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[RUGBYLIST] La morte ovale
ilfalco7
ilfalco7 a libero.it
Gio 20 Dic 2018 19:03:32 CET
Molto vero e molto interessante
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-------- Messaggio originale --------Da: tizianotaccola1--- via Rugbylist <rugbylist a rugbylist.it> Data: 20/12/18 10:39 (GMT+01:00) A: rugbylist a rugbylist.it Oggetto: [RUGBYLIST] La morte ovale
In seguito a diversi incidenti mortali avvenuti nel nostro mondo copio ed incollo un interessante articolo diLorenzo Calamai pubblicato su On Rugby.it
Francia: tre morti in sette mesi sui campi da rugby, occhi puntati sulla palla ovaleTre giovani stroncati da incidenti di gioco: il rugby è cambiato, e World Rugby deve agire subito“Mia moglie è incinta. Avremo un maschio, ma non penso che lo spingerò a giocare a rugby quando crescerà” ha detto Nick Abendanon, estremo del Clermont, a L’Equipe.Sono passate quattro mesi da quella dichiarazione: erano i tempi immediatamente successivi alla morte di Louis Fajfrowski, 21 anni, deceduto negli spogliatoi di Aurillac in una amichevole pre-campionato dopo essere stato colpito da un attacco di cuore causato da un placcaggio. Quella di Fajfrowski era la seconda morte di un giovane rugbista in Francia nel giro di poco tempo: in maggio Adrien Descrulhes era stato trovato senza vita nel suo letto, per un’emoraggia cerebrale riconducibile ad un colpo subito sul campo. Il diciassettenne era stato vittima di una concussion nella partita disputata il giorno precedente.Questo fine settimana, il rugby ha pianto la morte di Nicolas Chauvin, giovane promessa del rugby parigino stroncato da un attacco cardiaco conseguente alla rottura di una vertebra cervicale in un placcaggio. Si tratta della terza vittima negli ultimi sette mesi, in Francia, per conseguenze dovute al gioco della palla ovale.Intanto, nel resto del mondo altre fatalità accadono: in Canada Brodie McCarthy, un ragazzo di diciotto anni, è morto a maggio in uno scontro di gioco mentre vestiva la maglia del suo college, in Sudafrica un uomo di 31 anni, Kyle Barnes, in tour con il suo club statunitense, è deceduto dopo aver subito un colpo alla testa in uno scontro di gioco. E in Italia Rebecca Braglia è morta a maggio per le conseguenze di un placcaggio.Troppe le vittime per continuare a pensare che siano tutte dovute ad incidenti, anche se Brett Gosper, il CEO di World Rugby, si è affrettato a definirli così, intervenendo ad una trasmissione televisiva francese per sottolineare la rarità statistica del verificarsi di tali tragedie.La federazione internazionale, d’altronde, ci sta mettendo impegno: sono innegabili le azioni di World Rugby per migliorare la deterrenza del gioco pericoloso attraverso sanzioni più pesanti, tutto il lavoro di prevenzione e riconoscimento della concussion, i programmi di formazione sulla salute dei giocatori e anche la sperimentazione di nuove regole sull’altezza del placcaggio. Tutte azioni fatte per incrementare la sicurezza di chi gioca a rugby, senza snaturare il gioco.Potrebbe però non essere abbastanza: è indicativo che tutte le vittime di rugby che abbiamo ricordato arrivino da un contesto non professionistico, ma intermedio. Il giocatore di rugby di alto livello oggi deve subire grandissimi impatti, ci sono rischi e pericoli, ma si tratta della figura meglio preparata fisicamente e tecnicamente per affrontarli.Se guardiamo ai tre casi francesi, invece, vediamo tre giovani alle prese con un rugby dove ci sono tantissime differenze fisiche, con un alcune caratteristiche del gioco “dei grandi”, tanti impatti violenti ripetuti, ma con una preparazione mediamente inferiore.