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[RUGBYLIST] Rocco e Mariano
Giovanni Ciraolo
jxcira a tin.it
Mar 25 Giu 2013 00:04:07 CEST
Difficile non essere mossi di fronte ad un racconto del genere. Il rugby fino a non molti anni fa era un rugby romantico. Ma non solo il rugby lo era, lo erano la politica, la scienza, le professioni (parecchi nel rugby erano professionisti) e Karol Wojtila in uno dei suoi libri confrontava il carattere romantico della sua generazione con un certo tecnicismo, talvolta standardizzazione o edonismo di giovani di oggi. Il rugby di oggi rasenta la perfezione e gode di essa come in un sacrificio supremo in cui riflettersi mentre quello di ieri chiedeva di andare sempre oltre, in una logica romantica, appunto.
Ieri un uomo, anche da solo, poteva muovere molto. Scienziati, clinici affrontavano l'impossibile. Singoli allenatori creavano scuole, modelli. Chi educava, allenava ed allenando creava nuovi allenatori oltre che giocatori. In ognuno c'era l'impronta di qualcun'altro. Oggi un uomo solo non può quasi nulla. Forse non riesce nemmeno ad inviare un articolo ad una rivista scientifica! Bisogna rendersi conto di questa realtà, Brunel non può quel che poteva Villepreux, ma non può nemmeno quel che poteva il suo superiore Laporte che ha creato in Francia il rugby-sistema imitato da altri paesi. Il rugby, come gli altri sport, non è più un gioco romantico. Certo, una giornata romantica vale di più di diecimila giornate di vita piatta, regolata, retta da codici etici, perfetta! Nessun codice cartaceo può sostituire la fiducia tra gli uomini! Anche nel rugby questo forse è vero. Ma non bisogna disperare, molte cose possono rinnovarsi!
giov.
----- Original Message -----
From: luciano37 a libero.it
To: rugbylist a rugbylist.it
Sent: Monday, June 24, 2013 5:20 PM
Subject: [RUGBYLIST] Rocco e Mariano
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Mi permetto di raccogliere l'invito di Pierluigi Maciocia e non essendo, ahimé!, fra i "troppo giovani" , scrivo poche righe per Rocco Caligiuri e Mariano Dal Martello, due che - come si dice - "hanno passato la palla". In verità Rocco la calciava più che passava e Mariano era fra quelli che, interpretando il rugby del suo tempo, non la mollava mai. Personaggi totalmente differenti, di carriere nettamente distintcoe, ma entrambi hanno lasciato un segno.
Rocco Caligiuri, morto a 63 anni, era un calabrese diventato romano. Il disincanto in persona, il rugby della gioia di esserci, la battuta pronta, il coraggio scavato nel serbatoio di un'innata pigrizia. L'ho visto esordire con una maglia azzurra a 19 anni, contro il Galles a Llanelli, con l'Italia Juniores. Fu l'unico a vincere, conquistando cuori femminili nel terzo tempo. Un personaggio, fin da subito. Poi la Nazionale vera, per 26 volte, tra il 1969 e 1979. Non pochi discutevano la scelta, ma Rocco era sempre disponibile quando lo chiamavano. Ci teneva alla Nazionale, e con lui (e Quaglio) la nazionale era di umore sempre positivo. Era un buon difensore, non un gran placcatore, ma aveva gambe da n. 15 moderno, e soprattutto un piede, il sinistro, di caratura internazionale. "Piazzava" maluccio, ma nei drop era fantastico. Nell'aria un po' rarefatta di Johannesburgh, al vecchio Ellis Park, centrò tre drop contro un Transvaal XV di caratura, a concilusione del tour rugoso e abrasivo degli azzurri in Sudafrica nel 1973, giocando 9 partite su nove. Fino a quel momento solo Albaladejo, francese, vantava 3 drop in un match internazionale. Come fosse sfuggito indenne dai placcaggi distruttivi (e in ritardo) dei sudafricani, restò una delle cose più belle del tour. I suoi h tempi di inserimento in attacco potrebbero essere ancora portati a esempio. Per i più giovani l'esempio di McLean mi pare il più calzante. Solo che Rocco era veramente personaggio "pieno", come lo è stato da imprenditore di grande successo. Gli avevano consegnato recentemente il cap n. 224 della Nazionale. La Roma e gli amici delle "rimpatriate" gli avevano conservato una notorietà meritatissima.
Mariano Dal Martello, ex avanti del Rovigo, è morto a 71 anni. Aveva terminato la carriera nel 1976, dopo 161 partite coi bersaglieri, in 10 campionati. Nel 1976, dopo lo scudetto dei rossoblui in "Rugby come Rovigo" avevo scritto di lui (chiedo scusa se mi cito): "Mariano è uno della vecchia guardia, ha fatto da ponte tra il Rovigo del settimo scudetto (1964) e quello attuale. Terza linea potente, dal corto raggio d'azione, è finito con gli anni a giocare pilone per necessità motorie, rivelando una sorprendente vocazione. Ambrogio Bona, unanimenente considerato il migliore in Italia nel ruolo, ne parla in termini entusiastici. Però Dal Martello non ha raccolto che un decimo di quel che ha seminato. Non ha mai giocato in Nazionale e a scorrere i nomi di quelli che ci hanno giocato, durante il suo periodo migliore, c'é da rabbrividire".
Cose vissute e scritte tanti, tantissimi anni fa. A volte, essere vecchi, ripaga per averle vissute. Forse è poco, ma i 70 mila che vanno ora all'Olimpico, arrivano un po' anche dal sinistro di Rocco e dalle mani-spatola di Mariano.
Un saluto agli amici della List.
Luciano Ravagnani
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