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[RUGBYLIST] R: R: Re: R: SECONDO VOI

tonotto a libero.it tonotto a libero.it
Lun 9 Feb 2015 08:59:05 CET


quello che mi spaventa è che non ci sono dei cervelli italici che pensano il rugby e lo promuovono. tutti si limitano atradurre dal francese all'italiano o dall'inglese all'italiano, e con quello poi si va a confrontarsi. 
Forse l'ultimo e unico che ha prodotto qualcosa di suo concetto è doussy con i calci.
abbiamo un sacco di gente capace a stare dietro un pc e copiare ed incollare in bella forma. un accademia dei coach avrebbe come unico vantaggio uno scambio continuo (chissà che poi esca un momento "unico" e sia riconosciuto) ma un sacco di svantaggi. Gestione che quasi ti saprei già dire i nomi. frequentazione di soli professionisti (mentre il 90% dei coatch anche di serie A non è professionista). 
ho provato nel mio piccolo ad approfittare della struttura fiamme ora. essa contiene un sacco di persone "esperte" dalla nazionale alle giovanili, allenatori, DT, Ds, preparatori atl. ho detto loro di incontrarsi x 3gg una volta l'anno. SEMBRA UNA COSA IMPOSSIBILE e siamo tutti fratelli, figurati organizzarlo da trieste a caltanisetta!!
saluti disgraziatamente ovali
RM




----Messaggio originale----

Da: ilfalco7 a libero.it

Data: 08/02/2015 18.52

A: <rugbylist a rugbylist.it>

Ogg: [RUGBYLIST] R: Re:  R:  SECONDO VOI



Pienamente d'accordo con jeppo e a quando un accademia x manager. In italia i manager professionisti si contano sulle dita di una mano e questo non è possibile.

Inviato da Samsung Mobile.

-------- Messaggio originale --------Da: Andrew  Data:08/02/2015  15:05  (GMT+01:00) A: rugbylist a rugbylist.it Oggetto: Re: [RUGBYLIST] R:  SECONDO VOI 



Una discussione circa Accademie ecc. 
è molto valida, salvo che il concetto è Accademie per i giocatori. Perché non 
invece cominciare Accademie per Allenatori?
La qualità del coaching a tutti i 
livelli è troppo vario, ed è spesso guidata da persone che non sono tecnicamente 
preparati o sono semplicemente ex giocatori che stanno riempiendo un vuoto. Un 
singolo aggiornamento una volta in due anni non è sufficiente per mantenere una 
qualifica di coaching.
L'aggiornamento regolare e costante 
del personale tecnico deve essere una priorità, ma poi questo crea la domanda; 
chi deve consegnare l'aggiornamento? Per creare lo stile italiano i docenti 
dovrebbero essere italiano. Se no, allora è semplicemente copiando gli stili di 
altri paesi. La 'catena di comando' quindi deve iniziare al vertice, con docenti 
di livello internazionale allo stesso livello di quelli di altri paesi. Chi 
prepara i formatori?
Purtroppo siamo ancora nel era 
'risultati' soprattutto. Non conosco molti altri paesi in cui è possibile 
consultare il risultati di ‘campionato regionale’ Under 10!. I club cercano il 
giovane extrasuper-maturo per vincere le partite per loro.
Riconosco che non ci sono punti di 
stile durante una partita di rugby, ma i meccanismi di alcuni momenti del gioco 
farà, se eseguita correttamente; un risultato tramite rugby di 
qualità.
Allenatori di qualità sviluppati 
attraverso strutture Coach Academy, dove docenti insegnano qualità, dove che 
monitoraggio, supporto e assistenza per ogni allenatore tesserati è la risposta 
per me. Se no; è possibile avere tutte le accademie che si desidera; saranno 
ancora produrre giocatori mediocri.
Jeppo


 

From: Luca Oliva 
Sent: Sunday, February 08, 2015 1:57 PM
To: rugbylist a rugbylist.it 
Subject: Re: [RUGBYLIST] R: SECONDO VOI
 
