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[RUGBYLIST] IL COMMENTO ALLA FINALE

GIAN DOMENICO MAZZOCATO giandoscriba a tin.it
Ven 25 Maggio 2007 07:50:50 CEST


Metto in rete i miei due pezzi a commento della finale Viadana-Benetton apparsi oggi su SPORT TREVIGIANO.
Con una chiosa.
Grazie Viadana, grazie Treviso per aver dato vita alla più bella finale della storia dei play off.
Un abbraccio a tutti
gian domenico mazzocato



 

 

TREVISO VINCE IL SUO TREDICESIMO TITOLO OVALE 

TERRIBILE, BELLISSIMA!

Qualcuno, per descrivere la drammatica e bellissima finale con Viadana disputata sabato al Brianteo di Monza, ha scomodato il professore del brivido, Alfred Hitchcock. A me è venuto in mente che la vicenda vissuta dai quasi 12mila spettatori nello stadio monzese, potrebbe essere bene raccontata da Robert Aldrich, quello della Sporca Dozzina e dei Ragazzi del coro. Ricordate? Nel 1974 mise insieme un manipolo di buoni stuntman e onesti recitatori come Eddie Albert, Burt Reynolds, Michael Conrad e girò quel piccolo capolavoro di ritmo che fu Quella sporca ultima meta. Galeotti contro secondini, forse solo una americanata. Ma raccontata con stile, garbo e senso enorme del tempo. Perchè, a dispetto delle citazioni, Monza 2007 in fondo resta "solo" un grande, importante, indimenticabile evento sportivo. In cui si è vista la grandezza del rugby, in cui si sono ammirate due squadre esemplari per fair play, concentrazione, voglia di vincere. Due squadre umanissime, non mi viene altro aggettivo. Viadana con la sua voglia vergine di vincere: troppo poco un titolo -quello del 2002- per dare la misura della maturità raggiunta da ambiente e società. Per dare corpo al grande contributo offerto alla crescita del rugby italiano in questi anni. Viadana protagonista, vogliosa di sancire la sua storia recente con il secondo scudetto.

E Treviso, con la sua esperienza e col suo terribile ruolo di favorita d'obbligo che ha fatto sbagliare oltre il lecito, sciupare, attorcigliare in una spirale di errori che non sembrava avere fine. Ho seguito tutte le finali di Treviso (meno quella romana dell'88, con la meta beffa agli ultimi istanti di Brunello) e la palma della più grossa emozione risale alla finale veronese col Milan. A Monza si sono stravolti tutti i parametri di giudizio. Squadra che sonnecchia per 60 minuti, avviluppata nel proprio gioco falloso e poi, appena Viadana mostra un po' di fiato lungo o magari solo di appagamento, di persuasione di aver vinto, allarga il ritmo, comincia ripompare adrenalina e rimonta all'ultimo secondo. Tutti contro Treviso, i segni degli dei. Il palo blocca a Goosen ("all'inizio avevo paura" mi dice alla fine quell'uomo di ghiaccio) il penalty della speranza (stesso fotogramma del film della finale perduta con Calvisano di due anni fa) e subito dopo Corrado Pilat calcia malissimo il suo piazzato. Che però si arrampica letteralmente sui montanti dell'H e ricade dall'altra parte. Partita finita, Treviso cede il titolo. Ma è un po' come la legge primordiale di chi segue e chi è inseguito. Se la preda si rilassa e rallenta la fuga, l'inseguitore, pur stremato, avverte un odore diverso, fiuta il cambiamento. E scopre risorse che non pensava di avere. Green decide il tutto per tutto. Marcato all'apertura, Goosen al centro. Una scelta che tanti avevano nel cuore e ipotizzavano fin dall'inizio, dopo la semifinale con Padova. Prima la meta di Sbaraglini, poi, a tempo abbondantemente di recupero, il colpo di Wentzel. Trasforma Goosen e sono supplementari. Con l'inerzia del gioco girata: Treviso che riagguanta l'insperato, Viadana che vede dilapidato il suo tesoretto. Lo riteneva ben piazzato in cassaforte.