“Per come è strutturato adesso [in Francia], il rugby non è adatto a un ragazzino di 15 anni” ha dichiarato Jean Chazal, neurochirurgo che fa parte dell’equipe medica del Clermont e che cerca di far sentire la propria voce nel mondo del rugby francese.Secondo Chazal ci sono troppi rischi, i corpi dei ragazzi non sono ancora definitivamente sviluppati, e forse il rugby giovanile dovrebbe dividere i giocatori per categorie di peso, come gli sport di combattimento.In Francia anche il ministro dello sport Roxana Maracineanu è intervenuto sull’argomento, dopo la morte di Nicolas Chauvin, facendo pressioni sulla federazione francese per prendere dei provvedimenti in merito.E’ un dibattito triste e che nessuno ha il piacere di fare. Il mondo del rugby è da una parte spaventato, dall’altra preoccupato di non perdere la faccia che ha faticosamente lavorato per costruirsi di fronte al popolo di padri e madri che sono felici di mandare i propri figli a giocare. E’ un dibattito necessario per garantire un futuro a questo sport che è cresciuto, sotto tutti i punti di vista, e rischia di andare fuori strada se le redini non saranno tenute ben salde.Il gioco del rugby è cambiato: giocatori sempre più grandi fisicamente, ritmi elevati, e un numero sempre crescente di impatti. Il tutto in un contesto in cui si gioca sempre di più, a tutti i livelli. Quando L’Equipe ha scritto che “il rugby uccide”, non è stato per un attacco frontale, ma un grido d’allarme perché tutto il mondo ovale affronti con coraggio la questione, e passi all’azione per porre rimedi. Non solo in Francia.Lorenzo Calamai
In seguito a diversi incidenti mortali avvenuti nel nostro mondo copio
ed incollo un interessante articolo di
Lorenzo Calamai pubblicato su On Rugby.it
Francia: tre morti in sette mesi sui campi da rugby, occhi puntati sulla
palla ovale
Tre giovani stroncati da incidenti di gioco: il rugby è cambiato, e
World Rugby deve agire subito
âMia moglie è incinta. Avremo un maschio, ma non penso che lo
spingerò a giocare a rugby quando crescerà â ha detto Nick Abendanon,
estremo del Clermont, a LâEquipe.
Sono passate quattro mesi da quella dichiarazione: erano i tempi
immediatamente successivi alla morte di Louis Fajfrowski, 21 anni,
deceduto negli spogliatoi di Aurillac in una amichevole pre-campionato
dopo essere stato colpito da un attacco di cuore causato da un
placcaggio. Quella di Fajfrowski era la seconda morte di un giovane
rugbista in Francia nel giro di poco tempo: in maggio Adrien Descrulhes
era stato trovato senza vita nel suo letto, per unâemoraggia cerebrale
riconducibile ad un colpo subito sul campo. Il diciassettenne era stato
vittima di una concussion nella partita disputata il giorno precedente.
Questo fine settimana, il rugby ha pianto la morte di Nicolas Chauvin,
giovane promessa del rugby parigino stroncato da un attacco cardiaco
conseguente alla rottura di una vertebra cervicale in un placcaggio. Si
tratta della terza vittima negli ultimi sette mesi, in Francia, per
conseguenze dovute al gioco della palla ovale.
Intanto, nel resto del mondo altre fatalità accadono: in Canada Brodie
McCarthy, un ragazzo di diciotto anni, è morto a maggio in uno scontro
di gioco mentre vestiva la maglia del suo college, in Sudafrica un uomo
di 31 anni, Kyle Barnes, in tour con il suo club statunitense, è
deceduto dopo aver subito un colpo alla testa in uno scontro di gioco.
E in Italia Rebecca Braglia [1]è morta a maggio per le conseguenze di
un placcaggio.
Troppe le vittime per continuare a pensare che siano tutte dovute ad
incidenti, anche se Brett Gosper, il CEO di World Rugby, si è
affrettato a definirli così, intervenendo ad una trasmissione
televisiva francese per sottolineare la rarità statistica del
verificarsi di tali tragedie.
La federazione internazionale, dâaltronde, ci sta mettendo impegno:
sono innegabili le azioni di World Rugby per migliorare la deterrenza
del gioco pericoloso attraverso sanzioni più pesanti, tutto il lavoro
di prevenzione e riconoscimento della concussion, i programmi di
formazione sulla salute dei giocatori e anche la sperimentazione di
nuove regole sullâaltezza del placcaggio. Tutte azioni fatte per
incrementare la sicurezza di chi gioca a rugby, senza snaturare il
gioco.
Potrebbe però non essere abbastanza: è indicativo che tutte le
vittime di rugby che abbiamo ricordato arrivino da un contesto non
professionistico, ma intermedio. Il giocatore di rugby di alto livello
oggi deve subire grandissimi impatti, ci sono rischi e pericoli, ma si
tratta della figura meglio preparata fisicamente e tecnicamente per
affrontarli.
