Sei veneti per i mondiali under 19
MONDIALI UNDER 19 Stefano Romagnoli e Andrea Cavinato, tecnici dell’Italia Under 19, hanno convocato 26 giocatori per i Mondiali di Belfast in programma dal 4 al 21 aprile. L’Italia, inserita nel Gruppo B, affronterà nella prima fase Chinese Taipei (4 aprile), Cile (8 aprile) e Tonga (12 aprile). Gare di semifinale il 16 aprile, finali il 20. Tra i 26 giocatori convocati anche 6 veneti: De Marchi, Favaro, Fiorani, Simion (Benetton), Bacchetti (Femi Cz), Cazzola (Montebelluna). Dei 10 atleti a disposizione nel caso di defezioni tra i 26, Aggio (Femi Cz) e Moscarda (Orved San Donà).
SERIE C Girone d’Elite: Frassinelle-Riviera 0-54, Alpago-Tarvisium 0-34, Lido Venezia-Oderzo 10-33, Belluno-Casale 17-23, Lemene-Vicenza 24-10, riposava il Montebelluna.
Riviera 74, Tarvisium 65, Oderzo 57, Belluno, Montebelluna 56, Casale 40, Alpago 31, Vicenza 20, Lido Venezia, Lemene 14, Frassinelle 10.
Girone CIV: The Monsters-Montereale 8-39, Pedemontana Livenza-Cus Verona 36-12, Valdagno-Valpolicella 23-0, SudTirolo-West Verona 24-17, Trento-Pordenone n.d., riposava lo Jesolo.
Montereale 72, Jesolo 62, The Monsters 53, Cus Verona 46, Valdagno 39, Pedemontana Livenza 38, Valpolicella 25, Pordenone 21, SudTirolo 14, Trento 6, West Verona 4.
UNDER 19 Cus Firenze-Carrera 12-36, Benetton-Orved 31-5,
Mirano-Tarvisium 0-18, Femi Cz-MarchiolSanMarco 7-14, Roccia Rubano-Prato 15-5.
Carrera 77, Benetton 71, Tarvisium 57, Femi Cz 45, Orved 36, Prato 34, Cus Firenze 31, MarchiolSanMarco 28, Mirano 26, Roccia Rubano 6.
E.G.
L’addio a Silini, icona di un mondo romantico
Si dice, un po’ per celia, che il rugby sia un gioco per delinquenti praticato da gentiluomini. Più seriamente, che sia il più collettivo degli sport: una sorta di tabernacolo di valori quali il coraggio, la lealtà e la solidarietà. E che un’amicizia sbocciata tra mischie e mete duri per sempre. Se il rugby, ancora oggi, è davvero tutto questo, Matteo Silini ne è stato un’icona. Padovano, seconda linea del Petrarca e delle Fiamme Oro negli anni Cinquanta e per cinque stagioni della Nazionale, Silini ha passato la palla la scorsa settimana, placcato duro dalla malattia. Aveva 73 anni e nelle sue ultime stagioni la vita lo aveva chiamato a una terribile sequenza di mischie sulla linea di meta: prima un delicato intervento chirurgico alla schiena, poi l’improvvisa scomparsa della moglie a cui era legatissimo, infine il ricovero in ospedale. Prove che non gli hanno mai fatto perdere lo spirito antico, la fiducia, persino la naturale giovialità, resa solo un po’ più amara dagli eventi.
Aveva cominciato a giocare ai tempi del liceo, assieme all’amico Toni Danieli, poi diventato una stella del rugby a tredici in Inghilterra. «Anni felici – ricorda commosso Danieli, dalla sua casa in Cornovaglia -. Lui frequentava il Nievo, io il Tito Livio. Siamo cresciuti insieme. Stessa maglia, stessa mischia: prima quella del Petrarca poi quella azzurra». Ma per la nazionale bruciò Danieli sul tempo complice uno scherzo di Memo Geremia che gli inviò un finto telegramma di convocazione. Silini si presentò ignaro al raduno di Firenze. Il caso volle che ci fossero alcune defezioni improvvise e l’allenatore Umberto Silvestri decise di tenerlo, schierandolo con i “possibili”. L’esordio in azzurro arrivò appena qualche mese dopo, nel marzo del ’55 a Milano, contro la Germania. Con lui c’erano Danieli, Ciano Luise, Comin, il primo nucleo petrarchino in nazionale. Vinsero 24 a 8. A luglio partecipò ai Giochi del Mediterraneo a Barcellona, battendo la Spagna e perdendo (16-8) dalla Francia. Il migliore dei suoi 8 caps in maglia azzurra (ma allora si facevano appena due o tre test all’anno) lo disputò nel ’58 a Napoli contro i Galletti. Stavolta al suo fianco in seconda linea c’era Riccardo Saetti con il quale formerà un sodalizio destinato a durare per tutta la vita. «Perdemmo 3-11 contro una grande Francia che schierava Domenech e Roques in prima linea, Crauste in terza – ricorda Saetti-. Giocammo molto bene, la nostra mischia in particolare. Era la mia seconda partita. E Silini fece di tutto per mettermi a mio agio. Mi disse: stiamo vicini, ti aiuterò. Questi sono francesi ma li domineremo. Matteo era fatto così, un generoso».
