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[RUGBYLIST] Intervista a Bortolami sulla Gazza
qso a libero.it
qso a libero.it
Gio 13 Nov 2008 14:58:25 CET
Ciao a tutti,
tanto per cambiare discorso sui fischi - che non se ne può più -
riporto l'intervista fatta dal mitico Pastonesi per la Gazza a Bortolami.
Interessante la parte riguardante ... i fischi! Ma soprattutto le due risposte
alle due domande finali
Questo il link:
http://www.gazzetta.
it/Sport_Vari/Rugby/Primo_Piano/2008/11/11/bortolami.shtml
TORINO, 11 novembre
2008 - È il nostro passaporto per il mondo. È il nostro apriti-Sesamo al rugby
internazionale. Marco Bortolami, 28 anni, seconda linea, non solo è stato
capitano dell’Italia, ma anche del Narbonne in Francia e del Gloucester in
Inghilterra. Un punto di riferimento, un esempio, un trascinatore. Sabato,
contro l’Argentina, giocherà la sua partita numero 69 in Nazionale.
-
Bortolami, che Italia è?
"Un bel gruppo, che sta migliorando, che può
migliorare ancora. Nato nei Sei Nazioni 2008, cresciuto nella tournee di
giugno, ritrovato adesso per questi tre test-match, e che si sta preparando al
Sei Nazioni 2009".
- Contro l’Australia la nostra mischia ha sofferto. Perché?
"Perché davanti avevamo l’Australia. Perché non siamo entrati in campo
convintissimi. Perché loro erano più organizzati".
- Problemi in touche?
"Di
tre tipi. Il primo: l’arbitro non ci ha tutelato: alle nostre finte, i loro
saltatori finivano addosso ai nostri e restavano impuniti. Il secondo: un paio
di nostri lanci sono stati imprecisi. Il terzo: in alcune circostanze le
chiamate della touche sono state fatte in punti troppo marcati".
- Però?
"Siamo
convinti che contro l’Australia non abbiamo disputato la partita della vita,
eppure potevamo batterla. Significa che possiamo giocarcela contro chiunque".
-
Pumas compresi?
"Sì. Forti, ma non invincibili. Dobbiamo provare a giocare di
più. Il loro pacchetto di mischia è organizzatissimo, noi dobbiamo spostare il
pallone. Abbiamo il dovere di provare a vincere".
- A 24 anni è diventato un
emigrante del rugby.
"John Kirwan, allora c.t. della nostra Nazionale, mi aveva
messo in testa che, per migliorare, sarebbe stato meglio che andassi a giocare
all’estero. Questo mi ha aiutato come atleta, e anche come uomo. È stata una
scelta decisiva nella mia vita".
- In Francia.
"Ambiente competitivo. Là il
rugby è simile al nostro, ma il livello molto più alto. La differenza sta nella
velocità, nel ritmo".
- Poi in Inghilterra.
"Alla quale mi sento più vicino per
mentalità. Gli inglesi interpretano il rugby come una disciplina. E’ un mondo
professionale, serio, rigoroso, sottoposto a forti pressioni mediatiche. E’
anche un mondo più freddo: finito l’allenamento, ognuno a casa sua".
- Lei ha
provato a riscaldarlo?
"Sì, e forse proprio per questo hanno voluto nominarmi
capitano del Gloucester: perché ho sempre dato importanza ai rapporti umani
almeno come a quelli tecnici".
- Adesso?
"Non sono più il capitano, né del
Gloucester (Tindall, ndr) né dell’Italia (Parisse, ndr). Meno responsabilità,
più divertimento".
- Con Mallett?
"Una nuova pagina della mia vita, un nuovo
capitolo nella storia della Nazionale. Abbiamo un rapporto fantastico. Fin dall’
inizio l’ha improntato sull’onestà e la chiarezza, qualità che per me sono
irrinunciabili. Nick è uno che guarda sempre negli occhi. Il ruolo di capitano
è importante, ma fino a un certo punto. Io sono uno che, a se stesso, chiede
già tantissimo".
- A che punto della carriera ritiene di essere?
"Ho sempre
cercato di migliorarmi. Seconda linea è un ruolo fisico e tecnico, ma richiede
anche tanta esperienza. Il mio contratto con il Gloucester scadrà alla fine del
2009-2010. Ma la mia vita sta già cambiando: in gennaio diventerò padre, per la
prima volta. Sento che la gerarchia dei valori della mia vita si modifica. Sarà
una bimba, si chiamerà Emma e nascerà in Italia".
- In Italia il rugby sta
diventando popolare.
"Vero, ma adesso si dovrebbe fare un salto di qualità. Il
giorno in cui ci chiameranno in tv per parlare di rugby e non di moda o di
cucina o di calcio, sarà un successo".
- Intanto, a Torino, il rugby ha
sconfitto il calcio.
"Una partita della serie A anticipata per fare posto a
noi: incredibile".
- Però c’è un pericolo: che il rugby acquisisca certe
cattive abitudini del calcio.
"Il rugby ha valori troppo forti per essere
dimenticati o cancellati. A Padova il pubblico fischiava mentre gli australiani
piazzavano, e questo non è bello. In Inghilterra c’è un silenzio tombale, anche
se a Twickenham qualche fischio si sente. Ma qualche fischio è fisiologico".
-
Del rugby che cosa affascina di più?
"La contrapposizione tra fisicità,
agonismo, forza e lucidità, fair play, autodisciplina. Far convivere queste due
anime non è scontato. Ma la gente, che forse non riesce a cogliere le sfumature
del regolamento, questo lo capisce, e lo apprezza moltissimo".
- Quanto è
rimasto, nel rugby, di certe tradizioni?
"Tutto. Dal corridoio al terzo tempo,
dal senso di appartenenza a questo sport fino a un codice di leggi o
comportamenti non scritto".
- Sarà così anche contro i Pumas?
"Ci si può
giurare. Per noi è quasi un derby. Sul campo sarà una guerra, piena di tensioni
ed emozioni, poi ci stringeremo la mano, ci faremo i complimenti, ci berremo
una birra. In amicizia".
- Come andrà?
"Non lo so. So che ci divertiremo. E so
che, alla fine della partita, come sempre mi accade, mi rimarrà una specie di
vuoto in pancia. Fino alla partita successiva".
- E questo è il bello del
rugby?
"Il bello del rugby è che, finita una partita, ce ne sarà sempre un’
altra".
dal nostro inviatoMarco Pastonesi
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