Una delle accuse che ogni tanto piovono sulla nazionale di rugby inglese è quella che i suoi giocatori non hanno la medesima passione e non si accollano lo stesso impegno, rispetto ai loro colleghi australi e celtici. Nessuno però ha mai potuto fare un simile rimprovero a Brian Moore, il tenace hooker degli anni’80 e’90.
Anche se non dotato di un fisico imponente come altri tallonatori, Brian ha compensato tale mancanza attraverso la pura abilità, ed è stato senza ombra di dubbio tecnicamente superiore ai suoi famosi predecessori Peter Wheeler e John Pullin. Questo fatto è stato spesso dimenticato, soprattutto dal momento in cui Wade Dooley gli ha affibbiato il soprannome di "Pitbull", suggerendo erroneamente che egli fosse più muscoli che cervello.
Nato a Birmingham, l’11 gennaio 1962, Brian Christopher Moore ha iniziato a giocare a rugby negli Harlequins. Il 4 aprile 1987, dopo che Graham Dawe era stato sospeso durante la partita col Galles all’Arms Park, ha esordito in nazionale contro la Scozia, a Twickenham, vincendo 21 a 12. In quella edizione del Cinque Nazioni Moore ha giocato solo la partita valida per la Calcutta Cup, ma ha riconquistato il posto in estate, nella prima delle tre Coppe del Mondo consecutive che avrebbe disputato. Purtroppo il torneo ha rappresentato il punto più basso dell’Inghilterra, che si è schiantata contro il Galles di Jonathan Davies nei quarti di finale, perdendo 16 a 3.
Sotto la guida di Will Carling, le seguenti due stagioni hanno visto un notevole miglioramento nelle performance della squadra e Brian è diventato il cuore di un pack di grande classe.
Il medesimo pacchetto di mischia ha costituito poi il cuore dei British Lions durante la tournée in Australia del 1989, anche se in prima linea Brian aveva come colleghi i celti David Sole e David Young.
A seguito della pesante sconfitta per 30 a 12 nella prima partita, i leoni hanno reagito e colpito duro nelle due successive, vincendole entrambe, rispettivamente 19 a 12 e 19 a 18, con Brian che è sempre stato superiore alla sua controparte avversaria, il gigante Tom Lawton, un hooker la cui carriera si è chiusa dopo quella serie.
Fin dalla prima partita giocata contro la Scozia a Twickenham nel 1987, Brian aveva sviluppato una sana antipatia, sportivamente parlando, verso gli uomini del nord. Pertanto, è stato un colpo tremendo per lui uscire sconfitto da Murrayfield nel 1990, con il Grande Slam finito nelle tasche dei rivali. Brian ha sempre rispettato l’appassionato approccio alle partite degli highlanders, tuttavia era deciso a concedersi la vendetta non appena li avrebbe incontrati nuovamente.
Quel desiderio è stato appagato nel 1991, e per ben due volte: nel Cinque Nazioni, a Londra, dove i bianchi hanno vinto 21 a 12 marciando spediti verso il Grande Slam, e poi nella semifinale della Coppa del Mondo, proprio a Murrayfield, dove hanno trionfato 9 a 6.
Prima della partita con gli scozzesi però, vi era stato il quarto di finale, durante il quale l’Inghilterra era stata costretta a giocare lontano di casa, e precisamente a Parigi, contro la Francia. Brian, che nell’arco della sua carriera ha calcato tutte le principali sedi rugbistiche del mondo, ritiene ancora oggi che lo Stade Colombes è stato in assoluto lo stadio più intimidatorio in cui abbia messo piede. Comunque sia, gli inglesi ne sono usciti da trionfatori, ma la sconfitta contro l’Australia in finale è stata un’altra grande delusione per il tallonatore, il quale ha puntato il dito contro i suoi avversari e contro la propria squadra. In primo luogo si era lanciato contro quello che, secondo lui, era stato un grosso errore arbitrale sulla meta non concessa nel secondo tempo a Rory Underwood. Quindi ha attaccato le parole di Campese, che durante la settimana precedente aveva predicato sul “gioco meraviglioso” dei Wallabies. Moore ha detto: "Campese presenta se stesso come il salvatore del rugby. Eppure, è solo cinico come nessun altro".
