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[RUGBYLIST] R: la batosta dei "migliori"
Salvatore Messina
totorugby a yahoo.it
Mar 10 Giu 2014 16:00:06 CEST
Rispondo subito perché il "seguito" non riguarda la Francia.
Sono d'accordo ma ti dico che il malessere è più profondo e lo si potrebbe chiamare "problema Tolosa/Noves".
La crisi del colosso FORMATORE è la crisi stessa della Francia e del rugby "educativo". E' indubbio che la formazione del giocatore professionista non può passare attraverso i normali canali educativi globali. Nemmeno solo attraverso un percorso unicamente competitivo. Sperare che un ragazzino diventi un nazionale e possa gareggiare alla pari con uno neozelandese formandosi nel rugby scolastico OGGI è utopia. Il livello di competitività è cresciuto (se sia bene o male non ne voglio discutere ora) e i giocatori vanno educati anche a questo. Il professionismo aiuta economicamente ma allo stesso modo crea maggiore pressione quando una sconfitta può crearti un danno anche economico che si ripercuote sulla vita di tutti i giorni.
Perdere una finale lascia un ricordo amaro ma se insieme perdo anche un lavoro il segno è tangibile e concreto non solo emotivo.
Per ovviare a questo spesso si ricorre ad un "programma di protezione" dei migliori giocatori. Funziona ma non per sempre e non garantisce mai la top performance.
Per quanto riguarda Brunel o S.A. il loro apporto non è così determinante come si potrebbe pensare. Un Director of Rugby non ha il compito di insegnare a passare la palla e nemmeno di definire la tattica di gioco. Segue gli allenatori, i preparatori e gli istruttori individuali coordinando il tutto e facendo avanzare tutti lungo la sua linea tecnica.
Un professionista non può avere risultati altalenanti ma costanti o comunque con alti e bassi di prestazioni ma sempre in costante crescita. Lo stesso vale per il club o la nazionale. La Francia è secondo me (non solo) in un momento di forte crisi d'identità. E' stato distrutta la visone di gioco di Laporte perché poco "francese" (anche se vincente) e ora questi dimostra che il suo gioco strutturato, se ben eseguito, batte quello interpretativo.
La linea di passaggio dei neozelandesi è tutto fuorché creativa ma è letale se ben innescata, sia nel gioco offensivo sia nel gioco rotto o di rimessa. Quella francese è pericolosa solo nel gioco rotto, altrimenti è troppo lenta e quindi difendibile.
Salvatore Messina
Il Martedì 10 Giugno 2014 14:55, Giovanni Ciraolo <jxcira a tin.it> ha scritto:
Aspettando il tuo seguito....sono
d'accordo con te sul contrasto tra clubs e federazioni e sul modo di superarlo
(o di non superarlo) che diverge tra i diversi paesi. In Francia posso dire
che il contrasto tra lega ed istanze federali esiste, come certamente tu sai, da
molti anni, ed ancora non trova soluzioni. Il tempo a disposizione per i
responsabili della nazionale di avere a sufficienza i giocatori convocati è
veramente poco. In alcuni casi, pochissimo. E mi sembra d'altronde
difficile chiedere di più ai clubs, che spesso hanno leaders mediatici
superiori. A questo punto il CT in una nazionale conta,
eccome. Quando c'è un CT che tende al dubbio, alla critica ed
all'autocritica ed in generale al pensiero descrittivo rispetto allo
stimolo delle emozioni di gioco come è il caso nella Nazionale francese
attuale, ebbene è probabile che pure i giocatori sposino l'atteggiamento e
si può verifcare che ad un match positivo successivo ad una
analisi critica approfondita e ad un rimescolamento di giocatori e titolari ne
segua un altro affontato con un certo vuoto ottimismo magari risultante in
una disfatta. Tieni conto che nell'ultimo test con l'Australia i francesi
accumulavano un passivo record fino agli ultimissimi minuti, quindi si può
parlare di una disfatta completa con commenti unanimemente
catastrofici. Questo fatto di alternare sconfitte senza
scusanti (vedi nell'ultimo test della Francia: tutti i duelli perduti in un
match etc..) a vittorie inattese, e magari immeritate, sono proprie della
Francia (vedi l'ultima WRC) ma un pò anche dell'Italia. In generale siamo
due paesi con un bagaglio tecnico-agonistico vicino anche se ovviamente il
serbatoio talenti è molto diverso e non esistono (credo) due nazionali che
giocando male possono permettersi di arrivare in una finale di coppa del
mondo: forse al mondo ne esiste una sola, quella dei galletti!
Ho stima di Brunel. Ma visto che
non abbiamo al momento una importante rosa di giocatori da plasmare, vedrei oggi
più un organizzatore, un Berbizier II a completare Brunel.
Contrariamente ai francesi, noi
per vincere dobbiamo giocare bene. E' questo un limite, non una
risorsa.
g.ciraolo
----- Original Message -----
>From: Salvatore Messina
>To: rugbylist a rugbylist.it
>Sent: Tuesday, June 10, 2014 12:41 PM
>Subject: Re: [RUGBYLIST] R: la batosta dei "migliori"
>
>
>Leggo e condivido molte argomentazioni che, tuttavia, sono espresse in maniera un po' disordinata. Vediamo di capirci meglio.
>
>
>FRANCIA
>Di giovani non è che non ce n'erano ma dobbiamo anche considerare che il mondiale è l'anno prossimo e per preparare una squadra che aspiri alla vittoria ci vuole tempo. Non basta saperli scegliere (avendone...) ma bisogna anche creare un amalgama tra giocatori che si trovano solo per pochi periodi all'anno e per il resto giocano in squadre diverse ed in competizione tra loro.