Se guardiamo ai tre casi francesi, invece, vediamo tre giovani alle
prese con un rugby dove ci sono tantissime differenze fisiche, con un
alcune caratteristiche del gioco âdei grandiâ, tanti impatti violenti
ripetuti, ma con una preparazione mediamente inferiore.
âPer come è strutturato adesso [in Francia], il rugby non è adatto a
un ragazzino di 15 anniâ ha dichiarato Jean Chazal, neurochirurgo che
fa parte dellâequipe medica del Clermont e che cerca di far sentire la
propria voce nel mondo del rugby francese.
Secondo Chazal ci sono troppi rischi, i corpi dei ragazzi non sono
ancora definitivamente sviluppati, e forse il rugby giovanile dovrebbe
dividere i giocatori per categorie di peso, come gli sport di
combattimento.
In Francia anche il ministro dello sport Roxana Maracineanu è
intervenuto sullâargomento, dopo la morte di Nicolas Chauvin, facendo
pressioni sulla federazione francese per prendere dei provvedimenti in
merito.
Eâ un dibattito triste e che nessuno ha il piacere di fare. Il mondo
del rugby è da una parte spaventato, dallâaltra preoccupato di non
perdere la faccia che ha faticosamente lavorato per costruirsi di
fronte al popolo di padri e madri che sono felici di mandare i propri
figli a giocare. Eâ un dibattito necessario per garantire un futuro a
questo sport che è cresciuto, sotto tutti i punti di vista, e rischia
di andare fuori strada se le redini non saranno tenute ben salde.
Il gioco del rugby è cambiato: giocatori sempre più grandi
fisicamente, ritmi elevati, e un numero sempre crescente di impatti. Il
tutto in un contesto in cui si gioca sempre di più, a tutti i livelli.
Quando LâEquipe ha scritto che âil rugby uccideâ, non è stato per un
attacco frontale, ma un grido dâallarme perché tutto il mondo ovale
affronti con coraggio la questione, e passi allâazione per porre
rimedi. Non solo in Francia.
Lorenzo Calamai
References
1. https://www.onrugby.it/2018/05/02/e-morta-rebecca-braglia-la-ragazza-ricoverata-per-un-trauma-cranico-dopo-uno-scontro-di-gioco/
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Data: 20/12/18 10:39 (GMT+01:00)
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] La morte ovale
In seguito a diversi incidenti mortali avvenuti nel nostro mondo copio
ed incollo un interessante articolo diLorenzo Calamai pubblicato su On
Rugby.it
Francia: tre morti in sette mesi sui campi da rugby, occhi puntati
sulla palla ovaleTre giovani stroncati da incidenti di gioco: il rugby
è cambiato, e World Rugby deve agire subito“Mia moglie è incinta.
Avremo un maschio, ma non penso che lo spingerò a giocare a rugby
quando crescerà” ha detto Nick Abendanon, estremo del Clermont, a
L’Equipe.Sono passate quattro mesi da quella dichiarazione: erano i
tempi immediatamente successivi alla morte di Louis Fajfrowski, 21
anni, deceduto negli spogliatoi di Aurillac in una amichevole
pre-campionato dopo essere stato colpito da un attacco di cuore causato
da un placcaggio. Quella di Fajfrowski era la seconda morte di un
giovane rugbista in Francia nel giro di poco tempo: in maggio Adrien
Descrulhes era stato trovato senza vita nel suo letto, per un’emoraggia
cerebrale riconducibile ad un colpo subito sul campo. Il diciassettenne
era stato vittima di una concussion nella partita disputata il giorno
precedente.Questo fine settimana, il rugby ha pianto la morte di
Nicolas Chauvin, giovane promessa del rugby parigino stroncato da un
attacco cardiaco conseguente alla rottura di una vertebra cervicale in
un placcaggio. Si tratta della terza vittima negli ultimi sette mesi,
in Francia, per conseguenze dovute al gioco della palla ovale.Intanto,
nel resto del mondo altre fatalità accadono: in Canada Brodie McCarthy,
un ragazzo di diciotto anni, è morto a maggio in uno scontro di gioco
mentre vestiva la maglia del suo college, in Sudafrica un uomo di 31
anni, Kyle Barnes, in tour con il suo club statunitense, è deceduto
dopo aver subito un colpo alla testa in uno scontro di gioco. E in
Italia Rebecca Braglia è morta a maggio per le conseguenze di un
placcaggio.Troppe le vittime per continuare a pensare che siano tutte
dovute ad incidenti, anche se Brett Gosper, il CEO di World Rugby, si è
affrettato a definirli così, intervenendo ad una trasmissione
televisiva francese per sottolineare la rarità statistica del
verificarsi di tali tragedie.La federazione internazionale, d’altronde,
ci sta mettendo impegno: sono innegabili le azioni di World Rugby per
migliorare la deterrenza del gioco pericoloso attraverso sanzioni più
pesanti, tutto il lavoro di prevenzione e riconoscimento della
concussion, i programmi di formazione sulla salute dei giocatori e
anche la sperimentazione di nuove regole sull’altezza del placcaggio.