Pitbull ha quindi attaccato anche la nazionale inglese, rea di avere deciso di giocare quella gara puntando più sulla fantasia dei trequarti che sulla potenza degli avanti, nonostante fosse chiaro che l’essere riusciti ad arrivare in finale era dovuto proprio al lavoro di questi ultimi. Egli è stato particolarmente critico soprattutto nei confronti di Will Carling, il quale, durante la gara, aveva deciso di giocare la palla anziché andare a calciarla fra i pali, perdendo in quel modo tre punti sicuri quando lo score era fissato sul 12 a 6.
Fortunatamente Brian, che nel frattempo era passato a giocare nel Leeds, è stato in grado di calmare il suo sistema nervoso andando a vincere un altro Grande Slam nel 1992. In quel torneo egli ha anche mostrato la sua competenza in esecuzione, combinando brillantemente con Dewi Morris, consentendo al mediano di mischia di marcare una meta contro l’Irlanda.
L’Inghilterra poi si è divertita a Parigi battendo i padroni di casa 31 a 13, prima di chiudere con il Galles 24 a 0 e arrivare alla conquista del titolo.
Nel 1993 però, un’Inghilterra in via di invecchiamento, ha prodotto il suo peggiore Cinque Nazioni dal 1988, perdendo le gare a Cardiff (10 a 9) e a Dublino (17 a 3) e finendo solo a metà classifica.
Tuttavia, molti di quegli stessi attori, durante il tour con i British Lions in Nuova Zelanda, hanno sciorinato una meravigliosa serie di prestazioni. Dopo avere perso il primo test 20 a 18, Brian ha combinato egregiamente con Jason Leonard e l’irlandese Nick Popplewell per distruggere il pack degli All Blacks nella seconda gara a Wellington, oscurando completamente l’opposto numero 2 Sean Fitzpatrick e vincendo 20 a 7.
Purtroppo, la terza partita è stata persa 30 a 12 e con essa la serie.
L’anno seguente Moore ha realizzato il suo cinquantesimo caps, a Twickenham contro il Galles. I bianchi hanno dominato la partita, ma alla fine non sono stati in grado di totalizzare uno score sufficiente per garantire loro la vittoria nel campionato, finito nelle tasche del Galles proprio per differenza punti.
Nel 1995 invece, Brian ha vinto il suo terzo Grande Slam in quattro anni. Sul retro di questo trionfo l’atmosfera in campo è stata positiva, in quanto l’Inghilterra partiva per Sudafrica a giocare la Coppa del Mondo aspirando a grandi risultati.
Il XV della Rosa ha vinto tutte le gare del girone iniziale. Contro Samoa, a causa di una lunga serie di infortuni, i tifosi inglesi hanno assistito alla bizzarria di vedere Brian Moore nell’inusuale ruolo di Openside Flanker ed il mediano di mischia Kyran Bracken come Blindside.
Nei quarti di finale, invece, Brian è stato in grado di prendersi una dolce vendetta sul vecchio tormento dei bianchi, David Campese, battendo gli Aussies 25 a 22.
Purtroppo, è un fatto ormai risaputo che in semifinale la squadra britannica si è scontrata frontalmente con un treno lanciato ad alta velocità di nome Jonah Lomu, e la loro avventura mondiale è finita lì.
La finale per il terzo posto, giocata contro la Francia il 26 giugno a Pretoria e persa 19 a 9, è stata anche l’ultima apparizione del nostro tallonatore con la maglia bianca. In quel momento Brian era l’avanti con più presenze (64 caps).
Una volta ritiratosi, ha proseguito con il suo lavoro come avvocato. In parallelo a questa sua professione, si è dedicato anche a varie attività: commentatore sportivo, articolista specializzato in enologia per il Sun, e persino manicure. È accaduto subito dopo la fine della carriera sportiva, quando sua moglie ha aperto un salone di bellezza. Il campione ha deciso di imparare la professione per aiutarla saltuariamente nell’attività.
Attualmente Brian è commentatore televisivo per la BBC e collabora nelle telecronache dei principali avvenimenti rugbystici nazionali e internazionali, inclusi la Coppa del Mondo e il Sei nazioni.
Leave a Reply