Tecnicamente non si discuteva: «Era una seconda linea all’inglese – dice Saetti – gran saltatore, presa sicura a due mani, attento a ogni dettaglio, dalla posizione dei piedi a quella delle spalle. A ciò aggiungeva carattere e visione di gioco». Una volta al “Giuriati” di Milano segnò una meta spettacolare durante una partita tra una selezione italiana e il Cambridge. Roberto Luise era andato in sostegno all’ala e ricevuta la palla calciò di sinistro al centro dove Silini catturò l’ovale al volo, attraversò l’area dei 22 e schiacciò in mezzo ai pali. Ricorda Luise: «Dopo la partita mi abbracciò è mi disse: ti sono debitore per sempre. Non era una battuta. Da allora, persino nelle foto, mi accorsi che Matteo era sempre al mio fianco».
L’Amatori Catania aggancia Rovigo
(e.g.) Con un inizio di ripresa travolgente, l’Amatori Catania ha conquistato il successo nel posticipo di ieri sull’Infinito L’Aquila per 34-23, ottenendo in tal modo 5 punti importantissimi nella corsa alla salvezza. La sfida aveva nel Femi Cz Rovigo un osservatore molto interessato: proprio grazie a questa vittoria, infatti, i siculi hanno raggiunto il Rovigo dividendo così con i polesani l’ultima piazza del Super Ten.
E’stato uno scatenato De Jager a dare il via al successo catanese. Dopo un primo tempo di parità (13-13), nella ripresa in 4′ (4′ e 8′) l’estremo dell’Amatori andava due volte in meta, quindi poco dopo la mezz’ora Nitoglia chiudeva ogni discorso. A nulla servivano le due mete aquilane segnate allo scadere.
GLI AZZURRI, IL SEI NAZIONI, IL SUPER 10 E I GIORNALI
Febbre ovale solo per l’Italia, una settimana dopo si torna nella nicchia
La febbre ovale è finita. Anzi, per il campionato non è mai iniziata. È passata solo una settimana dai fasti azzurri nel Sei Nazioni e il rugby nei giornali è ritornato dalla girandola mediatica alla nicchia. Mentre nelle tivù (Sky a parte) è sparito. A dimostrazione che l’unico prodotto che conta è la Nazionale, veicolata dal torneo più leggendario del mondo. Con buona pace di chi si sbatte, mettendoci soldi e impegno, per i club. O di chi predica che senza un campionato di livello alla lunga non si va da nessuna parte.
La constatazione nasce dalla semplice analisi dello spazio riservato da 10 fra i principali quotidiani italiani (4 sportivi, 3 nazionali, 3 regionali: fonte Rassegna stampa Lire) sabato 24 marzo alla ripartenza del Super 10 dopo 2 mesi di sosta. Uno spazio disarmante, rispetto alle pagine sbandierate dagli stessi quotidiani per Italia-Irlanda una settimana prima. A dimostrazione che l’interesse per il campionato è ai minimi storici (che differenza con la ripresa in Francia) e l’effetto traino non c’è. Per i mass media Nazionale e Sei Nazioni esistono, club e S10 no (o quasi).
Nei 4 quotidiani sportivi il campionato era presentato con una breve di 22 righe, una di 17, una di 7 e una di…0. Tra i giornali nazionali, uno dava 9 righe, gli altri due lo ignoravano. Tra i regionali nello spazio dello sport generale (quindi non nella pagine di cronaca locali) 2 non avevano una riga, il terzo aveva un titolo di piede a 5 colonne. Il bilancio non è stato migliori il giorno dopo con le cronaca e i risultati (3 li hanno ignorati, 5 hanno dato piede, spalla o taglio, 2 una breve).
Che dire? Serve una cura, immediata ed efficace. Perchè di febbre trascurata si può anche morire…
Ivan Malfatto
ALL’ESTERO
Bortolussi gioca, Stoica segna. Pioggia di euro sui club francesi
(im) David Bortolussi è tornato a giocare e segnare (5 punti) dopo il grave infortunio. Cristian Stoica va in me
ta da centro. Marco Bortolami (domani al liceo Maria Ausiliatrice di Padova terrà una lezione dal titolo “Il rugby: una metafora della vita?”) e Carlos Nieto hanno giocato nel Gloucester primo in classifica. Questi gli azzurri impegnati all’estero dopo il Sei Nazioni. Tutti gli altri sono a riposo o ko per infortunio.
TOP 14 – 20. giornata: Albi-Biarritz 10-23, Bourgoin-Stade Fr. 19-19, Tolosa-Montpellier 28-10 (Bortolussi 80′, Stoica 59′), Bayonne-Castres 19-12, Brive-Perpignan 22-22 (Bozzi dal 62′), Montauban-Agen 22-12 (Arganese dal 61′), Narbonne-Clermont 26-29.
