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[RUGBYLIST] I: CI E' ANDATA BENE
Salvatore Messina
totorugby a yahoo.it
Mar 10 Dic 2013 09:37:46 CET
1) Le distanze con le grandissime (Nuova Zelanda, Sudafrica, Australia, Inghilterra ) sono rimaste siderali;
Hai centrato il problema: come in tutto in Italia si copia quello che gli altri facevano 10/20 anni prima, come le serie televisive trasmesse negli anni '80 ma uscite negli U.S.A. negli anni '60; meno male che oggi, con internet e le facilitazioni a viaggiare, si riesce a rimanere aggiornati; lo facessero quelli che decidono, invece di avere rapporti solo con i vertici delle altre union, che decidono le strategie politiche/economiche ma non capiscono un tubo di tecnica di gioco. Il risultato è che noi facciamo progressi (e tanti) ma gli "altri" mantengono le distanze, sopratutto in uno sport che è ancora agli albori tecnici/organizzativi. Forse fra 20 anni, quando lo sviluppo si assesterà, raggiungeremo fisiologicamente la posizione che le potenzialità demografiche ed economiche del nostro paese ci consentono. Peccato che adesso sia tra le 10 posizioni e fra vent'anni a livello degli attuali paesi del terzo mondo...
2) Nel quadro europeo non ci siamo mossi dal nostro posto quanto a scala di valori. Prestazioni di grazia come contro la Francia sono episodi più unici che rari;
Come sopra... Il fatto è che la Francia non è in uno stato di grazia (per motivi diversi ed in parte simili ai nostri), come l'Argentina. Oggi l'alto livello internazionale ha bisogno di strutture ed organizzazioni diverse, molto simili a calcio e basket NBA, rispetto a quelle tipiche delle federazioni C.I.O. La differenza è che la nostra base tecnica, costruita a prescindere dalla capacità formativa dei clubs italiani, ci permette, in caso di prestazione al 100% nostra e deficitaria altrui, di portare a casa un risultato. Il problema è che, sia da parte della stampa non specializzata (quella specializzata segue, sopratutto oggi, i comunicati federali) sia da parte del "pubblico" (formato principalmente da neofiti e non "addetti ai lavori"), questa valutazione non viene fatta. Nel rugby, come in tutti gli sport di combattimento (il nostro si dovrebbe definire sport di combattimento di gruppo), dando per scontata la base atletica e
muscolo/scheletrica, l'attitudine mentale alla partita è fondamentale e prioritaria.
3) Nel ranking mondiale siamo sempre lì, sul guado, nel limbo;
Ovvio! Visto come è strutturato il calcolo dei punteggi ed il sistema di incontri internazionali (l'Italia del calcio è comunque decima....) sarebbe strana una posizione diversa... Al mondo ci sono 4 squadre del Championship e 6 del Six Nations, per un totale di 10 posizioni del ranking. Una oscillazione tra le posizioni è fisiologica solo che per chi occupa l'ultima è apparentemente frustrante. Salire significherebbe battere "costantemente" Scozia ed Argentina, oltre a "tutte" quelle nelle posizioni inferiori. Al momento, con le disponibilità economiche che abbiamo, con le competenze tecniche che ci ritroviamo, una pia utopia.
4) In nessun mondiale abbiamo superato il primo turno;
Vale quanto sopra, visto che il primo turno lo passano le prime 8 del ranking (quindi si esclude l'ultima del Championship e le ultime due del Six Nations)...
5) Il nostro massimo campionato esprime un rugby di valore complessivamente modestissimo. Le prime 4 raccolgono, se va bene, qualche bonus difensivo nella più modesta delle coppe europee (e i club italiani dimostrano chiaramente di sentire la partecipazione al terzo torneo europeo più come un peso -economico, tecnico, organizzativo- che come una occasione per crescere);
Per quanto riguarda le coppe europee dipende solo dai budgets a disposizione e dagli obbiettivi economici. Alle società non frega nulla delle coppe ed anzi vengono "giustamente" considerate come una spesa inutile dei soldi "elargiti" dalla F.I.R. alle prime 4 del campionato di Eccellenza.