La 
scelta strategica che è stata fatta in questi anni è molto evidente.
Si è 
scelto di "costruire" il vertice, e di lì a cascata tutto il resto.
Si è 
partiti dalla squadra nazionale, cui è stato affidato prima un allenatore di 
grande professionalità arrivato dall'estero, poi uno staff altrettanto 
articolato e professionale. 
Poi ci è resi conto che il numero di atleti su 
cui lavorare era troppo limitato, e che era necessario allargare il bacino di 
atleti da cui attingere per costruire la squadra.
Allora sono state 
costituite le franchigie, drenando il campionato nazionale, per avere una base 
allargata (60-70 atleti) da cui "pescare" per effettuare le convocazioni, atleti 
che fossero allenati a competere in manifestazioni di ritmo ed intensità 
superiori.
Forse però due franchigie non bastano più, e qualcuno comincia a 
insinuare la necessità di una terza franchigia, per aumentare la base (ma forse 
bisognerebbe dire il "vertice") su cui lavorare.
Qualcun altro comincia a 
porsi però un interrogativo: ma questi 100-atleti-100 su cui lavorare da dove 
arrivano ? dai club ? dalle accademie ? qual è il sistema a cui pensiamo 
?
Spingendo alle estreme conseguenze il paradigma finora impostato dovremmo 
pensare ad una serie di campionati giovanili, ma anche minori, totalmente 
gestiti dalla federazione, con l'unico scopo di allevare "in batteria" i futuri 
adepti della nazionale. 
Un rugby totalmente staccato dalla base, cioè ai 
club, cui forse verrebbe demandato l'organizzazione di tornei e competizioni nel 
più classico stile "rugby e salsicce". Un roots rugby, dunque, buono solo per 
allevare tifosi della nazionale, insomma gente da stadio e da audience 
televisiva.
E' un pò questo che tutti noi ci sentiamo.
Esiste 
un'alternativa ? Certo, è restituire centralità ai club, ridare loro risorse e 
fiducia nella capacità di "costruire" talenti in casa da affidare poi alla 
crescita nelle proprie accademie o in accademie di maggiore prestigio magari 
all'estero ("ogni club, un accademia", potrebbe essere lo slogan). 
Ritornare 
dunque ad un sistema che ha consentito comunque alla nazionale di sfornare da 
sempre "prestazioni onorevoli" contro le altre nazionali delle home unions e la 
Francia, anche prima che il confronto sistematico rendesse statisticamente più 
probabile questa eventualità e che ci ha consentito, in condizioni particolari, 
di avere una "generazione vincente", quella degli anni '90. Coloro infatti che 
citano gli sporadici successi della nostra nazionale e delle rappresentative 
giovanili negli ultimi anni non fanno altro che sottolineare il carattere 
episodico di tali risultati. Mai, e dico mai, negli ultimi 20 anni abbiamo avuto 
una generazione in grado di imporsi sui pari età delle altre nazioni europee, e 
dico soprattutto a livello giovanile dove non si dovrebbe ancora risentire del 
gap di preparazione con i campionati professionistici. 

Venendo al tuo 
quesito, Giandomenico, non mi sento di dire nè che siamo andati avanti nè che 
siamo andati indietro, semplicemente siamo rimasti al palo.

E questo, lo 
ribadisco, a prescindere dal risultato della partita di ieri che, rivista oggi, 
evidenzia come alcune scelte diverse a livello di formazione avrebbero reso 
l'esito più incerto e la competizione meno frustrante. Ma parliamo sempre di 
"vertice", dunque, e lì sta l'errore.

Ciao.
Luca 


Il 08/02/2015 12:17, Gian Domenico Mazzocato ha 
scritto:


  
  
-->

  
  Non 
  spacchiamo il capello.
Facciamoci domande 
  semplici.
  <!--[if 
  !supportLists]-->1)     
  <!--[endif]-->Questa 
  squadra ha una “idea” di gioco dentro? Ancora più in generale ha un’anima? È 
  gruppo?
  <!--[if 
  !supportLists]-->2)   
  <!--[endif]-->Ha 
  un progetto?
  <!--[if 
  !supportLists]-->3)    
  <!--[endif]-->In 
  15 anni siamo cresciuti o andati indietro?
  <!--[if 
  !supportLists]-->4)   
  <!--[endif]-->Che 
  cosa abbiamo alle spalle di questi? Il rugby delle 
  accademie?
   