Class. Stade Fr. 67 p., Clermont 64, Tolosa 58, Perpignan 57, Biarritz 56, Bourgoin 47, Montauban 46, Agen 41, Castres, Albi 40, Narbonne, Bayonnne 35, Brive 34, Montpellier 33.
PREMIERSHIP – Nel recupero Gloucester-Newcastle 24-18 (Bortolami 80′ ha lasciato come premio per un giorno la fascia di capitano a Jake Boer che torna in Sudafrica, Nieto 80′ e giallo). Class. Gloucester 63 p., Leicester 62, Saracens 57, Bristol 52. Semifinali Coppa anglo-gallese: Ospreys-Cardiff 27-10, Leicester-Sale 29-19.
100 MILIONI – La lega francese ha chiuso l’accordo per i diritti tv del Top 14: Canal Plus pagherà circa 25 milioni di euro l’anno nel periodo 2008-11. Questo potrebbe far recedere il boicottaggio delle Coppe.
PORTOGALLO OLÈ – A Montevideo Uruguay-Portogallo 18-12. Per la vittoria 12-5 dell’andata portoghesi (+1) qualificati per la 1. volta al Mondiale. Sono nel girone dell’Italia.
BRUNEL & GREGAN – Un rivale in meno per l’Italia nella corsa a tenere in panchina Pierre Berbizier dopo il Mondiale. Il Perpignan, club a lui interessato, ha ingaggiato Jacques Brunel, assistant per la mischia di Laporte nella Francia. Il Tolone avrà fra le sue fila il mediano di mischia australiano George Gregan.
Rispettare l’arbitro come nel rugby
Recentemente ho avuto l’opportunità e la fortuna di parlare di sport con gente qualificata che non c’entra con l’ambiente del calcio, dove il mio impegno è quotidiano o quasi. Nei nostri discorsi, inevitabilmente si è fatto il confronto tra quello che succede nel calcio e quello che si vede e si pratica nelle altre discipline sportive. In questi giorni il rugby, dopo le due vittorie consecutive nel torneo delle Sei Nazioni (evento mai accaduto prima), ha acquistato in Italia una popolarità mai esistita prima, spazio e visibilità dai mezzi di informazione. Mi sono trovato a cena con un paio di giocatori di questo sport e ho imparato perfino delle regole che non conoscevo. Ma soprattutto ho potuto constatare compiutamente, anche se avevo già delle idee preciso sul rugby, quale abisso ci sia, in tema di valori, di consuetudini, di comportamenti tra questo sport e il calcio.
Per prima cosa nel rugby non si parla mai dell’arbitro, né tanto meno si contestano o si mettono in discussione le sue decisioni. E già si capisce quale distanza, forse incolmabile, esiste tra il modo di concepire il rapporto con il direttore di gara da parte di dirigenti, di allenatori, di giocatori nel calcio e quello della gente del rugby. Nel calcio l’arbitro è il responsabile di qualsiasi risultato negativo, e l’alibi a qui ricorrono tutti i protagonisti del calcio, magari responsabili di errori madornali fuori o dentro il campo. Nel rugby l’arbitro è solo una presenza necessaria per applicare il regolamento e per favorire lo svolgersi naturale del gioco.
Nel calcio, un giocatore cade a terra per procurarsi un calcio di rigore, per guadagnare tempo, per ottenere l’interruzione di una azione pericolosa. Nel rugby un atleta evita per quanto possibile di rimanere a terra perché altrimenti dimostrerebbe di essere debole e quindi farebbe un piacere agli avversari.
Nel calcio a fine partita scoppia spesso la rissa negli spogliatoi, nel rugby esiste il famoso terzo tempo, con le squadre e l’arbitro che si trovano a tavola per fraternizzare e scambiarsi pacche sulle spalle.
La scorsa settimana, in una bellissima serata organizzata dal Panathlon di Bassano, ho potuto conoscere personalmente un grande personaggio dello sport, Armin Zöggeler, pluricampione olimpico nella specialità dello slittino. Mi ha colpito la sua semplicità, il suo modo di concepire lo sport, la sua ferma fede su certi valori, che dimostrano una personalità nello stesso nobilissima e umile. Ha parlato dei suoi durissimi allenamenti, delle due tante gioie e pochissime delusioni, peraltro accettate con serenità, dell’accettazione tranquilla di un trattamento mediatico che lo vede protagonista solo ogni quattro anni. Ha descritto i suoi tradizionali avversari con grande rispetto, definendoli atleti onesti e leali, veri amici. Per provocarlo gli ho chiesto che effetto gli fanno i compensi milionari dei calciatori rispetto ai suoi, certamente non rilevanti. Mi ha risposto di essere felice di praticare il suo sport, di amare follemente quella sua discesa nello slittino a 140 km. all’ora, di avere una famiglia meravigliosa e una salute di ferro e quindi di non desiderare altro. Che uomini!
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