Per quanto riguarda, invece, quest'ultimo, il limite è il totale dilettantismo non tanto dei giocatori quanto delle strutture alla base delle società. Oggi una società di Eccellenza viene gestita come una di Serie C, con l'unica differenza degli zeri sull'assegno dello sponsor. A parte Veneto ed Est Lombardia, dove anche chi cuoce le salamelle ha le stesse competenze tecniche di Brunel, il resto è alla preistoria della palla ovale. Finché assisterò a concentramenti di U8 in cui i bambini stanno 10 minuti al freddo per imparare il saluto e 0 per capire come si passa la palla e/o si placca non se ne verrà fuori...
6) Abbiamo un sistema di accademie che indubbiamente regala molti posti di lavoro a tecnici disoccupati ma che ci fa perdere una generazione di rugbisti dietro l’altra (guarda i mundialiti di categoria). Un vero buco nero, una situazione da rivoltare come un calzino e da ricostruire dalle fondamenta. Nelle premesse e nella sua filosofia, certamente.
Qui non sono assolutamente d'accordo! Le accademie di oggi non è che non funzionino è che NON possono funzionare. Sarebbe come avere una scuderia di formula uno a cui vengano forniti solo i motori della Panda. La F.I.R. ha aspettato un decennio le società di base ma alla fine ha dovuto mettere mano al portafogli e iniziare a formare fin dall'U14... Nella speranza che, togliendo dalle mani (divisione formale e sostanziale della C in C1, con obbligo a formare, e C2, alla "viva il parroco") delle oscene strutture tecniche del "rugby&salsiccia" i bambini del propaganda, le rimanenti società agonistico/dilettantistiche iniziano a formare veramente degli atleti e non dei terzotempisti "zecchizecchi di millemila valori"...
7) Abbiamo una nazionale che è espressione, diciamo a voler esser buoni, di una franchigia e mezzo (in realtà si tratta in gran parte dei giocatori trevigiani che cambiano maglia). Un sistema di una fragilità assoluta. Se il giocattolo Benetton si rompe (un po’ si sta già rompendo) andiamo a fondo come se avessimo una palla di piombo al piede. Chi non vede (o finge di non vedere) questo vuol dire che sta scavando la fossa per seppellire per sempre il nostro rugby.
Esatto! In parte dovuto a quanto appena sopra detto con l'aggravante che il "sistema nazionale" è così fragile e precario che i cosiddetti senatori devono rimanerne agganciati il più possibile in quanto il ricambio è (anche per motivi politici) lentissimo. Con tutte le conseguenze di "poltrone" difese con mestiere ed esperienza. Senza contare che al momento un ragazzo arriva in nazionale maggiore solo se supportato da una base economica e politica familiare di grande peso (altro che la fame di riscatto socio/economico gallese o degli isolani).
8) Abbiamo allargato e organizzato lo staff azzurro. Col risultato che chi prepara la mischia ha ieri mandato in campo un pacchetto che ha disputato una prova indecente. Un malessere che non è di ieri e che è stato accentuato dalle nuove regole di ingaggio (ma la touche? Ma i raggruppamenti in gioco aperto? Qui le nuove regole non entrano). Con due leader, Parisse e Castrogiovanni, spesso inguardabili (soprattutto il secondo), talora perfino imbarazzanti, sicuramente al capolinea dal punto di vista anagrafico.
Questo è quello che appare... In realtà il vero problema è che chi allena la nostra mischia non ha minimamente l'esperienza maturata dai giocatori stessi e con De Carli non faremo altro che continuare la situazione. Stelle di prima grandezza come Parisse e Castrogiovanni (ma anche Zanni, Ghiraldini ed altri) devono essere gestite da figure di spessore internazionale (reale non pubblicitario).
