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[RUGBYLIST] Italia-Galles: il disincanto
Giovanni Ciraolo
jxcira a tin.it
Lun 28 Feb 2011 11:28:49 CET
E' finita anche Italia-Galles e si riparla di episodi, come l'arbitraggio e la prestazione del calciatore, che personalmente non mi sembrano troppo rilevanti. Penso sia difficile avere un buon calciatore quando la copertura dei ruoli in squadra appare ancora imprecisa. Penso anche che la minore attenzione degli arbitri nei nostri confronti possa derivare dallo standing ancora incompiuto dell'Italia nelle istanze rugbistiche mondiali ed anche, in una certa misura, dalla discutibile pubblicità con la quale molta stampa estera ci definisce i "parenti poveri" del 6 Nazioni. Per falsificare questa definizione dovremmo fare molto di più. Ancora oggi il nostro gioco non è molto variegato. Andiamo in meta spesso attraverso intercetti o azioni un pò "casuali". Attacchiamo raramente la linea del vantaggio, così i nostri avversari hanno la possibilità di modificarsi continuamente e ridurre le nostre opzioni di gioco. Le nostre azioni sono spesso discontinue e non brilliamo nella trasmissione di palla, perché i nostri giocatori di rado si sostengono ed impegnano l'avversario prima del passaggio. Non riusciamo a scalare efficacemente di fronte ad avversari veloci, che incrociano facilmente e possiedono un buon gioco di appoggi. Non riusciamo in molti casi a finalizzare a sufficienza i nostri attacchi, quindi perdiamo palla. Credo che Il nostro rugby nazionale sia un pò fermo, come fosse in una rotatoria con poche indicazioni stradali ed un satellitare che trasmette messaggi contradditori. Nick Mallett è un grosso personaggio del rugby mondiale, ma mi chiedo se egli sia in grado di governare tecnicamente il rugby italiano (Johnstone cercò di farlo). Penso vi sia la necessità di dirigenti ed allenatori che abbiano una buona capacità di comunicazione (Berbizier era un simbolo da questo punto di vista). Trovo necessario far esordire nostri ragazzi italiani che giocano in Italia (come hanno fatto più volte Francia ed Inghilterra), e porrei dei limiti ai fini della formazione della squadra nazionale sia sugli "italiani stranieri" che giocano all'estero, sia anche sugli "stranieri italiani" che giocano in Italia. C'è un rischio nel far debuttare giovani nati e cresciuti in Italia, ma senza il coraggio di cambiare, il mondo sarebbe ancora fermo ad Aristotele e Platone!! Per imparare a nuotare non servono salvagenti, ma attenzione, controllo e guida. Se aspettiamo dei taumaturghi che ci facciano sognare passeranno lustri e noi ci roderemo sempre di più. Ci deve essere certo un'università del rugby con tecnici anche stranieri, ma il nostro gioco ce lo dobbiamo inventare noi stessi, come hanno fatto i francesi negli anni sessanta. Soprattutto ciò che si apprende occorre metterlo immediatamente in pratica, senza cercare schemi compiuti. Il rugby è anche libertà, invenzione, creatività!
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