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[RUGBYLIST] la stampa? R: R: R: R: Re: rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!
luciano37 a libero.it
luciano37 a libero.it
Mer 28 Ott 2015 19:39:17 CET
Anche se ormai ai margini, mi sento chiamato in causa come "stampa sportiva specializzata", per il giusto addebito che fa Giovanni Ciraolo qui sotto, di "poco publicizzare" certi eventi di contenuto tecnico che meriterebbero ben altra attenzione.
Mi preme dire che io stesso, e altri colleghi (non molti per la verità), di certe cose ci è sempre piaciuto discutere, sempre disponibili ad affrontare e aiutare a risolvere problemi di ogni tipo, ma la stampa in genere, soprattutto dopo l'avvento del professionismo e degli hotel a 5 stelle, è sempre stata considerata dal sistema un impiccio, un peso da sopportare con meno danni possibile.
Quando mai un giornalista può assistsre a un intero allenamento di una Nazionale? Quando mai un tecnico (tutti) o un giocatore (quasi tutti) è disponibile a parlare di tecnica con un giornalista? Quando mai in una conferenza stampa, ridotta ormai a un rito, si possono fare certe domande, senza che gli interlocutori si inalberino per "lesa maestà" se la domanda non fa parte della consuetudine (cioè del chiedere il nulla) ?..
Ai giornalisti 99 volte su 100 non resta che giudicare dalla tribuna (e secondo le proprie conoscenze, come detto obbligatoriamente limitate) quello che vedono sul campo. Che 99 volte su 100 è orribile o incomprensibile.
Per interessarsi di quel "che fa Brunel il giorno dopo" è necessario che ci sia disponibilità a spiegare (e insegnare se occorre), che ci siano rispetto e sensibilità per un mestiere non facile. La stima sarà poi il giornalista a più o meno meritarsela.
E' mai possibile che con tutti questi "cervelli" che gestiscono e decidono del nostro rugby,moltissimi anche discretamente remunerati, le colpe alla fine ricadano sulla stampa, che comunque non ha mai sbagliato un penalty o perso una palla al secondo passaggio? Nè mai ha fatto una formazione o scelto un approccio alla partita?
L'impressione è che noi della List stiamo affrontando e discutendo cose che dovrebbero far diminuire certi atteggiamenti presuntuosi e aprire un dialogo, ma che nessuno voglia "abbassarsi". Le conferenze stampa del presidente Gavazzi sullo "stato dell'unione", sono indubbiamente interessanti, ma perché non ci sono mai i responsabili del cosiddetto alto livello o della tecnica federale?.
Mi ero ripromesso di non disturbare più la List, ma mi ritengo ancora "stampa" e Giovanni, per così dire, mi ha "sfrucugliato".
Un saluto
Luciano Ravagnani
----Messaggio originale----
Da: jxcira a tin.it
Data: 28/10/2015 15.28
A: <rugbylist a rugbylist.it>
Ogg: [RUGBYLIST] R: R: R: Re: rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!
-->
Sempre in tema di rugby moderno vorrei proporre una relazione
che Pierre Villepreux ha presentato nel 1993 in Australia. Il testo è più
tattico che tecnico ma mi sembra divertente perché si esamina il problema del
“decision making” nel rugby: http://www.scvyouthrugby.net/IsRugbySafe/decisionmaking_1_.pdf
Invece sul sito di sergiozorzi.it che è un luogo internet
simpaticissimo anche per l’aggiornamento tecnico ho trovato delle risultanze
(proprio riferite alle abilità essenziali dei giocatori di rugby) del
recentissimo stage di Villepreux in Italia. Eventi del genere mi sembrano poco
pubblicizzati nella grande stampa, anche in quella sportiva specializzata:
forse perché oggi si preferiscono letture rapide per ricavarne opinioni ancora
più rapide! Vince la nazionale di rugby o di calcio? Ne siamo commossi e
tiriamo fuori la bandiera. Tuttavia il giorno dopo quanti di noi si interessano
a quello che fa un Brunel o un Conte e ai loro problemi? Più che una opinione
pubblica, seguiamo il ritmo dei flash di agenzia ed abbiamo quindi una opinione
pubblicata! E’ per questo che eventi di stage con personaggi carismatici anche
controcorrente meriterebbero più attenzione. Ci sono in FIR dei tecnici
internazionali per fare stage di aggiornamento (Broadbent, Barrett) ma ci
vogliono personaggi completi e soprattutto di grande autorità e fascino (magari
anche solo nei video didattici proposti) per fare vera università del rugby e
appassionare i giovani. Altrimenti in Italia l’attenzione nelle ore di
insegnamento non si mantiene.
g.ciraolo
Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it
[mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] Per conto di Luca Oliva
Inviato: lunedì 26 ottobre 2015 16:34
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: Re: [RUGBYLIST] R: R: Re: rugby situazionale: il pensiero di
Villepreux!
