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R: [RUGBYLIST] IL COMMENTO ALLA FINALE
Riccardo Melegari
riccardo.melegari a arix.it
Ven 25 Maggio 2007 10:32:08 CEST
Mai parole furono piu’ azzecate, Giandomenico!
Saluti a tutti.
Riccardo Melegari
Arix spa
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Per conto di GIAN DOMENICO MAZZOCATO
Inviato: venerdì 25 maggio 2007 7.51
A: RUGBYLIST
Oggetto: [RUGBYLIST] IL COMMENTO ALLA FINALE
Metto in rete i miei due pezzi a commento della finale Viadana-Benetton
apparsi oggi su SPORT TREVIGIANO.
Con una chiosa.
Grazie Viadana, grazie Treviso per aver dato vita alla più bella finale
della storia dei play off.
Un abbraccio a tutti
gian domenico mazzocato
TREVISO VINCE IL SUO TREDICESIMO TITOLO OVALE
TERRIBILE, BELLISSIMA!
Qualcuno, per descrivere la drammatica e bellissima finale con Viadana
disputata sabato al Brianteo di Monza, ha scomodato il professore del
brivido, Alfred Hitchcock. A me è venuto in mente che la vicenda vissuta dai
quasi 12mila spettatori nello stadio monzese, potrebbe essere bene
raccontata da Robert Aldrich, quello della Sporca Dozzina e dei Ragazzi del
coro. Ricordate? Nel 1974 mise insieme un manipolo di buoni stuntman e
onesti recitatori come Eddie Albert, Burt Reynolds, Michael Conrad e girò
quel piccolo capolavoro di ritmo che fu Quella sporca ultima meta. Galeotti
contro secondini, forse solo una americanata. Ma raccontata con stile, garbo
e senso enorme del tempo. Perchè, a dispetto delle citazioni, Monza 2007 in
fondo resta "solo" un grande, importante, indimenticabile evento sportivo.
In cui si è vista la grandezza del rugby, in cui si sono ammirate due
squadre esemplari per fair play, concentrazione, voglia di vincere. Due
squadre umanissime, non mi viene altro aggettivo. Viadana con la sua voglia
vergine di vincere: troppo poco un titolo -quello del 2002- per dare la
misura della maturità raggiunta da ambiente e società. Per dare corpo al
grande contributo offerto alla crescita del rugby italiano in questi anni.
Viadana protagonista, vogliosa di sancire la sua storia recente con il
secondo scudetto.
E Treviso, con la sua esperienza e col suo terribile ruolo di favorita
d’obbligo che ha fatto sbagliare oltre il lecito, sciupare, attorcigliare in
una spirale di errori che non sembrava avere fine. Ho seguito tutte le
finali di Treviso (meno quella romana dell’88, con la meta beffa agli ultimi
istanti di Brunello) e la palma della più grossa emozione risale alla finale
veronese col Milan. A Monza si sono stravolti tutti i parametri di giudizio.
Squadra che sonnecchia per 60 minuti, avviluppata nel proprio gioco falloso
e poi, appena Viadana mostra un po’ di fiato lungo o magari solo di
appagamento, di persuasione di aver vinto, allarga il ritmo, comincia
ripompare adrenalina e rimonta all’ultimo secondo. Tutti contro Treviso, i
segni degli dei. Il palo blocca a Goosen (“all’inizio avevo paura” mi dice
alla fine quell’uomo di ghiaccio) il penalty della speranza (stesso
fotogramma del film della finale perduta con Calvisano di due anni fa) e
subito dopo Corrado Pilat calcia malissimo il suo piazzato. Che però si
arrampica letteralmente sui montanti dell’H e ricade dall’altra parte.
Partita finita, Treviso cede il titolo. Ma è un po’ come la legge
primordiale di chi segue e chi è inseguito. Se la preda si rilassa e
rallenta la fuga, l’inseguitore, pur stremato, avverte un odore diverso,
fiuta il cambiamento. E scopre risorse che non pensava di avere. Green
decide il tutto per tutto. Marcato all’apertura, Goosen al centro. Una
scelta che tanti avevano nel cuore e ipotizzavano fin dall’inizio, dopo la
semifinale con Padova. Prima la meta di Sbaraglini, poi, a tempo
abbondantemente di recupero, il colpo di Wentzel. Trasforma Goosen e sono
supplementari. Con l’inerzia del gioco girata: Treviso che riagguanta
l’insperato, Viadana che vede dilapidato il suo tesoretto. Lo riteneva ben
piazzato in cassaforte.
