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[RUGBYLIST] I: R: I: R: R: R: R: Malagò e la scuola
Salvatore Messina
totorugby a yahoo.it
Mar 5 Ago 2014 11:26:44 CEST
Il tempo non è tanto una variabile quanto un'unità di misura...
Se in 10 anni non faccio nulla non succede nulla, se faccio male distruggo.
Non è che basta far vedere una partita del 6 Nazioni a 100 bambini e dopo 10 anni ottengo 100.000 tesserati e 100 campioni. Non solo si deve seminare bene ma anche arare e fresare il terreno prima, concimarlo, irrigarlo, tenere le piantine libere da parassiti ed infestanti e quando sono troppo malate eliminarle. Solo alla fine potremo raccogliere i frutti.
Diciamo dunque che, dopo 10 anni di fashion-rugby, ci stiamo accorgendo che la coltivazione del campo non funziona e invece di seminare grano da seme, per poi piantare nuovi campi, è stato seminato grano da macina, per fare subito il pane.
Salvatore Messina
Il Lunedì 4 Agosto 2014 23:50, Giovanni Ciraolo <jxcira a tin.it> ha scritto:
Non ci stiamo un po’ incartando? A me pare che nello
sviluppo del rugby vi sia una variabile più importante, più decisiva del tipo
di società presenti in Italia e dei bacini di potenziali giocatori. Questa
variabile non sostituibile è il tempo. Nel rugby conta soprattutto da
quanto tempo un determinato paese ha iniziato seriamente a giocare e su scala
internazionale. Tra le 10-11 maggiori nazionali nel mondo rugbistico la quasi
totalità deriva dalla Gran Bretagna e dalle sue colonie. Questi paesi sono
particolari, hanno respirato rugby da molto più tempo degli altri. Non si possono
bruciare le regole del tempo nel rugby! Non c’è nulla di improvvisato nel
rugby essendo uno sport dove un giocatore deve imparare a prendere decisioni molto
rapide trasformandole in scelte istintive.
Ci vuole tempo per migliorare e nel rugby storico conta essenzialmente
da quanto tempo un paese, le sue scuole, le sue tradizioni hanno giocato ad un
livello internazionale. I gap temporali esistono, sono decisivi. Anche l’Argentina
non fa eccezione, visto che ha iniziato decisamente prima di noi ad avere
tornei di un certo riguardo. Salvo Fiji e Samoa che arrivarono solo pochi anni
più tardi, si può dire che un rugby internazionale esisteva già nel 1910 o giù
di lì. Purtroppo il largo pubblico non conosce questa variabile del tempo perché
l’immagine del rugby nel nostro ed in altri paesi (forse anche in Germania?)
è ancora in maggioranza ferma al piccolo quadretto del rugby giocato tra uomini
bruti, da personaggi senza regole mentre tutti invece sappiamo delle estreme sottigliezze
di questo gioco che richiedono anni e decenni di assorbimento. Certo,
lavorare sui bambini può avvantaggiare perché il cervello dei piccoli è plastico
ed apprende più rapidamente. Ma la variabile temporale del rugby rimane quella
decisiva. Del resto nel rugby il bambino richiede un adulto, più di un adulto,
e poiché si tratta di uno sport di squadra sono necessari altri bambini che giocano
altrove ed una comunità rugbistica che ama il rugby, che gioca il rugby e che guarda
il rugby su base costante (non solo in occasione della nazionale) e che fa lega
e quindi moltiplica i tornei ma questo richiede tempo ed il rugby non è veramente
popolare se non dopo decenni, questa dice la storia di questo sport e la storia
è maestra di vita. Non ce ne rendiamo conto ma il fatto di stare nel 6 Nazioni
ci ha permesso di accelerare un po’ la nostra indispensabilmente lunga ed
ancor da venire evoluzione rugbistica nel senso di cominciare a stare in campo in
un certo modo che non è quello di 10 anni fa. Allenare bambini è una cosa
meravigliosa ma è uno solo dei tanti problemi/opportunità che abbiamo davanti.
Rispetto al numero di generazioni che hanno fondato e sviluppato il rugby nel
mondo, noi ne abbiamo avute forse la metà in meno (stima molto ottimistica).