>La brutta prestazione, che tra l'altro prosegue il periodo di declino della nazionale francese, non c'entra nulla con questo. La Francia ha una scuola di rugby di alto livello ma per "arrivare" all'alto livello i giovani formati devono giocarci e farlo il prima possibile. Infatti il Toulon ci insegna che l'esperienza (sulla base di doti atletico/tecniche e mentali elevate) è fondamentale per raggiungere i traguardi più alti. I club (ma di riflesso tutto il movimento nazionale) aspirano al massimo e tra un buon giocatore giovane ed uno con più esperienza scelgono ovviamente il secondo. Certo che per un fuoriclasse giovane (Sexton) il posto c'è sempre. La competizione però non è più solo interna (campionato nazionale) dove "ogni scarrafone è bello a mamma sua", vale a dire dove l'ultima delle aperture mondiali può essere la migliore nazionale, ma anche europea. Ovvio che in questo caso i club comprano sul mercato internazionale. Di
conseguenza, se tra Clermont, Racing, Castres e Toulon i piazzatori sono stranieri e la migliore apertura francese (nemmeno più giovanissima) ha praticamente fatto la stagione in tribuna (giustamente dietro a Wilkinson e Giteau), trovo difficile che, in una partita in cui l'avversario deve dimostrare di essere tornato ad altissimo livello ed a poche settimane dalla fine di un campionato estenuante (26 partite per chi non è arrivato ai play off più la Heineken Cup per alcune squadre), si potesse sperare in un risultato migliore. Tenuto anche conto che il livello tecnico/atletico degli australiani era decisamente superiore ai francesi (a parte Michalak, Fofana, Huget). Secondo me, poi, il problema principale dei transalpini è che sono anni che giocano con formazioni "sperimentali" ed in questo modo trovo impossibile creare una squadra (ci sono passati anche gli All Blacks con un turn-over esagerato della prima gestione Henry).
>A questo punto, dando anche un'occhiata ai giovani U20 inglesi, la domanda è: club o nazionale? I club forti realizzano introiti ingenti che finanziano tutto il movimento ma questi incassi sono dovuti alla presenza dei fuoriclasse che praticano un gioco spettacolare e vincente, fuoriclasse che però troppo spesso non possono giocare in nazionale. Una nazionale forte traina il movimento ma azzera i clubs e, di conseguenza, deve preoccuparsi anche e sopratutto di fare formazione. La Francia sta adottando un modello misto sbilanciato verso i clubs e la nazionale cala di livello. Gli inglesi altro modello misto ma sbilanciato verso la nazionale e, pur ottenendo mediamente di più, ancora non competono con gli australi. Il Galles è praticamente allo sbando e si mantiene solo grazie al miglior tecnico al mondo e ad una scuola di base di alta competenza tecnica, mentre l'Irlanda ha copiato il sistema neozelandese e, considerando le differenze
etniche (struttura fisica degli "isolani"), è l'unica nazionale tecnicamente in grado di competere con la SANZAR.
>Personalmente ritengo che dopo la prossima RWC ci saranno ampi cambiamenti ed anche il rugby europeo (se non vorrà trovarsi schiacciato anche da Giappone, USA e Canada) si dovrà adattare al sistema a base provinciale. Le basi sono già state gettate: campionato unico europeo sulla falsariga del S16 australe con franchigie appartenenti a 3 conferences (4 inglesi, 4 francesi, 3 irlandesi, 2 gallesi, 1 scozzese e 1 italiana [forse]). Vale a dire la prossima Champions Cup trasformata a campionato regolare.
>Ormai, se si vuole mantenere la tradizione delle squadre nazionali, i campionati interni devono diventare sempre più delle palestre per i giovani, favorendo l'aggregazione fra i club e mettendo in secondo piano il risultato sportivo rispetto alla formazione. Questo fino al professionismo che oramai rimarrà confinato all'alto livello internazionale (seguendo un po' il sistema PRO USA).
>
>segue....
>
>
>Salvatore Messina
>
>
>
>Il Domenica 8 Giugno 2014 17:55, ilfalco7 <ilfalco7 a libero.it> ha scritto:
>
>
>
>
>
>Concordo.
>
>
>Inviato da Samsung Mobile
>
>-------- Messaggio originale --------
>Da:
Giovanni Ciraolo
>Data:07/06/2014 23:36 (GMT+01:00)
>A:
rugbylist a rugbylist.it
>Oggetto: [RUGBYLIST] la batosta dei "migliori"
>
>
>La formidabile batosta subita dalla Francia contro i Wallabies (23-50), con il rischio scongiurato solo in finis di incassare il record assoluto di passivo, mi fa pensare. Perché anche in questi test si fanno giocare molti giocatori tra i "migliori" della nazione? Un tempo la parola "migliore" aveva anche un significato politico ed indicava chi è insostituibile. Non capisco perché gli allenatori di oggi siano insensibili a mettere alla prova nuovi giocatori, magari anche i più forti fisicamente. Non si riesce più a vivere la propria età. Anche nel calcio Prandelli ha fatto giocare al massimo un elemento già affermato e confermato come Montolivo ed il risultato è che l'abbiamo perduto per il Mondiale. Siamo in una fase in cui non ci rendiamo più conto della positività della giovinezza ed anche dell'ingenuità che dovrebbe marcare gli anni verdi. Così è difficile studiare percorsi e metodi. Infatti si studiano recuperi più che
lanci nella mischia! Ormai si vedono adolescenti dare delle lezioni di educazione sentimentale agli adulti. Peccato!
>g.ciraolo
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