Ma
infatti nessuno afferma che Villlepreux sia un sostenitore dei no-skills.
Ciao.
Luca Oliva
Il 26/10/2015 16:23, Giovanni Ciraolo ha scritto:
Non mi sembra esatto interpretare Villepreux come sostenitore
del “no skills”! Per chi volesse approfondire sul web credo vi siano anche gli
ultimi stage fatti in Italia se non sbaglio del 2011 ed in ambiente molto
under. La critica di Villepreux negli ultimi anni si è rivolta soprattutto
verso il modello australiano di rugby totale. Villepreux non accetta il gioco
programmato, non accetta un modello tecnico che riduce enormemente la capacità
discrezionale del giocatore. Prigioniero della sua storia personale? In
effetti, chi è oggi colui che fa quel che Villepreux estremo eseguiva flirtando
con le linee di campo e accelerando su corridoi impossibili? Forse in parte ha
ragione lui, forse una porzione della testa del rugbista dopo il professionismo
è stata veramente neutralizzata e addormentata. Ma perché? Per correre meno
rischi! Pochissimi dirigenti nel rugby attuale vogliono correre rischi. La mancanza
di rischio nel gioco, è questo che il francese contesta. Non per nulla
Villepreux cita il rugby femminile come esempio tecnico da seguire perché nella
sua intuizione originaria è ancora simile al rugby maschile
ante-professionismo!
Gli skills sono fondamentali (scusatemi, ma gli skills non sono
stati sempre, per esempio, un punto forte dei centri d’oltralpe?) perché tra
l’altro risolvono dei match che sembrano pendere da una parte che non è quella
vera. Il match SA-NZD di sabato scorso è sembrato rientrare in questo caso.
Troppo duri gli AB, troppi passaggi multipli per una grande ma dispendiosa
difesa come quella dei Boks. Nel caso degli australiani prevale invece proprio
il gioco che Villepreux critica.
Siamo in un mondo pieno di low-cost e Villepreux romanticamente
si chiede (n.b. il personaggio è di sinistra gauche gauche!): ma è questo il
rugby che mi ha fatto innamorare? Ho praticato io un rugby low-cost? Aggiungo
che le tesi dei tecnici francesi vanno sempre spogliate di qualche eccesso: che
di solito è la troppa analisi. Una squadra è come un orologio, se guardi troppo
agli ingranaggi, perdi il senso delle lancette.
g.ciraolo
Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it
[mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it]
Per conto di paolo.valbusa a libero.it
Inviato: domenica 25 ottobre 2015 15:09
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] R: Re: rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!
Ha pensato che "gioco
situazionale" volesse dire
"no skills", e in tal senso ha improntato tutto il proprio
cammino e la propria impostazione teorica, con i risultati, mi peremtto di
dirlo, che sono sotto gli occhi di tutti ...
Quoto Luca Oliva. Anzi "quotissimo".
Cari saluti a tutti,
Paolo Valbusa
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----Messaggio originale----
Da: lucaoliver63 a gmail.com
Data: 25/10/2015 12.08
A: <rugbylist a rugbylist.it>
Ogg: Re: [RUGBYLIST] rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!
Mi spiace rispondere solo ora,
ma non riesco a farlo in "tempo reale".
Il concetto di rugby situazionale è qualcosa che Villepreux aveva ben chiaro in
testa, fin dal suo esordio alla guida della nazionale italiana (fine anni '70)
e poi da coach di Treviso, come ben ricordato da Gian Domenico Mazzocato.
Nessuno qui svuole sminuire i concetti di Villepreux, e me ne guarderei bene,
non vedo che titoli avrei per farlo, nè sottovalutare l'importanza che questi
concetti hanno avuto nello sviluppo del rugby italiano e non solo.
Quasi tutti questi concetti sono stati interiorizzati dal rugby moderno, e
basta guardare una qualsiasi partita di questo mondiale per rendersene conto.
Però, si faccia una riflessione:
- se è vero che un pilone deve partecipare al gioco aperto, non dovrà forse
avere nel proprio patrimonio tecnico un minimo di quegli skills necessari a
garantire un gioco di movimento, quali: linee di corsa, visione laterale,
passaggio dx/sx, capacità di giocare 2 vs 1, ecc. senza arrivare a delineare
skills di maggiore specializzazione, quali movimento in seconda linea dì'attacco,
ecc. ?
