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[RUGBYLIST] il languore della list
Giovanni Ciraolo
jxcira a tin.it
Ven 20 Gen 2012 23:12:45 CET
Sembra che in list e nel nostro rugby italiano vi sia una specie di apatia
generale (confermata da certe sconfitte disastrose). I nostri interventi
toccano argomenti gossip, buoni se consentissero di entrare con leggerezza
nei fatti delle persone e nei luoghi del nostro rugby, ma caratterizzati da
troppe ripetizioni. Si fanno anche previsioni sul 6 Nazioni. Sarebbe forse
interessante entrare di più nei singoli match piuttosto che sciogliersi in
classifiche generali. Ci sarebbe poi anche da discutere di tecnica applicata
al gioco, perché in fondo l'evoluzione delle regole internazionali del rugby
ha cambiato tante cose. Trovo rari gli interventi che riportino la
situazione del proprio club, che so io il tipo di stadio o i metodi di
allenamento, la vicinanza delle autorità locali o la gestione del minirugby
e le reazioni delle famiglie, i problemi economici e di studio dei ragazzi o
le trasferte e i rimborsi spese. Concentriamo molta attenzione sui grandi
club, sugli oriundi e sulle franchigie, sugli arbitri fantasiosi e sui
crolli improvvisi di alcune formazioni, sulle gambe a banana di certuni e
sulle immaturità dei dirigenti ect....ma credo che per cambiare e migliorare
serva anche sapere com'è realmente questo rugby italiano: perché a parole
siamo tutti bravi, ma in realtà penso che il nostro rugby stia molto peggio
ed anche molto meglio di quanto noi lo descriviamo usando sempre lo stesso
pennello, gli stessi pregiudizi. L'eterno problema dei mediani da crescere è
anch'esso parte di un abisso di rugby giocato e gestito da parte di tecnici
ed educatori locali che sono i soli ad avere il polso vero e concreto della
situazione. Il rugby è uno sport che parte dal basso. Anche i giocatori
dovrebbero sempre conservare un basso profilo. Vorrei parafrasare il Card.
Martini che tempo fa definiva criticamente certe posizioni all'interno del
mondo cattolico come "Chiesa dall'alto". Anche il nostro rugby continua ad
essere, rispetto al problema della mobilità dei giocatori, un "rugby
dall'alto". Questo verticismo va corretto. Il sistema francese di forte
bilanciamento tra federazione e lega potrebbe suggerire una strada. Le
autorità e le risorse locali in Francia sono molto vicine ai propri clubs, e
c'è una sorta di cittadinanza sportiva che prosegue nei bar, caffé, pubs,
locali pubblici, assemblee, parlamentini etc...Da noi, questo campo del
"metasport" o del sostegno sociale alla propria squadra è caratterizzato da
un certo immobilismo: nel centro di Roma, il mio quartiere Monti (n.b.: non
si tratta del borgo del primo ministro, anche se le sue sistemazioni
alberghiere provvisorie si trovano proprio qui!) è pieno di pubs e
associazioni e vi si proietta largamente il rugby, ma non vedo al momento un
movimento di reale e stabile attrazione da parte di giovani. Sembra che la
popolarità del rugby sia inversamente correlata a quella del calcio.
Speriamo che qualcosa cambi. Intanto, incoraggiamo il lavoro anche culturale
di Jacques Brunel!
G.Ciraolo
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