subiti, le punizioni fischiate contro, dopo un primo tempo illusorio in cui una squadra molto quadrata pareva aver ritrovato il filo del gioco. Ventinove punti di scarto, rispetto ai 5 del Croke Park nel 2008: un divario di altri tempi. Un cambio negativo in fotocopia come contro l’Inghilterra (da -4 a -25). A poco vale ribadire che le nuove regole hanno spuntato le migliori armi azzurre: ci sono pure per gli altri, che più velocemente le adattano ai propri giocatori.
E, a scanso di equivoci, le maul esistono ancora: 5 vinte dall’Irlanda, zero dagli azzurri. E per dirla tutta con le statistiche ieri al Flaminio l’Italia non ha mai fatto un break sulla linea di vantaggio (8 quelli irlandesi), ha subìto per 57 minuti su 80 la presenza dei "verdi" nella propria meta campo. Gli azzurri hanno fatto 114 placcaggi (16 Mauro Bergamasco, 15 Zanni), l’Irlanda 50: la differenza fra chi difende e chi attacca.
Altro che spot per la candidatura al Mondiale 2015 con lo slogan «La prossima meta è l’Italia». Il tutto esaurito s’è trasformato in una grande ola quando nella ripresa s’era capito che l’Italia non ne veniva fuori. Cinque mete a 0 contro l’Irlanda che sommate alle 5 inglesi, fanno già quasi il bottino negativo del 2008 (12 in 5 match). L’unico vero rammarico è non essere andati alla pausa in vantaggio.
Al 39′ si era sul 9-7 con il cecchino 0′Gara buttato fuori col "giallo" per un placcaggio su Canale senza palla e lanciato in meta. Mclean non trasforma la punizione del 12-7, Perugini si fa espellere per 10 minuti e, al 39′ e 59" arriva la meta di Fitzgerald. Al fischio azzurri sotto 9-14. Non una meta qualsiasi, ma una breccia trovata dall’ala del Leinster, dopo dieci minuti di assalto a Fort Apache, con gli azzurri a respingere metro su metro le ripartenze di Heaslip (il numnero 8 ha giganteggiato) e soci. Subendo quattro penaltouche con rimesse da un metro dalla linea di meta, portando il pack verde poco a poco oltre l’area dei 22 prima di essere trafitti.
Nel momento migliore l’Italia affonda. Ma di regali ne aveva già fatti troppi: al primo minuto Masi becca 10 minuti (ci stava anche il rosso) per un placcaggio sul collo di Kearney, talmente plateale da scatenare la prima rissa. Intanto la mediana di Calvisano, Griffen-Mclean aveva trovato il suo assetto. Tutto bene anche in 14, quando si arriva sul 6-0. Poi la follia. Touche azzurra agevolmente vinta da Mauro Bergamasco in fondo al corridoio e schiaffetto aereo per Griffen che, troppo vicino all’apertura, salta Mclean con un passaggio troppo teso per Canale che si vede sgusciare l’ovale dalle mani. Come un falco arriva l’ala Bowe per intercetto e sprint da 50 metri e, pur inseguito dai due Bergamasco, disturbato da Mauro, placcato sulla linea da Robertson (che nell’occasione si stira la coscia e fa debuttare il rodigino Bacchetti), tocca in mezzo ai pali. La novità sta nella sofferenza della prima linea, di Castrogiovanni ripreso anche da Parisse per i continui falli (entrate laterali e non solo). La ripresa ci rivede subito in sofferenza con il flanker David Wallace a risolvere l’ennesimo assedio, trovando il corridoio giusto dopo aver eluso il placcaggio "congiunto" di Reato e Festuccia. Gli schemi si sfarinano e per mezzora lo score rimane fermo, fino agli ultimi 5 minuti. Due mete: un’ingenuità di Bacchetti che permette di battere una touche veloce a Fitzgerald e a farlo scappare sulla fascia e, infine, l’apoteosi di capitan O’Driscoll che intercetta su Masi (schierato apertura) e sigla. Sei Nazioni in salita e Mallett in bilico. Dondi a cena con John Husseyn, inviato dalla Celtic League, tratta per cambiare il volto del rugby italiano.
Dondi: «C’eravamo illusi»
Mallett: «Dopo 60 minuti in difesa i ragazzi sono crollati»
ROMA. Una conferenza fuori orario rispetto ai protocolli, quella post sconfitta di Mallett e Parisse. Qualcosa deve decantare all’interno dello spogliatoio: chiarimenti fra ct e la squadra per la poca "disciplina" tenuta in campo dagli azzurri. «Così non si può giocare neppure contro il Portogallo» sbotterà poi Mallett. Nel frattempo scende il presidente Dondi e la sua faccia è tutto un programma. Nel week end del lancio dell’Italia quale candidata ad ospitare il Mondiale 2015 e del probabile ingresso delle selezioni nella Celtic League, limita la delusione con un «c’eravamo illusi dopo un buon primo tempo».
Dallo spot mondiale ai primi fischi del Flaminio agli azzurri, qualcosa sta cambiando, la Celtic guarirà la Nazionale? «Mi dispiace per i fischi – continua Dondi – quei due intercetti e il finale di partita. Non credo che centri andare o non andare in quel torneo. La differenza sta nell’avere o meno un altro ritmo di gara. È difficile pensare che siamo così peggiorati dall’anno scorso. Sono gli altri ad essere migliorati, probabilmente hanno assimilato meglio e prima le nuove regole. E in touche quando noi la lanciamo sul quinto uomo la perdiamo, loro la vincevano sempre».
Mallett rischia di non vedere rinnovato il contratto a fine anno, o la Fir punta su lui sino al Mondiale 2011? «Io credo che gli attori protagonisti siano i giocatori. L’allenatore fa la sua parte, ma se i giocatori non eseguono quanto gli viene detto…». Sulla poca disciplina (16 calci contro di cui 6 contro la mischia, due cartellini gialli) torna Mallett per tentare di spiegare la sconfitta di ieri. Mentre Parisse non ci sta a paragonare le sconfitte di questi ultimi 8 giorni (- 25 punti a Londra, – 29 ieri) con quelle del 2008 (-4 con l’Inghilterra -5 con l’Irlanda: i passivi più bassi in dieci anni di 6 Nazioni): «Si gioca per vincere, perdere di uno o di 100 è lo stesso. Io la penso così. È da mediocri pensare a sconfitte migliori di altre». Per Mirco Bergamasco, tra i migliori trequarti, che due anni fa festeggiò a Edimburgo il compleanno con una storica vittoria, spera di ritrovare in Scozia fra due settimane un po’ di fortuna: «Non si fanno paragoni con il 2007 perché le regole sono cambiate. Stiamo crescendo, molto rispetto al match di Londra, i piani di gioco ci sono, la concentrazione anche. Ci manca fortuna, quella che poteva cambiare il match nel primo tempo. Sulla rissa? Tre italiani contro tre irlandesi: è normale».
Sulla difesa si sofferma Mallett: «I ragazzi hanno difeso per 60 minuti, alla fine erano stanchissimi. Non si può difendere tutta la partita, non siamo capaci». (f.z.)
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