- se un trequarti centro deve entrare nei raggruppamenti, non dovrà forse avere
una tecnica corretta di approccio al punto d'incontro (entrata dal gate,
posizione delle spalle e del bacino, posizione di spinta, ecc.) ?
- dire che oggi il rugby non è un gioco specializzato è una falsità, e basta
sempre guardare un pò di rugby internazionale per rendersene conto: oggi tutti
i ruoli del rugby sono ad "alta specializzazione", dal pilone
all'estremo
E quindi ?
Probabilmente è solo questione di interpretazione. Qualcuno, non so chi, non mi
interessa, ed è certamente difficile andare a ripercorrerne le tracce, ad un
certo punto ha preso una strada traversa, ha sbagliato indicazione al bivio, e
si è impantanato in una strada senza uscita, con un bella sequoia crollata al
suolo a impedire il cammino ...
Ha pensato che "gioco situazionale" volesse dire "no
skills", e in tal senso ha improntato tutto il proprio cammino e la
propria immpostazione teorica, con i risultati, mi peremtto di dirlo, che sono
sotto gli occhi di tutti ...
Se poi continuiamo a produrre "gym monkeys", come argutamente detto
da Vittorio Munari in un intervento in un noto blog rugbystico italiano,
anzichè giocatori di rugby, che cosa ci aspettiamo ?
Il tempo per rettificare il tiro c'è sicuramente, basta rendersene conto e
provvedere rapidamente ...
Ciao a tutti.
Luca Oliva
Il 23/10/2015 16:29, Giovanni Ciraolo ha scritto:
Il termine “rugby
situazionale”, o per dirla linguisticamente più corretta “rugby di situazione”,
è stata anche una elaborazione sviluppata da Pierre Villepreux; data
l’influenza che questo rugbista ha esercitato sulla nostra scuola tecnica
italiana, credo che il suo pensiero sull’argomento (scritto da ultimo nel 2007
in prossimità della coppa del mondo in Francia) sia interessante e lo cito qui
di seguito:
“Improvvisamente (n.d.r.: nei
primi anni novanta) il rugby è cambiato. Cronologicamente, i primi frutti di
queste innovazioni sono del 1995, durante la Coppa del Mondo in Sud Africa:
gioco in movimento con sostituzioni di compiti tra avanti e 3/4. Mi ricordo che
nel 1998, durante un allenamento a Narbonne con il quindici di Francia, abbiamo
integrato con Jean-Claude Skrela questi giocatori distribuendo i cambiamenti.
Di’ a un pilone di non incollarsi sistematicamente alla palla, ma anche di
partecipare al gioco, e di’ anche agli estremi di raggiungere i raggruppamenti
…. beh durante questa formazione i giocatori sono rimasti sorpresi. Ciò ha
richiesto di modificare tutti i loro automatismi, le loro concezioni del gioco
ed il loro ruolo. Tutti i sistemi offensivi e difensivi sono stati messi in
discussione. Alcuni si chiedevano se fossero davvero fatti per questa nuova
forma di rugby (n.d.r. : senza regole rigide e prefissate).
Durante la fase di competizione, l'attuazione del nuovo rugby non si
perfezionava per il francese come per gli altri. Si avanzava a tentoni prima di
ottenere uno progresso significativo. Due disegni di gioco si sono andati
delineando. Nella prima versione, i lanci del gioco sono programmati, il che rende
le cose più facili. Questo approccio è stato quello degli australiani, che
avevano in testa fino a tre tempi di gioco con ruoli definiti per ogni
giocatore. La seconda concezione lascia invece al giocatore l’abilità di
posizionarsi sul terreno di gioco e di adattarsi all’andamento del match: si
può parlare in questo caso di “intelligenza situazionale” cioè di una
lettura di gioco superiore a quella tradizionale, e che richiede più
riflessione. E 'stata questa la nostra condotta tattica (n.d.r.: della nazionale
francese). Ma non iniziò nel 1998 o 1999. Lo Stade Toulousain l’aveva già
sperimentata in precedenza. Questo rugby ha comportato una forte difesa capace
di recuperare palla ma poi … con la palla in mano occorre fare anche le scelte
giuste!… (n.d.r.: è forse quello che i francesi non sanno più fare adesso!). In
Francia, penso che siamo sempre stati avanti nello sviluppo di questa capacità
(n.d.r.: mai sopravvalutarsi!), che gli anglosassoni chiamano "stile
francese". Secondo me, è qui che sono avvenuti i principali cambiamenti.
La semifinale Francia-Nuova Zelanda (WRC 1999) è stata aneddotica al riguardo”.
g.ciraolo
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