Tutte azioni fatte per incrementare la sicurezza di chi gioca a rugby,
senza snaturare il gioco.Potrebbe però non essere abbastanza: è
indicativo che tutte le vittime di rugby che abbiamo ricordato arrivino
da un contesto non professionistico, ma intermedio. Il giocatore di
rugby di alto livello oggi deve subire grandissimi impatti, ci sono
rischi e pericoli, ma si tratta della figura meglio preparata
fisicamente e tecnicamente per affrontarli.Se guardiamo ai tre casi
francesi, invece, vediamo tre giovani alle prese con un rugby dove ci
sono tantissime differenze fisiche, con un alcune caratteristiche del
gioco “dei grandi”, tanti impatti violenti ripetuti, ma con una
preparazione mediamente inferiore.“Per come è strutturato adesso [in
Francia], il rugby non è adatto a un ragazzino di 15 anni” ha
dichiarato Jean Chazal, neurochirurgo che fa parte dell’equipe medica
del Clermont e che cerca di far sentire la propria voce nel mondo del
rugby francese.Secondo Chazal ci sono troppi rischi, i corpi dei
ragazzi non sono ancora definitivamente sviluppati, e forse il rugby
giovanile dovrebbe dividere i giocatori per categorie di peso, come gli
sport di combattimento.In Francia anche il ministro dello sport Roxana
Maracineanu è intervenuto sull’argomento, dopo la morte di Nicolas
Chauvin, facendo pressioni sulla federazione francese per prendere dei
provvedimenti in merito.E’ un dibattito triste e che nessuno ha il
piacere di fare. Il mondo del rugby è da una parte spaventato,
dall’altra preoccupato di non perdere la faccia che ha faticosamente
lavorato per costruirsi di fronte al popolo di padri e madri che sono
felici di mandare i propri figli a giocare. E’ un dibattito necessario
per garantire un futuro a questo sport che è cresciuto, sotto tutti i
punti di vista, e rischia di andare fuori strada se le redini non
saranno tenute ben salde.Il gioco del rugby è cambiato: giocatori
sempre più grandi fisicamente, ritmi elevati, e un numero sempre
crescente di impatti. Il tutto in un contesto in cui si gioca sempre di
più, a tutti i livelli. Quando L’Equipe ha scritto che “il rugby
uccide”, non è stato per un attacco frontale, ma un grido d’allarme
perché tutto il mondo ovale affronti con coraggio la questione, e passi
all’azione per porre rimedi. Non solo in Francia.Lorenzo Calamai
In seguito a diversi incidenti mortali avvenuti nel nostro mondo
copio
ed incollo un interessante articolo di
Lorenzo Calamai pubblicato su On Rugby.it
Francia: tre morti in sette mesi sui campi da rugby, occhi puntati
sulla
palla ovale
Tre giovani stroncati da incidenti di gioco: il rugby è cambiato, e
World Rugby deve agire subito
âMia moglie è incinta. Avremo un maschio, ma non penso che lo
spingerò a giocare a rugby quando crescerà â ha detto Nick
Abendanon,
estremo del Clermont, a LâEquipe.
Sono passate quattro mesi da quella dichiarazione: erano i tempi
immediatamente successivi alla morte di Louis Fajfrowski, 21 anni,
deceduto negli spogliatoi di Aurillac in una amichevole
pre-campionato
dopo essere stato colpito da un attacco di cuore causato da un
placcaggio. Quella di Fajfrowski era la seconda morte di un giovane
rugbista in Francia nel giro di poco tempo: in maggio Adrien
Descrulhes
era stato trovato senza vita nel suo letto, per unâemoraggia
cerebrale
riconducibile ad un colpo subito sul campo. Il diciassettenne era
stato
vittima di una concussion nella partita disputata il giorno
precedente.
