[RUGBYLIST] proposte e risposte

[giancarlotagini35 a tiscali.it]

ad una mia proposta/provocazione lanciata nell’ipotesi che la rugbylist si facesse promotrice di segnalazioni di nominativi azzurrabili, Ruggero presenta il caso di Vito, passato attraverso qualche Società ed arrivato all’Accademia, è diventato soggetto da “chi l’ha visto”.
Poi descrive l’incontro tra puledri di Torino e Milano, esaltante per il gioco svolto ma deprimente per la solita presenza di qualche amico o parente tra il pubblico. Visto il gioco espresso come descritto da Ruggero, significa che almeno a quel livello gli allenatori che riescono a far fare quelle cose ai ragazzi ,  non solo spiegargliele, ci sono. Cominciamo a coinvolgerli. Non serve fare il nome, basta il cognome caro Ruggero. 
Fiore, ipotizza la possibilità di utilizzare allenatori a libro paga FIR da mandare in prestito d’uso presso alcune società che non possono permettersene uno. Idea lodevole ma, proprio per il tipo di Società che si ipotizza quale destinataria del provvedimento dove gli orizzonti possono essere anche limitati, Non dimentichiamo poi, e la cosa ha i suoi riflessi, che comunque, anche in quel tipo di Società dai mezzi limitati, esistono già figure che si dannano l’anima per portare avanti la baracca. Come la mettiamo con due galli nello stesso pollaio?
Riprendendo il senso della proposta di Fiore, ammesso (ho i miei dubbi) che ci possa essere qualche insegnante in grado di insegnare, io suggerirei  che, presso la FIR, si organizzino stages in tempi ravvicinati (ogni 15 giorni) debitamente remunerati cui siano “obbligati” a partecipare gli allenatori di tutte le Società di secondo livello.
Qui si dovrà pensare a sviluppare il gioco prescindendo dai metricubi di stazza di un giocatore, volumetria che pare abbia contagiato anche Mallett pur avendo, a  Parigi,  utilizzato giocatori di misura normale (ricordo Dominici ed il farmacista mediano di mischia di cui non ricordo il nome) privilegiando la capacità di trattare l’attrezzo e di passarlo “in modo che il compagno ne possa fare qualcosa di buono” (l’espressione non è mia ma di Jeppson).

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