Non basta, non è finita. In cuor mio comprendo che chi segna per primo si impadronisce definitivamente dell'inerzia del match. E invece no perchè segna Pilat e riporta avanti i suoi. Treviso riabbassa la testa e va in meta con Mulieri. Meta, non meta? De Santis chiede la prova TV e dice di no. Tutti sanno che, oltre le immagini, in tempi in cui non funzionava il TMO nessun arbitro avrebbe negato questa meta. Ci riprova Treviso e questa volta va a segno Perziano (che bene la racconta Toni Liviero sul Gazzettino, questa sporca ultima meta!) e poi Goosen ci carica sopra i due punti della trasformazione che mettono Treviso al riparo se non proprio della rimonta, almeno dal sorpasso ad opera di un calcio. Poi sono schermaglie e alla fine l'ultima, sporca occasione ce l'ha in mano Viadana che sciupa con l'in avanti di Andrea Moretti la palla della vita. Sporca la meta di Perziano? E sporca l'occasione dell'estremo attacco viadenese? No, si dice per amor di citazione. Perchè restano entrambe nella mente, nel successo e nell'insuccesso, limpidissime. Oltre la fatica fisica, ben dentro il territorio dell'energia mentale. Treviso ha vinto una straordinaria battaglia. Mi piacerebbe dire che non l'ha persa Viadana, anche se il risultato la condanna. È bello pensare che il sigillo finale lo abbia messo il "ceo" Maci Perziano. Il "ceo" in realtà ha 33 anni e queste stagioni le ha passate costruendosi e maturando come atleta e come uomo. Un grande, che corona a Monza un record: 8 titoli personali. Se c'è una persona che incarna questo Treviso operaio e scanzonato, beh, questa è proprio lui. 

Gian Domenico Mazzocato

giandoscriba a tin.it





GREEN, BERBIZIER

E FRANCO SMITH

 

13 giugno 1987, Stadio Concord Oval di Sidney. Va in scena la finale del primo campionato del mondo tra Nuova Zelanda e Francia. Di là un'ala emergente, Craig Green, di qua un numero 9 straordinario Pierre Berbizier (sua l'unica meta francese nel finale per la trasformazione di Camberabero). Avversari nella partita della vita. Straordinario che a Monza sia proprio l'allenatore francese a consegnare il merito e l'onore a Toni Green. "Questa partita, dice Berbizier, l'ha vinta Treviso per la sua esperienza e soprattutto per la sua pazienza. Merito di chi l'ha saputa costruire questa squadra, merito ad un grande allenatore e uomo di rugby come Green".

Che se ne va. L'ultima partita l'ha seguita come tutte le altre, dall'alto della tribuna. Ha sofferto, si è arrabbiato, ha imprecato. Alla fine ha gioito. Ha urlato sulla meta di Mulieri (non concessa) e si è trattenuto su quella di Perziano (concessa e definitiva). Poi la gioia e la malinconia dell'addio. Ha vinto a Treviso, Green. Ha costruito rugby ovunque. Da non dimenticare quello che ha fatto a Calvisano. Treviso ha un debito enorme con lui. Speriamo profondamente che sia solo un arrivederci, non un addio.

Lo sostituisce Franco Smith, splendido colpo della dirigenza trevigiana. Continuità e innovazione. Tre stagioni a Treviso come giocatore, un ritorno nella natia Sudafrica per il ruolo di assistente coach dei Cheethas, un approdo a Treviso per costruire il futuro, partendo proprio da quei giovani che Green gli consegna. Smith ha 35 anni, essendo nato il 29 luglio del '72 (a Lichtenburg). Arriva a Treviso per crescere a sua volta. Conosce la realtà del rugby italiano, vorrà imporsi come tecnico. Ottima scelta.

 

 

 

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