Ok, il mondo moderno è più veloce e permette di bruciare qualche piccola tappa,
ma se in Italia fossero sufficienti 2/3 generazioni per avere un rugby da
quarto di finale di RWC (ovviamente perduto), ci metterei una tripla firma.
Da:rugbylist-bounces a rugbylist.it
[mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] Per conto di Oliver63
Inviato: lunedì 4 agosto 2014 23.00
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: Re: [RUGBYLIST] I: R: R: R: R: Malagò e la scuola
salve a tutti, vi dò la mia versione delle cose ...
in Italia le società di rugby sono o ASD o SRL, vediamole dunque come delle
piccole imprese a conduzione familiare ...
come si approccia il "mercato" delle scuole e più in generale la
promozione ... ?
ognuna ha una sua piccola, artigianale, filosofia di "marketing" ...
volantini, locandine, articoli sul giornale, qualche intervista o servizio su
tv locali ...
e poi la "festa della birra" o "della salsiccia" o della
"palla ovale" ... eventi organizzati per raggranellare qualche
dindino e per farsi un pò di pubblicità ...
e nelle scuole ? tutto è rapportato alle risorse a disposizione: qualche
tecnico o educatore più libero la mattina, qualche studente-giocatore, più
raramente un allenatore-professionista pagato dalla società, rarissimi i
laureati in scienze motorie ...
si fa un programma contattando le scuole, nelle realtà più articolate
l'attività è filtrata dall'ufficio scuola del provveditorato con la
supervisione del coni provinciale
3-5-10 interventi per classe, nelle classi che sono disponibili, la
costituzione di un gruppo sportivo o di un ente scolastico laddove il dirigente
scolastico è più sensibile
l'ente scolastico partecipa a qualche concentramento, prende in genere sonore
scoppole, a qualsiasi livello (dall'under 8 all'under 12 la preparazione non è
sufficiente) ... partecipa al campionato nazionale delle scuole ...
alla fine della fiera (leggi: anno scolastico) qualcuno si mantiene fedele, e
l'anno successivo si iscrive ala "scuola di rugby" ...
percentuali ? di proseguimento dell'attività bassissime, diciamo il 2-3% dei
contatti, il 10% degli iscritti all'ente scolastico
dove sta il problema ? dov'e' l'errore nell'approccio ?
torno al punto iniziale: le società sono piccole aziende a conduzione
familiare, e ognuna di esse gestisce l'attività di propaganda, nelle scuole e
non, costruendo la propria personale, artigianale "strategia di
marketing" ...
la spiegazione del fenomeno sta dunque proprio nel suo punto di partenza ...
prendete un qualunque settore merceologico in cui l'impresa è parcellizzata in
mille realtà frammentate ... passate poi ad analizzare un settore merceologico
in cui vi è concentrazione d'impresa ... ditemi dove sono più elevati i valori
di fatturato ...
in sintesi, fino a che il reclutamento sarà affidato alle società=piccole
imprese i valori di fatturato=reclutamento complessivi saranno sempre
minoritari e marginali, poichè manca una visione strategica d'insieme e la
possibilità di sfruttare apposite economie di scala ... quando le società
saranno considerate come uffici in franchising di una impresa che opera a
livello nazionale=la federazione, i valori di fatturato=reclutamento non
potranno che aumentare ...
Il 04/08/2014 16:58, Salvatore Messina ha scritto:
Chapeau!!!!
Praticamente il 70% dei ragazzi da voi giocano a rugby!!!! Nemmeno in Galles....
Salvatore Messina
Il Lunedì 4 Agosto 2014 14:28, ilfalco7 <ilfalco7 a libero.it> ha scritto:
Inoltre non parlavo dei numeri dei tesserati ma dei ragazzi in eta scolare che possano essere selezionati per il rugby. Nelle scuole dove lavoriamo riusciamo a far giocare il 60 - 75 % dei ragazzi.
Inviato da Samsung Mobile.
-------- Messaggio originale --------
Da: luciano37 a libero.it
Data:03/08/2014 18:01 (GMT+01:00)
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] R: R: R: Malagò e la scuola
Condivido Giorgio, eccome. E non da ora.
