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[RUGBYLIST] rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!
Luca Oliva
lucaoliver63 a gmail.com
Dom 25 Ott 2015 12:08:04 CET
Mi spiace rispondere solo ora, ma non riesco a farlo in "tempo reale".
Il concetto di rugby situazionale è qualcosa che Villepreux aveva ben
chiaro in testa, fin dal suo esordio alla guida della nazionale italiana
(fine anni '70) e poi da coach di Treviso, come ben ricordato da Gian
Domenico Mazzocato.
Nessuno qui svuole sminuire i concetti di Villepreux, e me ne guarderei
bene, non vedo che titoli avrei per farlo, nè sottovalutare l'importanza
che questi concetti hanno avuto nello sviluppo del rugby italiano e non
solo.
Quasi tutti questi concetti sono stati interiorizzati dal rugby moderno,
e basta guardare una qualsiasi partitadi questo mondiale per rendersene
conto.
Però, si faccia una riflessione:
- se è vero che un pilone deve partecipare al gioco aperto, non dovrà
forse avere nel proprio patrimonio tecnico un minimo di quegli skills
necessari a garantire un gioco di movimento, quali: linee di corsa,
visione laterale, passaggio dx/sx, capacità di giocare 2 vs 1, ecc.
senza arrivare a delineare skills di maggiore specializzazione, quali
movimento in seconda linea dì'attacco, ecc. ?
- se un trequarti centro deve entrare nei raggruppamenti, non dovrà
forse avere una tecnica corretta di approccio al punto d'incontro
(entrata dal gate, posizione delle spalle e del bacino, posizione di
spinta, ecc.) ?
- dire che oggi il rugby non è un gioco specializzato è una falsità, e
basta sempre guardare un pò di rugby internazionale per rendersene
conto: oggi tutti i ruoli del rugby sono ad "alta specializzazione", dal
pilone all'estremo
E quindi ?
Probabilmente è solo questione di interpretazione. Qualcuno, non so chi,
non mi interessa, ed è certamente difficile andare a ripercorrerne le
tracce,ad un certo punto ha preso una strada traversa, ha sbagliato
indicazione al bivio, e si è impantanato in una strada senza uscita, con
un bella sequoia crollata al suolo a impedire il cammino ...
Ha pensato che "gioco situazionale" volesse dire "no skills",e in tal
senso ha improntato tutto il proprio cammino e la propria immpostazione
teorica, con i risultati, mi peremtto di dirlo, che sono sotto gli occhi
di tutti ...
Se poi continuiamo a produrre "gym monkeys", come argutamente detto da
Vittorio Munari in un intervento in un noto blog rugbystico italiano,
anzichè giocatori di rugby, che cosa ci aspettiamo ?
Il tempo per rettificare il tiro c'è sicuramente, basta rendersene conto
e provvedere rapidamente ...
Ciao a tutti.
Luca Oliva
Il 23/10/2015 16:29, Giovanni Ciraolo ha scritto:
>
> Il termine “rugby situazionale”, o per dirla linguisticamente più
> corretta “rugby di situazione”, è stata anche una elaborazione
> sviluppata da Pierre Villepreux; data l’influenza che questo rugbista
> ha esercitato sulla nostra scuola tecnica italiana, credo che il suo
> pensiero sull’argomento (scritto da ultimo nel 2007 in prossimità
> della coppa del mondo in Francia) sia interessante e lo cito qui di
> seguito:
>
> “Improvvisamente (n.d.r.: nei primi anni novanta) il rugby è cambiato.
> Cronologicamente, i primi frutti di queste innovazioni sono del 1995,
> durante la Coppa del Mondo in Sud Africa: gioco in movimento con
> sostituzioni di compiti tra avanti e 3/4. Mi ricordo che nel 1998,
> durante un allenamento a Narbonne con il quindici di Francia, abbiamo
> integrato con Jean-Claude Skrela questi giocatori distribuendo i
> cambiamenti. Di’ a un pilone di non incollarsi sistematicamente alla
> palla, ma anche di partecipare al gioco, e di’ anche agli estremi di
> raggiungere i raggruppamenti …. beh durante questa formazione i
> giocatori sono rimasti sorpresi. Ciò ha richiesto di modificare tutti
> i loro automatismi, le loro concezioni del gioco ed il loro ruolo.
> Tutti i sistemi offensivi e difensivi sono stati messi in discussione.
> Alcuni si chiedevano se fossero davvero fatti per questa nuova forma
> di rugby (n.d.r. : senza regole rigide e prefissate).
> Durante la fase di competizione, l'attuazione del nuovo rugby non si
> perfezionava per il francese come per gli altri. Si avanzava a tentoni
> prima di ottenere uno progresso significativo. Due disegni di gioco si
> sono andati delineando. Nella prima versione, i lanci del gioco sono
> programmati, il che rende le cose più facili. Questo approccio è stato
> quello degli australiani, che avevano in testa fino a tre tempi di
> gioco con ruoli definiti per ogni giocatore. La seconda concezione
> lascia invece al giocatore l’abilità di posizionarsi sul terreno di
> gioco e di adattarsi all’andamento del match: si può parlare in questo
> caso di “_intelligenza situazionale_” cioè di una lettura di gioco
> superiore a quella tradizionale, e che richiede più riflessione. E
> 'stata questa la nostra condotta tattica (n.d.r.: della nazionale
> francese). Ma non iniziò nel 1998 o 1999. Lo Stade Toulousain l’aveva
> già sperimentata in precedenza. Questo rugby ha comportato una forte
> difesa capace di recuperare palla ma poi … con la palla in mano
> occorre fare anche le scelte giuste!… (n.d.r.: è forse quello che i
> francesi non sanno più fare adesso!). In Francia, penso che siamo
> sempre stati avanti nello sviluppo di questa capacità (n.d.r.: mai
> sopravvalutarsi!), che gli anglosassoni chiamano "stile francese".
> Secondo me, è qui che sono avvenuti i principali cambiamenti. La
> semifinale Francia-Nuova Zelanda (WRC 1999) è stata aneddotica al
> riguardo”.
>
> g.ciraolo
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