Salvatore Messina
Il Domenica 24 Novembre 2013 15:39, Giovanni Ciraolo <jxcira a tin.it> ha scritto:
Caro Giandomenico, la tua analisi può
mettere a nudo le tante pecche del nostro sistema rugby, ma a
me sembra che negli ultimi 10 anni il rugby italiano abbia
anche vissuto momenti di grande vitalità e....riprendo i tuoi stessi punti:
1) La distanza dell'Italia con le superpotenze
(Aus, NZ, Eng, SA) un tempo era catastrofica, oggi non lo è più. Non siamo
noi a dirlo, perché sarebbe risibile, ma sono gli stessi stranieri che
ce ne danno atto; ero seduto al bar accanto ad una pattuglia anglosassone
nell'ultimo Inghilterra-Italia e c'era solo un tifo fortissimo per la nostra
squadra e ti posso assicurare che era un tifo rispettosissimo per
l'Italia. Anche i giocatori francesi sconfitti l'anno
scorso hanno molto valorizzato la nostra squadra nel
dopo-partita, più ancora della propria delusione. Certo non abbiamo oggi i
Vaccari e Francescato di una volta, e che fantastico periodo era
quello, però il progresso di un paese si vede dal collettivo perché di
fuoriclasse ne nasce solo uno ogni tanto e non ci si può fare
affidamento
2) Il rugby classico europeo ha certamente una
tradizione di gioco aperto e di intelligenza di penetrazione molto forte. Sì,
dobbiamo migliorare. Ma la Francia non è forse passata attraverso la
sua lunga Lourdes (non il santuario, ma la squadra locale di rugby!) per
progredire con grande fatica negli anni? E comunque molti
giocatori della nostra rosa nazionale militano all'estero. Se il gap con
l'Europa fosse rimasto così abissale come tu dici, questi rugbisti
giocherebbero nelle nostre squadre provinciali...
3) Nel ranking mondiale, come nell'arbitraggio,
dobbiamo in effetti superare stabilmente delle
posizioni; l'importante è che i numeri a nostro vantaggio
progressivamente si accumulino, e direi che si tratta anche di una
questione statistica di deviazione standard dei risultati, cioè è la nostra
media che deve migliorare!
4) Nella coppa del mondo va superato un
evidente gap organizzativo. Un mondiale richiede innanzitutto
organizzazione. Forse rispetto a 10-15 anni fa la nostra organizzazione di coppa
del mondo è peggiorata, in quanto è diventata un'orchestra
senza direttore
5) Il nostro campionato non è certo il più
bello: però in 10 anni molto è cambiato, non siamo al livello complessivo
del Top14 francese ma i risultati in Europa particolarmente proprio con i clubs
francesi sono stati più volte interessanti. Circa 10 anni fa ho assistito
(peggio: ho invitato un collega ad assistere) ad un RDS-Benetton al 3 Fontane di
Roma che finì tra un migliaio di persone con un pareggio di vertice
assolutamente ridicolo al termine di un match compiutamente ridicolo. Non credo
che oggi vedrei un incontro al vertice di quel tipo. I clubs italiani hanno
ormai budgets di tutto rispetto e se i fondi non vengono spesi bene ebbene...si
cambi il Presidente!
6) Come te non prediligo strutture
accademiche rigide. Occorre però fare qualcosa di forte sulla
formazione: meglio fare errori che non rimanere
fermi piantando paletti
7) Le nazionali sono spesso organizzate (salvo
forse l'Inghilterra) intorno ad una o due squadre dominanti; il Tolosa lo è
stato per molto tempo in Francia. E' un fatto inerziale dello sport.
Spesso la squadra dominante in una nazionale è quella della città che
maggiormente ama il rugby e vive anche per esso
8) Sono totalmente d'accordo con te sullo staff
azzurro. Prima di affidare responsabilità particolari occorrono dovute
gavette ed i preparatori specializzati non possono pensare di fare esperimenti a
danno del gruppo. I progressi tecnici ottenuti in alcune aree (vedi
gioco di piede) non dovevano cedere di importanza rispetto al nuovismo
emergente in altri settori.
Vorrei però dire una cosa. Le grandi famiglie
del rugby, ultimamente i Bergamasco ma come non pensare ad esempio
ai famosi fratelli-nipote Camberabero, hanno fatto storia divertendosi ed
anche poi concentrandosi mentalmente ma sempre con un animo leggero, gioioso.