Esperienza personale: quando anni fa, molti anni fa purtroppo, andavo in vacanza con figlio piccolo al seguito, il problema era non far annoiare il bambino durante le soste. Nel bagagliaio un pallone da rugby ed era fatta. E non c'era ancora il Sei Nazioni e la tv globale!
Un giorno, sul prato della Basilica del Macereto, nelle Marche, mio figlio, avvicinandosi col pallone a un gruppo di bambini, ebbe dapprima curiosità poi un successo enorme. Dopo pochi minuti tutti amici e tutti a giocare. Ho ancora una foto: 17 bambini. E intanto i genitori facevano conoscenza, Il che non guasta mai, e apprendevano che il rugby non era quello dei film americani.
Se si può fare nei prati, sì, penso si possa fare anche a scuola, anche con numeri ristretti....
L. Rav.. .
----Messaggio originale----
Da: gima_g a libero.it
>Data: 03/08/2014 15.21
>A: <rugbylist a rugbylist.it>
>Ogg: [RUGBYLIST] R: R: Malagò e la scuola
>
>Se volete fare un processo agli insegnanti mi ritiro in buon ordine, se invece volete provare a discutere di lanciare il Rugby nella scuola italiana dobbiamo parlare realisticamente.
>Se andiamo in una qualunque scuola italiana dalle elementari alle superiori e mettiamo in mano un pallone da rugby ai bambini/ragazzi questi si divertiranno molto più che provando qualsiasi altro sport !!!!!
>IMPOSSIBILE CHE NON CONDIVIDIATE
>Allora creiamo le strutture con del personale adatto per fare ciò, dalla presentazione del progetto al Direttore didattico ai tecnici preparati che affianchino maestri/insegnanti ed il risultato arriverà in poco tempo.
>Poi ...... vedi puntate precedenti
>
>
>un abbraccio a tutti
>
>
>Giorgio
>
>
>----Messaggio originale----
>Da: jeppo678 a virgilio.it
>>Data: 03/08/2014 10.26
>>A: <rugbylist a rugbylist.it>
>>Ogg: [RUGBYLIST] R: Malagò e la scuola
>>
>>
>>Visitando molte scuole in tutte le parti d'Italia è molto raro
vedere un insegnante di Educazione Fisica indossa una tuta, e in realtà di
insegnare tecniche e abilità. Jeans, caffè e giornale sono all'ordine del
giorno, comprese le conversazioni su imminente pensionamento e 'non vedo
l'ora'.
I giovani possono scegliere di non partecipare in attività
motoria a tutte le età, senza motivo particolare. Alcuni prendono parte senza
cambiare i loro vestiti, ma sono dotate di spray deodoranti per dopo. Ci sono
poche altre materie scolastiche che possono scegliere di partecipare
(religione?).
La gente va in palestra, ma si lamentano che non possono
parcheggiare abbastanza vicino, o che devono salire le scale per raggiungere la
palestra. Portano cmq. le ultime mode nell'abbigliamento palestra.
>>Luciano fa giustamente notare le statistiche relative alla
partecipazione, e questo; in qualche modo; in grado di spiegare le cifre basse.
Egli ha tuttavia chiesto la domanda migliore; quanti
insegnanti/allenatori/educatori sono preparati per insegnare l'attività di
qualità nelle scuole? Vorrei chiedere; Quanti club in realtà monitorare il
progresso e lo sviluppo delle loro allenatori, e offrono percorsi di
miglioramento? Qui abbiamo poi una anomalia; molte persone con tempo per
visitare le scuole e insegnare lo sport sono anche disoccupati. Possano essere
invitato a partecipare ad un aggiornamento tecnico ogni due anni per mantenere
la loro tessera F.I.R.. Questo spesso può essere lontano 100 km., e la spesa può
essere proibitivo.
Troppi club; e cito per esperienza diretta; vedano i loro
allenatori Mini Rugby come babysitter. Se l'allenatore è assente allora chiunque
farà; un paio di giocatori Under 16; un genitore ecc. Un presidente di club mi
ha chiesto perché era necessario per gli allenatori di essere qualificati e
perché avevano bisogno di frequentare corsi di aggiornamento. "Loro sanno come
giocare il rugby; hanno giocato per 15 anni in C1, sanno come allenare ...