  Io 
  vedo buio che di più non si può
  gian 
  domenico m
   
   
  vieni 
  a trovarmi nel mio sito
http://www.giandomenicomazzocato.it/
i 
  miei libri, le conferenze, 
i 
  miei diari di viaggio,
gli 
  appuntamenti e tanto altro
   
  scrivimi
giandoscriba a giandomenicomazzocato.it
------------------------------------------
   
  
  Da: 
  rugbylist-bounces a rugbylist.it 
  [mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] 
  Per conto di Luca Oliva
Inviato: domenica 8 febbraio 2015 
  10.32
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: 
  Re: [RUGBYLIST] SECONDO VOI
   
  Nello specifico della partita, abbiamo "sgomberato" i punti 
  d'incontro per avere più difensori nello spazio, in questo modo abbiamo 
  lasciato l'iniziativa all'Irlanda nel gioco aperto. Non avendo avuto una 
  mischia preponderante e essendo stati surclassati in touche, questo 
  praticamente ha voluto dire non avere palloni da giocare per tutta la 
  partita.
  
  Questa è una scelta precisa dello staff tecnico che può 
  essere cambiata già dalla prossima partita con l'Inghilterra: mettere uno o 
  due grilli-talpa in più nei punti di break-down per contestare il possesso e 
  recuperare palloni. Questo comporta naturalmente di "perdere" 1-2 uomini 
  fuori, ed è una scelta che è già stata scartata dal ns staff per avere più 
  efficacia difensiva. Staremo a vedere ...
  
   
  
  In generale, il ns rimane un movimento in grado di produrre 
  alcuni buoni giocatori che giocano all'estero, ma non un quantitativo 
  sufficiente per competere ad alto livello. In questo senso, le sconfitte più 
  gravi non sono quelle della prima squadra, che possono essere "drogate" dal 
  lavoro su un gruppo super-professionalizzato, ma quelle delle rappresentative 
  giovanili. La sconfitta 40-13 della nazionale Under 20 nel pantano di Biella è 
  molto più indicativa. È lì che meglio si apprezzano le differenze a livello di 
  costruzione e di formazione dei giocatori.  
  
   
  
  In sintesi, il livello del ns movimento attuale NON È da 
  top ten mondiale. Dovremmo prima di tutto rendercene conto, e fare un bagno di 
  umiltà. Dopo di che, forse, si può ripartire. 
  
   
  
  Ciao.
  
  Luca Oliva
  
   
  
  Il domenica 8 febbraio 2015, Giovanni Sonego <giovanni a sonego.net> ha scritto:
  
  
  Giovanni Ciraolo ha scritto il 07/02/2015 alle 
  21:50:
  
    Chi 
    potrebbe lavorare sul dettaglio a mio parere è l’ex-superiore di Brunel, 
    cioè Bernard Laporte. Più si va avanti e più mi convinco che uno come lui 
    potrebbe riorganizzare il nostro rugby.
  
E' proprio qui che ti 
  voglio. Un buon allenatore di nazionale può rinnovare il gioco, portare idee e 
  far ottenere dei risultati alla nazionale, ma non può riorganizzare il nostro 
  rugby. Io sono sempre piu' convinto che la nazionale sia rappresentativa del 
  movimento rugbyistico di un determinato paese. Nazioni che hanno un rugby 
  forte, producono nazionali forti. Nazioni che hanno un movimento debole, 
  producono nazionali deboli. Il nostro movimento rugbyistico forte non è di 
  sicuro, se comparato con quello delle nazionali al vertice mondiale. E infatti 
  le nostre nazionali fanno cagare. 

Cercare l'allenatore risolutore di 
  tutti i problemi, il mago che con un colpo di bacchetta e uno di culo fa 
  vincere un gruppo di professionisti che giocano all'estero puo' contribuire a 
  dare un po' di diffusione mediatica. E' proprio questo il principio su cui mi 
  sembra storicamente ispirata la gestione della federazione. Cerchiamo di 
  ottenere i risultati della nazionale e sull'onda dell'entusiasmo arriveranno 
  un sacco di praticanti e costruiremo un movimento solido. Bella genialata. 
  Sono 15 anni e i risultati sono quelli che sono. Sarebbe anche ora che 
  qualcuno se ne rendesse conto e che si cominciasse a rivedere questo approccio 
  fallimentare.

(Ecco cosa intendevo affermare dicendo che anche Brunel è 
  incolpevole)

Ciao
Giovanni 
  Sonego

   
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