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[RUGBYLIST] Cannibalismo sportivo
d.massimi a iol.it
d.massimi a iol.it
Mer 13 Set 2006 11:07:27 CEST
Chiedo scusa a tutti se per iniziare questo intervento devo citare un altro sito, ma non posso farne a meno. Qualche giorno fa, su rugby.it è apparsa una lettera dell'avv. Taverna, vicepresidente della Rugby Lazio, che denunciava in termini estremamente precisi degli episodi di scorrettezza nel reclutamento di giovani rugbisti che stanno avvenendo dalle parti dell'Acquacetosa. Sul sito di rugby.it purtroppo nessuno ha commentato la lettera, né ne ho letto nella nostra list. Pur non volendo entrare nel merito della lettera ed esprimere giudizi, mi pare il caso di affrontare questo annoso problema, che tutti conosciamo benissimo e che di fatto tutti ignoriamo quando si tratta di altre società. Mi pare anche il caso che la Federazione apra gli occhi di fronte al problema e prenda delle risoluzioni coerenti. Sappiamo tutti che molte società attraggono in molti modi giovani giocatori formati da altre società, con lusinghe, con calunnie, mettendo in giro voci false e tendenziose, oppure operando direttamente per impedire che una società "concorrente" possa svolgere regolarmente la propria attività, nella speranza che i ragazzi di quella società trasmigrino nella propria. L'avv. Taverna parlava di "cannibalismo", termine crudo, ma estremamente preciso per indicare quello che avviene. Io aggiungerei che sui tratta di un cannibalismo stupido, in quanto esercitato all'interno della stessa tribù, e che quindi comporta inevitabilmente il rischio di estinzione della tribù. Fuor di metafora: se una Società cerca di allargare il proprio vivaio rubacchiando dalle altre, non solo non si accresce il movimento, ma addirittura lo si impoverisce, perché tanti, di fronte a questi giochetti, se ne andranno a casa nauseati. Episodi di questo tipo dovrebbero costringere anche la federazione a riconsiderare il principio della obbligatorietà dell'attività giovanile e di propaganda su una linea di estrema coerenza che garantisca a TUTTE le società affiliate di poterla svolgere tranquillamente. Se obbligatorietà deve esserci, si vigili con rigore in modo da evitare episodi del genere e di garantire a tutti uguale possibilità di crescere, nel caso anche vincolando col tesseramento le categorie della propaganda. Se questo non si vuole o non si può fare, si tolga il vincolo dell'obbligatorietà e si lasci tutto alle leggi del libero mercato, per cui si lasci alle società la scelta di costruirsi o meno il proprio vivaio o, al contrario, di andarsi a comperare i giocatori (piccoli o grandi) dove vogliono. Se alla base dell'obbligatorietà c'era l'esigenza e la volontà di far crescere il movimento nei suoi numeri e a partire dai primi anni di attività, ci si renda conto che, se non cambia qualcosa, siamo su una strada che non porta da nessuna parte.
Saluti,
Dario Massimi
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