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[RUGBYLIST] I: R: la crisi della dirigenza sportiva
Salvatore Messina
totorugby a yahoo.it
Lun 11 Lug 2016 07:33:44 CEST
... che anche nel basket abbiano iniziato a fare la cagata pazzesca delle accademie????
Per quanto riguarda il rugby femminile per le ragazze che lo praticano è una scelta sportiva che presuppone un duro lavoro fisico mentre per i maschi è più una "scelta di stile di vita" che solo per una minima parte presuppone un lavoro fisico adeguato (farebbero calcio altrimenti o altri sport più "in").Ricordiamoci sempre che il rugby femminile NON è professionistico e i valori nel mondo si equivalgono perché praticato (ed allenato) nel tempo libero. Salvatore Messina
----- Messaggio inoltrato -----
Da: ilfalco7 <ilfalco7 a libero.it>
A: 'Rugbylist' <rugbylist a rugbylist.it>
Inviato: Lunedì 11 Luglio 2016 1:18
Oggetto: [RUGBYLIST] R: la crisi della dirigenza sportiva
Mi ricordo quando qualcuno elogia il basket italico che era un immagine vincente e creava giocatori x andare in Nba. Al contrario delle strutture accademie e federali. Dopo questo risultato cosa resta da dire?
Inviato dal mio dispositivo Samsung
-------- Messaggio originale --------
Da: Giovanni Ciraolo <jxcira a tin.it>
Data: 10/07/2016 23:06 (GMT+01:00)
A: 'Rugbylist' <rugbylist a rugbylist.it>
Oggetto: [RUGBYLIST] la crisi della dirigenza sportiva
La controprestazione del nostro basket che non va a Rio mi fapensare. Tra l’altro, il basket è tecnicamente parlando lo sport più vicino alrugby. Il fatto che le nostre squadre nazionali perdano terreno rispetto anuovi paesi emergenti non è casuale. Questi paesi hanno dirigenze sportive (anchedi club) formate da persone che possiamo definire simili ai nostri nonni delmiracolo economico, i quali vinsero un numero incredibile di medaglie a Romanel 60. Organizzammo allora una Olimpiade che era un modello di realizzazione,oggi nella capitale sarebbe già complicato scavare e riempire i buchi intornoal Foro Italico. Quali risorse c’erano allora in una Italia che emergeva agliocchi del mondo? C’era innanzitutto la speranza, cioè grandi aspettative versoil futuro come avrebbe detto Dickens. C’era poi un gap di capitale umano che progressivamentesi annullava rispetto alle nazioni di testa. E c’era la rassegnazione storica esociale del nostro popolo che si andava cancellando. Alcuni nipoti di queinonni di allora non sembrano oggi alla loro altezza. Forse in alcuni casi sicompra una società di club per fare uno, dieci, cento business plan in modo daavere uno, dieci, cento finanziamenti da parte di banche a caccia disperata diclienti in una economia a tasso zero dove tutto può nascere e talvolta può non esseremai esistito. I budget ci sono, eccome, anche nei nostri club storici dell’ovalia!Spesso non sono inferiori agli altri paesi. Ma talvolta non ci sono i ritorni, causal’ossessione della leva finanziaria che produce un aumento di perdite. In questa economia dove molti progetti non riescono a vivere, c’èuna cosa interessante. Vedo che le nostre universitarie seven hanno battuto leneozelandesi, ma ci sono stati altri eventi simili dello stesso tipo di recente;ovviamente sarebbe ridicolo trarne considerazioni generali, visto che tra l’altronel caso specifico il Giappone ci è davanti, ma è certo che lo sport femminileallargato al resto del mondo di lingua italiana ha tanta fame di vincere esembra possedere un numero di ottano più elevato. Per avere grossi successi sportivici vuole la combustione di tante risorse. I nostri nonni/e le possedevano alcento per cento. Troppo grande era il ricordo della guerra. I loro figli hannoavuto la birra a metà. I nipoti di oggi talvolta hanno troppi business plan inmente, e non sanno focalizzare completamente ciò che vogliono. g.ciraolo
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