I: [RUGBYLIST] Nazionali giovanili, accademie, formazione giocatori e sviluppo

[Salvatore Messina]

Non sono d'accordo.

Le possibilità ci sono o almeno ci sarebebro, se non altro come assistenti, 
almeno agli inizi. Nel mio piccolo ho avuto una proposta all'estero. Perché non 
ci sono andato? Semplicemente perché si trattava di un contratto per qualche 
stagione: avrei dovuto abbandonare il lavoro che mi da da vivere.
Cutitta mi sembra che operi in Scozia anche perché li ha un'attività lavorativa 
fuori dal rugby.
Sono convinto che lo stesso capiti per tutti gli altri tecnici. E' una scelta di 
vita importante che presuppone la possibilità di vivere di rugby in 
Italia, almeno come base di partenza. Non conosco nessun tecnico che lo faccia 
come unica professione, escludendo gli insegnanti di educazione fisica (che 
comunque sono sempre legati alla scuola). 
Non solo ma questo impedisce anche gli spostamenti fuori dalla zona di 
residenza.
Lo stesso vale anche per moltissimi giocatori. Almeno dall'eccellenza in giù.



Almeno non mi risulta...
Potrebbe essere uno spunto di analisi?
 PEACE & LOVE & PLAY RUGBY


Salvatore Messina



----- Messaggio inoltrato -----
Da: cbpromotion <cbpromotion a libero.it>
A: rugbylist <rugbylist a rugbylist.it>
Inviato: Ven 17 giugno 2011, 14:50:39
Oggetto: [RUGBYLIST] Nazionali giovanili, accademie, formazione giocatori e 
sviluppo

Squadre e aziende di rugby in Italia - 
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Ognuno ha una propria idea su quali siano le cause del ritardo italiano rispetto 
alle altre nazioni.
Per me forse è questo.

Siamo nell'era del rugby globale.
Nel Mondo rugbisticamente evoluto emigrano tecnici inglesi, scozzesi, gallesi, 
neozelandesi, sudafricani, australiani, francesi, irlandesi e argentini.
Un tecnico argentino in Premier si è visto, inglesi in Francia più di qualcuno 
,  scozzesi e gallesi in Italia pure...


E tutti hanno bene in mente una concezione di gioco, espressione del loro paese 
di appartenenza.
E la esportano nel mondo perchè altri paesi gliela riconoscono e la stimano. 
Perchè efficace e vincente.

L'Italia - secondo Voi - esprime un proprio modo di giocare?
Il rugby espresso dalla squadre italiane, nazionali in particolare, ha 
un'identità ben definita?
O meglio i tecnici italiani hanno una propria identità rugbistica?

Per rendere meglio l'idea, nel paragone con altri paesi, abbiamo mai avuto un 
nostro tecnico in qualche club straniero come capo allenatore? o in qualche 
nazionale (a parte Massimo Cutitta in Scozia con referente mischia)?

I tecnici italiani allenano solo e soltanto in Italia perchè probabilmente (e 
forse ingiustamente) le nazioni rugbisticamente evolute e i club di quei paesi 
non li considerano all'altezza.


All'estero però sono apprezzati i giocatori italiani, presenti sia in 
Inghilterra che in Francia.
Sono apprezzati gli arbitri italiani (al Mondiale in NZ due italiani, nessun 
scozzese e nessun argentino…).
Ma nessun tecnico viene ingaggiato oltre frontiera.

Se in nazionale maggiore si preferisce da sempre un tecnico straniero (francese, 
sudafricano o neozelandese poco importa…) perché non ci affidiamo anche per le 
juniores a tecnici affermati all'estero?
Perché ad esempio non si affida a tecnici francesi anche la nazionale A, l’under 
20 e l’under 18 per avere quindi la stessa linea di formazione e crescita dai 17 
anni in su?

Berbizier l'aveva chiesto come vincolo per rimanere alla guida dell'Italia e non 
è stato accettato.
E' forse il caso di ripensarci visto l'andazzo dell'Under 20 al mondiale....







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