Non bisogna mai disperare nello sport anche se ovviamente nessuna vittoria
è definitiva. Questo stato d'animo lieve dei rugbisti colpì molto De Gaulle che
non conosceva la palla ovale ma ne divenne appassionato. Credo che Brunel
apporterà molto al rugby italiano sul piano dell'emotività di gioco, che un
pò ci ha sempre fatto difetto. Non trascurerei questa causa come
fattore principale di molte nostre sconfitte.
Purtroppo c'è una brutta notizia, Canale fuori per
6 mesi. Non ci voleva.
g.ciraolo
----- Original Message -----
>From: Gian Domenico Mazzocato
>To: RUGBYLIST
>Sent: Sunday, November 24, 2013 9:57 AM
>Subject: [RUGBYLIST] CI E' ANDATA BENE
>
>
>mi chiedo come mai noi appassionati di rugby ci creiamo oggi delle aspettative che un tempo non erano le nostre.
>È vero: un atteggiamento come il mio può essere sgradevole. Può sembrare pregiudizialmente ostile (per quali motivi, poi?).
>Ma non parlo per disfattismo o disprezzo. Ci sono anche (è il mio caso) disperazione, impotenza, amore deluso ogni volta, amarezza.
>Mi chiedo. Davvero abbiamo fatto tanti progressi?
>In 14 anni di 6
Nazioni:
>1) Le distanze con le grandissime (Nuova Zelanda, Sudafrica, Australia, Inghilterra ) sono rimaste siderali;
>2) Nel quadro europeo non ci siamo mossi dal nostro posto quanto a scala di valori. Prestazioni di grazia come contro la Francia sono episodi più unici che rari;
>3) Nel ranking mondiale siamo sempre lì, sul guado, nel limbo;
>4) In nessun mondiale abbiamo superato il primo turno;
>5) Il nostro massimo campionato esprime un rugby di valore complessivamente modestissimo. Le prime 4 raccolgono, se va bene, qualche bonus difensivo nella più modesta delle coppe europee (e i club italiani dimostrano chiaramente di sentire la partecipazione al terzo torneo europeo più come un peso -economico, tecnico, organizzativo- che come una occasione per crescere);
>6) Abbiamo un sistema di accademie che indubbiamente regala molti posti di lavoro a tecnici disoccupati ma che ci fa perdere una generazione di rugbisti dietro l’altra (guarda i mundialiti di categoria). Un vero buco nero, una situazione da rivoltare come un calzino e da ricostruire dalle fondamenta. Nelle premesse e nella sua filosofia, certamente.
>7) Abbiamo una nazionale che è espressione, diciamo a voler esser buoni, di una franchigia e mezzo (in realtà si tratta in gran parte dei giocatori trevigiani che cambiano maglia). Un sistema di una fragilità assoluta. Se il giocattolo Benetton si rompe (un po’ si sta già rompendo) andiamo a fondo come se avessimo una palla di piombo al piede. Chi non vede (o finge di non vedere) questo vuol dire che sta scavando la fossa per seppellire per sempre il nostro rugby.
>8) Abbiamo allargato e organizzato lo staff azzurro. Col risultato che chi prepara la mischia ha ieri mandato in campo un pacchetto che ha disputato una prova indecente. Un malessere che non è di ieri e che è stato accentuato dalle nuove regole di ingaggio (ma la touche? Ma i raggruppamenti in gioco aperto? Qui le nuove regole non entrano). Con due leader, Parisse e Castrogiovanni, spesso inguardabili (soprattutto il secondo), talora perfino imbarazzanti, sicuramente al capolinea dal punto di vista anagrafico.
>
>Complessivamente a me pare che 14 anni di 6 Nazioni non avrebbero potuto essere spesi peggio.
>Penso anche (soprattutto, anzi) ai tornei del 6N riservati alle categorie
di età.
>Certo: ci siamo mossi e abbiamo progredito.
>Ma abbiamo mosso
qualche incerto passo (talora da gamberi) dove tutto il resto del mondo ha
corso.
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