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[RUGBYLIST] Serie e campionati

Luqa lvfi67 a tiscali.it
Mar 1 Mar 2011 13:04:31 CET


Beh, oliver63 hai di fatto ridenominato le serie sportive , e rimesso 
la serie A da due gironii in quasi tandem a due gironi affiancati 
geografici. Più o meno come era sino all’ultima riforma.

Mi permetto alcune osservazioni:

1.	Ogni dirigente o addetto alla promozione ripete che la 
denominazione fa la differenza per avere un contributo di sostegno da 
aziende o privati. Giusto fare chiarezza, ma allora dividiamo il rugby 
in quei 3 settori: professionale, dilettantistico, dopolavoristico-
amatoriale, e numeriamo le loro suddivisioni .
2.	Ad ogni livello, anche quello amatoriale, un giocatore è opportuno 
che possa, se bravo (per quel livello) competere per il massimo e 
migliorarsi, sia con la sua squadra, sia con una eventuale selezione.
3.	Dall’osservazione dei convocati della U18 e U20 ritengo che ci sia 
un problema di selezione e formazione tra gli atleti delle giovanili: 
il peso del comitato veneto risulta eccessivo allo “sperabile”: un 
comitato con il 20% dei tesserati, il 40% delle  squadre di eccellenza, 
il 30-33 di quelle professionali sforna il 50-55 % degli atleti da 
nazionale. A prescindere dal fatto che sia singolare il non vedere che 
un atleta della squadra che è in testa al campionato di categoria, per 
giunta un atleta rientrato da una squadra di eccellenza diversa, questo 
sbilanciamento nei numeri dice che serve un intervento federale in 
altre regioni, per esempio con l’istituzione di altre accademie 
giovanili, una in Lombardia –Piemonte,  una in Sicilia o Campania.
4.	Sempre dall’osservazione dei convocati nella U.20 e dalle 
prestazioni offerte, mi pare di poter dire che il campionato U.20 sia 
nei fatti “non utile” al movimento: quei ragazzi sono confinati in una 
riserva indiana che non permette loro di fare il salto di qualità 
definitivo.E l’esempio dei Callori di Vignale e dei Lupetti, che pur 
giocando in una società che valorizza i giovani e i prodotti del 
vivaio, sono chiusi da atleti 24-25 enni nei ruoli di titolare in prima 
squadra, giustifica una modifica dei tornei
5.	La possibilità di svolgere attività giovanile è anche condizionata 
dall’ambiente circostante e dalla possibilità di svolgere attività 
regolare con spostamenti e costi accettabili: fare rugby  in Veneto, 
Emilia e Lombardia è cosa diversa che farlo in Calabria, Sardegna o 
Basilicata. Anche per il diverso livello economico a cui possono 
accedere i club.

A questo punto, se si deve riorganizzare il movimento, è bene 
cominciare partendo dal livello giovanile , collimandolo con il sistema 
scolastico (visto che l’80% dei giovani frequenta almeno sino ai 18)
Ovvero definire l’attività promozionale per le classi di età delle 
scuole elementari, per le classi di età delle scuole medie inferiori  e 
di quelle superiori.
Rivedendo le abilità da impartire (alle elementari e alle medie 
concentrarsi sulla tecnica individuale e sulla mobilità fisica, magari 
integrandosi con istruttori di altre discipline (atletica leggera, 
judo, ginnastica artistica) e valorizzando i mestieri specialistici e 
la tattica dalle superiori in poi.
Quindi premiare le attività secondo una tabella complessiva: una 
società può incontrare difficoltà ad allestire un anno una U.xx, e 
magari dovrà allearsi con una vicina, o per esempio sviluppare solo un 
programma per il rugby a 7 (che essendo disciplina olimpica non deve 
essere dimenticato), ma nel frattempo alle serie inferiori o superiori 
ha dei numeri ben migliori. 
	Stabilire poi degli obiettivi diversi per livelli diversi: una 
società professionale deve avere vincoli di formazione che non debbono 
essere imposti a società amatoriali.

Quindi passare da un sistema a penalizzazioni ad un sistema a 
incentivi (sembra una bazzecola, ma un bonus ha un’immagine diversa di 
una penalizzazione.

Per scendere nel particolare:

Livello professionale- Vista la disparità esistente già adesso in A1 e 
A2, meglio prevedere :

Girone Eccellenza con 10-12 squadre
Girone Cadetto con 10-12 squadre
Girone Emergenti	 con 10 -12 squadre 
Tutti nazionali.

Passare ad un livello interregionale per il rugby dilettantistico
N gironi a 10-12 squadre con fase finale nazionale per il titolo 
nazionale dilettanti (e le promozioni al livello Eccellenza vincolate 
anche a parametri economici e strutturali).
Secondo me un livello unico è adeguato, ma potrebbe anche 
giustificarsi una struttura su due livelli (sempre con gironi da 10-
12).

Livello regionale (o intercomitale) per il rugby amatoriale – Ogni 
Comitato decide su quanti livelli organizzarsi e se collegarsi ad altro 
comitato.
Verificare la possibilità di una fase nazionale per società o  
selezioni a fine stagione.

Campionati Primavera o Emergenti o Riserve o come diavolo volete: 
Va benissimo U23 con max 8 atleti sopra tale quota: meglio avere 5 U20 
per squadra che giocano con atleti più esperti, che 15 rinchiusi in una 
riserva indiana ed esclusi dalla prima squadra.
Deve essere obbligatorio per le società professionali, libero per le 
società dilettantistiche
Ed organizzato su livelli analoghi a quelli dei livelli Pro.
Annoverare anche le squadre delle due franchigie ed eventualmente 
delle Accademie .

Una nota per il campionato U.18 (o U.19)- non esiste il problema della 
mancanza numerica assoluta: i nati negli anni ’90 sono sostanzialmente 
stabili. Se non ci sono i numeri è perché non si riesce ad attirare i 
giovani al rugby. 

Augh

Luqa


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