Non basta, non è finita. In cuor mio comprendo che chi segna per primo si
impadronisce definitivamente dell’inerzia del match. E invece no perchè
segna Pilat e riporta avanti i suoi. Treviso riabbassa la testa e va in meta
con Mulieri. Meta, non meta? De Santis chiede la prova TV e dice di no.
Tutti sanno che, oltre le immagini, in tempi in cui non funzionava il TMO
nessun arbitro avrebbe negato questa meta. Ci riprova Treviso e questa volta
va a segno Perziano (che bene la racconta Toni Liviero sul Gazzettino,
questa sporca ultima meta!) e poi Goosen ci carica sopra i due punti della
trasformazione che mettono Treviso al riparo se non proprio della rimonta,
almeno dal sorpasso ad opera di un calcio. Poi sono schermaglie e alla fine
l’ultima, sporca occasione ce l’ha in mano Viadana che sciupa con l’in
avanti di Andrea Moretti la palla della vita. Sporca la meta di Perziano? E
sporca l’occasione dell’estremo attacco viadenese? No, si dice per amor di
citazione. Perchè restano entrambe nella mente, nel successo e
nell’insuccesso, limpidissime. Oltre la fatica fisica, ben dentro il
territorio dell’energia mentale. Treviso ha vinto una straordinaria
battaglia. Mi piacerebbe dire che non l’ha persa Viadana, anche se il
risultato la condanna. È bello pensare che il sigillo finale lo abbia messo
il “ceo” Maci Perziano. Il “ceo” in realtà ha 33 anni e queste stagioni le
ha passate costruendosi e maturando come atleta e come uomo. Un grande, che
corona a Monza un record: 8 titoli personali. Se c’è una persona che incarna
questo Treviso operaio e scanzonato, beh, questa è proprio lui.
Gian Domenico Mazzocato
giandoscriba a tin.it
GREEN, BERBIZIER
E FRANCO SMITH
13 giugno 1987, Stadio Concord Oval di Sidney. Va in scena la finale del
primo campionato del mondo tra Nuova Zelanda e Francia. Di là un’ala
emergente, Craig Green, di qua un numero 9 straordinario Pierre Berbizier
(sua l’unica meta francese nel finale per la trasformazione di Camberabero).
Avversari nella partita della vita. Straordinario che a Monza sia proprio
l’allenatore francese a consegnare il merito e l’onore a Toni Green. “Questa
partita, dice Berbizier, l’ha vinta Treviso per la sua esperienza e
soprattutto per la sua pazienza. Merito di chi l’ha saputa costruire questa
squadra, merito ad un grande allenatore e uomo di rugby come Green”.
Che se ne va. L’ultima partita l’ha seguita come tutte le altre, dall’alto
della tribuna. Ha sofferto, si è arrabbiato, ha imprecato. Alla fine ha
gioito. Ha urlato sulla meta di Mulieri (non concessa) e si è trattenuto su
quella di Perziano (concessa e definitiva). Poi la gioia e la malinconia
dell’addio. Ha vinto a Treviso, Green. Ha costruito rugby ovunque. Da non
dimenticare quello che ha fatto a Calvisano. Treviso ha un debito enorme con
lui. Speriamo profondamente che sia solo un arrivederci, non un addio.
Lo sostituisce Franco Smith, splendido colpo della dirigenza trevigiana.
Continuità e innovazione. Tre stagioni a Treviso come giocatore, un ritorno
nella natia Sudafrica per il ruolo di assistente coach dei Cheethas, un
approdo a Treviso per costruire il futuro, partendo proprio da quei giovani
che Green gli consegna. Smith ha 35 anni, essendo nato il 29 luglio del ’72
(a Lichtenburg). Arriva a Treviso per crescere a sua volta. Conosce la
realtà del rugby italiano, vorrà imporsi come tecnico. Ottima scelta.
http://www.giandomenicomazzocato.it/
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GIAN DOMENICO MAZZOCATO
giandoscriba a tin.it
webmaster Nicola Novello
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