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Re: [RUGBYLIST] Tra ciò che è vero e ciò che è FALSO.: vogliamo la popolarità? Questo probabilmente è il pedaggio....
Antonio Mangano
antoniomangano1962 a libero.it
Mer 5 Maggio 2010 16:23:05 CEST
Essere rugbisti dovrebbe essere un modo diverso di intedere la vita. Spesso ci si riferisce ai rugbisti soltanto nell'accezzione valida per la partipazione sportiva. Come persone corrette sugli spalti. (Ma perché c'è un modo diverso di stare sugli spalti?). In genere essere rugbisti finisce lì. Ma non dovrebbe essere così. Un mio amico, dice che il rugby non è uno sport ma una disciplina sportiva. Calcando la voce sul termine disciplina. Cosa ci insegna il rugby? Volendo volare alto potrei dire qualcosa che ultimamente è il motto dei Tory inglesi, ma guarda un po' è un vecchio un "front message" di JFK: non devo chiedermi cosa può darmi il mio paese (squadra e compagni ) ma cosa di buono possa fare io per il paese. Tradotto. Impegno senso civico. In termini sportivi non devo dare palla e uomo, ma devo dare il mio contributo all'avanzamento. Ecco quanti di noi, anche in questo sport, attuano nella vita questo modo di pensare e soprattutto di agire. Nella mia città il rugby è lo sport che ha portato alle convocazioni azzurre più giocatori, tra senior e giovanili. Non sembra ma ovunque vai c'è gente che anche per un giorno ha passato la palla e ti ricorda un aneddoto. Il rugby nonostante siamo ad un livello infimo tra i senior è molto radicato. Ma viste le condizioni della mia città quanti miei concittadini ex rugbisti hanno interpretato la vita come sostegno, pressione e avanzamento? E così in giro per l'Italia. Sarà un caso che il Veneto è la regione più Florida d'Italia? Ma mi chiedo anche quanto di rugbista ci sia nella Lega. Senza polemica politica, ma giusto per approfondire.
----- Original Message -----
From: ruggero rizzi
To: rugbylist a rugbylist.it
Sent: Wednesday, May 05, 2010 3:20 PM
Subject: Re: [RUGBYLIST] Tra ciò che è vero e ciò che è FALSO.: vogliamo la popolarità? Questo probabilmente è il pedaggio....
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.....beh allora diciamocela tutta, come osserva un amico listarolo che mi scrive privatamente, e che condivido e riporto (autorizzato a farlo)
...omissis...
"..Niente di oxfordiano in tutto ciò e mi muove al sorriso constatare che ora si fa un gran casino per il tifo un po' becero. Vogliamo la popolarità?
Questo è il pedaggio.....
...." Possiamo scandalizzarci sentendo quel che passa in tv? Come parla la gente per strada e al telefono? Cosa emerge dalle intercettazioni dei nostri politici?
Quando mai, anni fa, una persona usava "cazzo" per esprimersi, al di fuori dell'uso canonico del medesimo? Ora non c'è persona "moderna" che parli senza il cazzo sulle labbra (pardon!). Se il turpiloquio fa guadagnare soldi a tutti, non vedo perchè nel rugby, ........ ci si debba scandalizzare perché la squadra che ha perso viene dileggiata al suono di "bella ciao, ciao, ciao...". O "neri di merda (Rovigo docet)".
Che dovremmo fare di Bossi e Borghezio?
Certo, stiamo attaccati ai nostri valori, ma non a un'etichetta che abbiamo cancellato, purtroppo, dalla nostra vita....(omissis)...
Scusami. Volevo intervenire in List, ma ho preferito scrivere a un amico, che forse mi capirà....
(Omissis)...
Saluti dalla bassa Valle Scrivia
Ruggero Rizzi
Il giorno 05 maggio 2010 14.26, Marco <marco_suomi a libero.it> ha scritto:
Coobiz.it - Gestisci la tua azienda in rete - http://www.coobiz.it
>Da: paolo.valbusa a libero.it
>Concordo pienamente con Gaetano Palmiotto e Marco Baucherio. La
"calcizzazione"
>(orrendo neologismo) del pubblico è un fenomeno che sta interessando settori
>sempre più ampi della nostra disciplina
Caro Paolo, sono d'accordo che il rugby si stia "calcizzando" sempre di più,
soprattutto da quando il professionismo l'ha reso un business e non più
semplicemente uno "scontro regolato" tra amici che non si erano mai incontrati
prima.
Ma anche prima del professionismo certe società (che non nominerò) avevano
questo atteggiamento.
In giovanile, dopo aver segnato una meta (in una partita tra l'altro poi
persa), mi sono sentito dire dagli avversari "ti aspettiamo fuori" - come
spessissimo capita. Di solito è vento, quella volta in tre mi hanno aspettato.
Mona io che mi ero attardato in campo a raccogliere le tute e le borracce (ero
stato sostituito poco prima della fine della partita, ero scoppiato). E un
dirigente di quella società, qualcuno il cui nome ora si sente spesso
nell'ambiente, era presente e non ha detto nulla.
Lo stesso anno quella stessa squadra, che aveva dominato il girone, ha fatto
giocare i ragazzi più giovani (l'Under 17, ed eravamo in Under 19) nell'ultima
di campionato, lasciando la vittoria - e il passaggio ai playoff a nostre spese
- ad un'altra squadra che avevano ben battuto all'andata.
In trasferta poi, in casa proprio di quest'ultima squadra, il nostro
guardalinee (il papà del nostro estremo che, avendo giocato, si prestava al
compito) ha dovuto chiedere all'arbitro di poter cambiare lato del campo su cui
correre in quanto tempestato da insulti, sputi e tappi di bottiglia.
Se ero in Under 19 era il 1994. Prima del professionismo.
DOVER vincere fa male.
Marco Piva
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