".
I club in zone di rugby stabiliti non hanno alcun problema con
il loro reclutamento, e sono aiutati da finanziamenti F.I.R. per premiare 2 x
Under 14 ecc. Forse questi premi dovrebbero invece essere assegnati ai club che
stanno effettivamente cercando duramente per avere uno Under 14, ma lotta perché
mancanza di risorse; non può ottenere uno sponsor per pagare la benzina
dell'educatore, ecc.
Nell'ambiente federale sembra che la direzione in alto (la
testa del pesce) può cambiare, così come lo strato successivo di gestione. La
gestione attuale rapporti coi club non cambia mai però; è completamente
indipendente dalla dirigenza, e chiede semplicemente la gestione superiore a
ratificare i loro piani. Questo significa che i dipendenti sono 'auto-eletto',
non vi è concorrenza per posti di lavoro regionali, selezionando semplicemente
un lavoro per l'uomo, non l'uomo migliore per il lavoro. Non stupisce quindi che
le cose non cambiano mai, solo il volume di ciecamente dire 'sì'.
Jeppo
>>
>>-----Messaggio originale-----
>>From: piero filotico
>>Sent: Sunday, August 03, 2014 1:03 AM
>>To: rugbylist a rugbylist.it
>>Subject: [RUGBYLIST] R: Malagò e la scuola
>>
>>Caro Luciano, secondo me hai ragione da vendere e per questo mi fa
infuriare
il tempo e i soldi persi stupidamente fin dal primo 6 Nazioni che
tanti
entusiasmi fece nascere. Se si fosse cominciato allora a lavorare su
un
progetto serio, quanti bambini di quegli anni avremmo oggi sui campi?
E
quale sarebbe stato lo sviluppo geometrico del proselitismo? E chissà
che
qualche altro talento non fosse già pronto?
>>Ora tocca ricominciare daccapo, ma non mi pare che l'attuale vertice
sia
molto diverso da quello dondiano.
>>
>>-----Messaggio originale-----
>>Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it
[mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it]
Per conto di luciano37 a libero.it
>>Inviato: sabato 2 agosto 2014 18:53
>>A: rugbylist a rugbylist.it
>>Oggetto: [RUGBYLIST] Malagò e la scuola
>>
>>Cari amici di rugbylist,
>>ho letto e continuo a leggere con grande interesse il dibattito in List
sul
rugby e la scuola, che va avanti da parecchi giorni e desideravo mettere
nel
discorso il problema demografico, che - se non mi sono perso qualcosa -
non
mi pare sia stato mai citato.
>>Assodato che tutti gli sport puntano sulla scuola, non è importante - è
una
domanda, non una critica - nella scelta e/o nello sviluppo di un
progetto,
anche il numero a disposizione dei potenziali educatori dei futuri
>>rugbisti?.
>>Cito a memoria ma mi pare che, dati Istat, i nati in Italia (Paese a
>>crescita
>>zero) nel 2013 siano stati poco più di 510 mila, grosso modo metà maschi
e
metà femmine.
>>Sempre nel dibattito scuola-sport (che non è, quindi, solo del rugby)
ho
letto poco tempo fa che il calcio, che ha 13 volte i tesserati del
rugby,
attirerebbe almeno il 50 per cento dei bambini orientati allo sport,
seguito
da volley, basket e nuoto. Se la stima è concreta, fatti - anche
>>all'ingrosso - i dovuti conti e senza trascurare tutti gli altri sport
non
citati (arti marziali, tennis, ciclismo ecc.) il rugby avrebbe a
>>disposizione forse 10-15 mila bambini all'anno, femminucce comprese,
sui
quali "operare". Ma proprio Malagò ha detto che in Italia circa il 40
per
cento non fa nessuno sport. La cifra si riduce ulteriormente e il lavoro
mi
pare diventi veramente improbo per l'organizzazione del nostro rugby.
Un
bambino al rugby può equivalere alla scoperta di un tesoro? .
>>Se la mia osservazione è proprio fuori tema, scusate l'intrusione
Luciano
Ravagnani
>>
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