Questo fine settimana, il rugby ha pianto la morte di Nicolas
Chauvin,
giovane promessa del rugby parigino stroncato da un attacco cardiaco
conseguente alla rottura di una vertebra cervicale in un placcaggio.
Si
tratta della terza vittima negli ultimi sette mesi, in Francia, per
conseguenze dovute al gioco della palla ovale.
Intanto, nel resto del mondo altre fatalità accadono: in Canada
Brodie
McCarthy, un ragazzo di diciotto anni, è morto a maggio in uno
scontro
di gioco mentre vestiva la maglia del suo college, in Sudafrica un
uomo
di 31 anni, Kyle Barnes, in tour con il suo club statunitense, è
deceduto dopo aver subito un colpo alla testa in uno scontro di
gioco.
E in Italia Rebecca Braglia [1]è morta a maggio per le conseguenze
di
un placcaggio.
Troppe le vittime per continuare a pensare che siano tutte dovute ad
incidenti, anche se Brett Gosper, il CEO di World Rugby, si è
affrettato a definirli così, intervenendo ad una trasmissione
televisiva francese per sottolineare la rarità statistica del
verificarsi di tali tragedie.
La federazione internazionale, dâaltronde, ci sta mettendo impegno:
sono innegabili le azioni di World Rugby per migliorare la
deterrenza
del gioco pericoloso attraverso sanzioni più pesanti, tutto il
lavoro
di prevenzione e riconoscimento della concussion, i programmi di
formazione sulla salute dei giocatori e anche la sperimentazione di
nuove regole sullâaltezza del placcaggio. Tutte azioni fatte per
incrementare la sicurezza di chi gioca a rugby, senza snaturare il
gioco.
Potrebbe però non essere abbastanza: è indicativo che tutte le
vittime di rugby che abbiamo ricordato arrivino da un contesto non
professionistico, ma intermedio. Il giocatore di rugby di alto
livello
oggi deve subire grandissimi impatti, ci sono rischi e pericoli, ma
si
tratta della figura meglio preparata fisicamente e tecnicamente per
affrontarli.
Se guardiamo ai tre casi francesi, invece, vediamo tre giovani alle
prese con un rugby dove ci sono tantissime differenze fisiche, con
un
alcune caratteristiche del gioco âdei grandiâ, tanti impatti
violenti
ripetuti, ma con una preparazione mediamente inferiore.
âPer come è strutturato adesso [in Francia], il rugby non è adatto
a
un ragazzino di 15 anniâ ha dichiarato Jean Chazal, neurochirurgo
che
fa parte dellâequipe medica del Clermont e che cerca di far sentire
la
propria voce nel mondo del rugby francese.
Secondo Chazal ci sono troppi rischi, i corpi dei ragazzi non sono
ancora definitivamente sviluppati, e forse il rugby giovanile
dovrebbe
dividere i giocatori per categorie di peso, come gli sport di
combattimento.
In Francia anche il ministro dello sport Roxana Maracineanu è
intervenuto sullâargomento, dopo la morte di Nicolas Chauvin,
facendo
pressioni sulla federazione francese per prendere dei provvedimenti
in
merito.
Eâ un dibattito triste e che nessuno ha il piacere di fare. Il mondo
del rugby è da una parte spaventato, dallâaltra preoccupato di non
perdere la faccia che ha faticosamente lavorato per costruirsi di
fronte al popolo di padri e madri che sono felici di mandare i
propri
figli a giocare. Eâ un dibattito necessario per garantire un futuro
a
questo sport che è cresciuto, sotto tutti i punti di vista, e
rischia
di andare fuori strada se le redini non saranno tenute ben salde.
Il gioco del rugby è cambiato: giocatori sempre più grandi
fisicamente, ritmi elevati, e un numero sempre crescente di impatti.
Il
tutto in un contesto in cui si gioca sempre di più, a tutti i
livelli.
Quando LâEquipe ha scritto che âil rugby uccideâ, non è stato per
un
attacco frontale, ma un grido dâallarme perché tutto il mondo ovale
affronti con coraggio la questione, e passi allâazione per porre
rimedi. Non solo in Francia.
Lorenzo Calamai
References
1.
https://www.onrugby.it/2018/05/02/e-morta-rebecca-braglia-la-ragazza-ri
coverata-per-un-trauma-cranico-dopo-uno-scontro-di-gioco/
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