Una Nazionale con pochi italiani
Il sipario sul Mondiale dell’Italia e sulla gestione del ct Pierre
Berbizier si è chiuso con un primato statistico di squadra poco
lusinghiero. Quello della percentuale più bassa di giocatori di
formazione italiana inseriti nella rosa: 17 su 32 (53%). Stracciato il primato precedente (66,6%) del Mondiale ’03.
A livello individuale, Alessandro Troncon lascia l’azzurro con 101
caps (record), 21 presenze da capitano, 19 mete (solo in 4 hanno
segnato più mete) e con la terza carriera più lunga dopo Sergio
Lanfranchi e Carlo Checchinato: 13 anni e 149 giorni.
Capitan Marco Bortolami è ora a 64 caps, al 7. posto con Paolo
Vaccari. Inoltre ha raggiunto Massimo Giovanelli al primo posto delle
presenze come capitano, 37 volte. Sarà interessante vedere se il nuovo allenatore lo confermerà nell’incarico. Il padovano vanta una
striscia, tra il 2004 ed il 2007, di ben 28 partite consecutive.
Meglio di lui hanno fatto solo Marco Bollesan con 29 e il recordman
Alessandro Moscardi con 31. E’ anche l’azzurro con più partite in
2.linea: 59, davanti a Giacheri (48) e Dellapè (47).
Mauro Bergamasco è a 62 caps, ha superato il muro dei 60 cifra mitica
che per molto tempo, esattamente 11 anni e 184 giorni, fu record
italiano di presenze detenuto da Serafino Ghizzoni. Mauro insieme a
Giovanelli è l’azzurro con più presenze nel ruolo di flanker (59);
segnando ai simpatici portoghesi ha un gruzzolo di 13 mete totali,
niente male per un avanti. Meglio di lui c’è solo Checchinato, manager
azzurro, con 21.Fabio Ongaro, 47 volte tallonatore, ha tolto a
Moscardi (44) il primato nel ruolo. Andrea Lo Cicero è invece
l’azzurro con più presenze nel ruolo di pilone, ne ha 71, ha superato
Massimo Cuttitta recordman precedente con 68. Condivide con
Castrogiovanni il primato del pilone con più mete: 7 per entrambi.
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Walter Pigatto
Nick Mallet
Quando mise per la prima volta piede in Italia, Nick Mallet fece una richiesta alquanto originale. Correva la stagione 1982/83. Lui era un giovane 3. linea sudafricano dalla straordinaria visione di gioco. Chiamato a Rovigo per far sognare i tifosi. «Tutti gli stranieri pretendevano l’automobile una volta qui per spostarsi – racconta Vittorio Cogo, avvocato rodigino allora dirigente – Mallett chiese solo due biciclette, per sè e la moglie».
Venticinque anni dopo chissà se al suo arrivo a Roma Mallet formulerà una richiesta altrettanto originale. Di certo con i quasi trecentomila euro a stagione che gli verserà la Fir potrà permettersi ben altro. Non è più un giovane terza linea, ma uno degli allenatori di rugby più quotati al mondo. A lui si affida l’Italia per ripartire verso nuovi traguardi dopo il deludente Mondiale. La notizia era nell’aria da tempo. Ieri è diventata ufficiale. vista l’importanza l’ha comunicata il presidente Giancarlo Dondi in persona: «È stato raggiunto un accordo con Nicholas Vivian Howard Mallet, 51 anni, che assumerà l’incarico di citì della nazionale dal 1. novembre». L’allenatore sudafricano ha battuto la concorrenza di tre francesi (Gajan, Lairle, Rodriguez), dopo che Philippe Saint André (la prima scelta) aveva dato "buca" 24 ore prima di firmare. L’incarico è quadriennale, con possibile rescissione da ambo le parti dopo un biennio.
Mallet è un uomo che ha fatto della sua carta d’identità di cittadino del mondo un marchio di fabbrica. Tanto da essere definito il più europeo degli allenatori sudafricani. È nato a Haileybury (Inghilterra), il 30 ottobre 1956. Ancora in fasce si è trasferito con la famiglia in Rhodesia e dal 1963 in Sudafrica. Da studente universitario e giocatore poi tornato in Inghilterra, a Oxford, dove ha disputato il Varsity Match del ’79. Nell’84 ha indossato 2 volte la maglia degli Springboks. Oltre alla stagione in Italia, ne ha passato sette in Francia come allenatore-giocatore del Saint Claude, in 2. divisione. Da tecnico ha iniziato nella provincia del Boland. Ha guidato il Sudafrica in tre delle sue stagioni più esaltanti (1997-99, record di 17 vittorie consecutive). Ha segnato gli albori di quel fenomeno mediatico-rugbistico chiamato Stade Francais, vincendo i campionati 2003 e 2004 con in squadra Dominguez e Mauro Bergamasco. L’ultimo incarico è stato "director of rugby" del Western Province.
Nella sua biografia "The story so far", uscita nel ’99 e dove c’è una lusighiera parte dedicata a Rovigo, il decano dei giornalisti sudafricani Paul Dobson scrive: «Una parte delle conoscenze dell’allenare derivano dall’essere stati allenati. Nella sua carriera Mallet ha avuto una ricca varietà di allenatori, in Sudafrica e fuori. Tale varietà e la qualità di molti di essi, sommata all’intelligente assimilazione delle sue esperienze, hanno fatto di lui l’autorevole tecnico che è diventato».
Mallet è un citì che sta all’Italia del rugby come Michael Schumacher starebbe alla SuperAguri in F1, Marcello Lippi al Chievo nel calcio, Roger Federer alla squadra azzurra di Coppa Davis nel tennis. Ovvero, la nazionale si è accaparrata il meglio in fatto di competenza, prestigio, carisma, talento e risultati ottenuti. In quasi 80 anni di storia forse era già successo solo con Pierre Villepreux. Ora il grande interrogativo è: con una piccola cilindrata come l’Italia saprà centrare, in proporzione, gli stessi risultati ottenuti con un bolide come il Sudafrica? Sulla carta, se c’è uno che può riuscirci per capacità di adattamento tecnico e culturale, è proprio lui, viste le esperienze. In fondo, non era stato proprio Mallet a chiedere la bicicletta? E allora pedala…
Ivan Malfatto
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SQUALIFICA – Mirco Bergamasco è stato squalificato 2 settimane (8-21 ottobre)
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