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R: R: [RUGBYLIST] I: Globale e analitica, due scuole a confronto.
Dalla Francia al resto del mondo | IL GRILLOTALPA
jxcira a tin.it
jxcira a tin.it
Mar 10 Lug 2012 12:47:18 CEST
Personalmente dubito che vi siano differenze enormi tra le filosofie tecniche dei vari paesi. Nel rugby, come in altri sport di squadra, conta soprattutto la sintesi tra abitudini locali, a mio parere non sradicabili, e formazione federale, tra decisioni e regole. Da noi si prendono moltissime micro-decisioni e le regole base non sono del tutto seguite. Questa incertezza ed inflazione relazionale può creare una formazione lenta ed un gioco un pò asfittico. Arrivare ad una velocità di gioco è molto importante. Guardare la Spagna contro l'Italia agli Europei! Se potessi farei fare uno stage dei nostri nelle isole pacifiche dove il ruby è insegnato come il baseball a Cuba. Ci vuole una certa estrosità. Non si insegna, credo, il rugby puntando su singoli fondamentali in modo estenuante ma occorre, qui come altrove, ricostruire la sintassi del gioco e gli steps anche entusiasmanti che portano all successo. Mi dispiace che Maria Montessori venga "scartata" negli insegnamenti di oggi. Questa nostra grande donna ha inventato un metodo per auto-realizzarsi partendo anche, come Popper del resto, dall'analisi dei propri errori (ovviamente senza stimolare catastrofi!).
g.ciraolo
----Messaggio originale----
Da: totorugby a yahoo.it
Data: 10-lug-2012 10.40
A: "rugbylist a rugbylist.it"<rugbylist a rugbylist.it>
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Certo che ci vuole anche la disponibilità effettiva degli allenatori a seguire un percorso formativo migliore e strutturato.
Visto che la maggior parte si lamenta che per ottenere il brevetto di 2° livello (praticamente su 3 totali) devono "perdere" una settimana di ferie in tutta la loro carriera tecnica...........
Tutti sono sempre d'accordo che ci vogliono dei bravi insegnanti ma anche il migliore di questi non potrà mai studiare al nostro posto! Anche perché, probabilmente il concetto si è perso dal '68 in avanti, è con lo studio che si migliorano le capacità intellettive.
In soldoni: le centinaia di poesie imparate a memoria alle elementari non servivano per recitare a comando tutta la produzione di Pascoli, Montale e Quasimodo ma per imparare il medoto di memorizzazione che poi sarebbe servito sui testi di medicina o sui codici giuridici.
A meno che non si voglia utilizzare il metodo Montessori anche in chirurgia: apri, impari a capire dov'è e cos'è una appendice infiammata, provi a tagliarla e ricucire e poi, imparando dai tuoi errori, diventerai un ottimo chirurgo!
Salvatore Messina
----- Messaggio inoltrato -----
Da: "ievoli a alice.it" <ievoli a alice.it>
A: rugbylist a rugbylist.it
Inviato: Martedì 10 Luglio 2012 9:46
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Ciao a tutti,
per chiarire il problema, per me fu illuminante una lezione tenuta da Villepreux a Pomigliano d'Arco (NA) nella quale lui semplicemente spiegava che essendo il rugby un gioco non conosciuto dai ragazzi italiani c'era la necessità di farlo giocare e dall'esperienza di gioco comprendere la filosofica e le finalità. Con molta semplicità lui raccontava di quando da ragazzino, all'uscita da scuola, organizzava partite di rugby con i suoi compagni, come oggi accade con il calcio da noi. E' normale, e facilmente comprensibile, come un ragazzo non avendo mai toccato un pallone da rugby, non avendoci mai giocato in maniera ludica da piccolino, e non avendo la possibilità di vederlo in TV e di emulare i gesti dei campioni in video, sia completamente allo scuro del gioco.........NON LO CONOSCE !!! Io personalmente con i ragazzini dell' under 10, per fargli capire che devono cercare lo spazio dove non c'è l'avversario per ricevere il passaggio ed avanzare, devo obbligatoriamente usare termini calcistici, come "SMARCARSI", adattati alla filosofia del gioco del rugby (come indicato nella didattica F.I.R.: dal conosciuto all’ignoto).
Sinceramente non ho mai sentito dire da Villepreux che la tecnica di base non è necessaria o poco importante, pertanto deduco che per insegnare a giocare a rugby, e ciò vale a tutte le età ed a tutti i livelli, sia fondamentale far capire il gioco ma senza un’adeguata conoscenza dei fondamentali sia impossibile giocare.
Pertanto i due metodi sono entrambi efficaci se coesistono e se nessuno di essi prevarica sull’altro.
Tutto è nelle mani dell’educatore prima e dell’allenatore poi, se esso sarà preparato e saprà gestire e programmare la sua attività d’insegnamento avremo giocatori che sanno compiere scelte di gioco in tempo brevissimo e le svilupperanno senza commettere errori.
Mi auguro che si dedichi maggior tempo alla formazione degli allenatori e che essi vengano seguiti anche nel loro cammino dalla Federazione; e soprattutto che le società abbiano la forza di creare un unico progetto di insegnamento, scegliendo i propri allenatori secondo parametri più professionali e meno dettati dalla carenza e volontarietà degli stessi.
Con affetto
Antonio Ievoli
----Messaggio originale----
Da: paolo.valbusa a libero.it
Data: 9-lug-2012 14.08
A: <rugbylist a rugbylist.it>
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Ciao a tutti,
mi permetto di girare alla list un interessante articolo di Ivan Malfatto pubblicato da Il Gazzettino e ripreso dal sito Il Grillotalpa. Si parla di 2 scuole rugbistiche diametralmente opposte sotto il profilo dell'approccio metodologico. Fatte le debite proporzioni, sembra di rivivere la diatriba che esisteva (forse esiste ancora) all'interno del sistema educativo italiano tra il metodo deduttivo (prima la grammatica e poi la pratica) e quello induttivo (prima la pratica e poi la grammatica).
Anche in campo filosofico esiste la famosa controversia tra gli analitici (gli anglosassoni) e i continentali (il resto del Mondo). Ma non vorrei spaventare nessuno: nell'articolo si parla solo di rugby, per fortuna.
Buona lettura,
Paolo Valbusa
http://ilgrillotalpa.com/2012/07/09/globale-e-analitica-due-scuole-a-confronto-dalla-francia-al-resto-del-mondo/
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