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R: Re: [RUGBYLIST] Bei tempi...
solorugby a libero.it
solorugby a libero.it
Mer 2 Lug 2008 18:29:07 CEST
Ho giocato due partite con le Zebre ed esattamente Zebre Vs Ulster (che avevano da poco battuto gli All Blak, e Zebre Vs Leicester (all' epoca al posto dei numeri avevano le lettere, infatti, avendo scambiato la maglia col mio avversario, ho la maglia del tallonatore con la lettera B). Giocammo all'Arena di Milano con molti spettatori e furono due vittorie.
Saluti Gianni Amore
----Messaggio originale----
Da: volpe_angelo a fastwebnet.it
Data: 02/07/2008 18.08
A: <rugbylist a rugbylist.it>
Ogg: Re: [RUGBYLIST] Bei tempi...
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(...) rimane il fatto che le Zebre, i Dogi, il XV del Presidente, erano selezioni a se stanti. Buone per gli almanacchi ma non per la crescita del movimento.
Mica vero. In quegli anni c'era un entusiasmo intorno a quelle selezioni, a quegli incontri e a quelle vittorie che neanche ti immagini. I Dogi sono stati un mito per le vittorie ottenute con squadre britanniche (anche in casa loro) quando invece la nazionale le buscava di brutto dalla Romania... Quanti ragazzi nel Veneto in quegli anni si sono avvicinati al rugby per merito dei Dogi...
angelo
----- Original Message -----
From: Massimo Gallo
To: rugbylist a rugbylist.it
Sent: Wednesday, July 02, 2008 2:34 PM
Subject: R: [RUGBYLIST] Bei tempi...
Hai ragione non erano da buttare per carita’. Pero’ rimane il fatto che le Zebre, i Dogi, il XV del Presidente, erano selezioni a se stanti. Buone per gli almanacchi ma non per la crescita del movimento. Perché se cosi’ fosse stato saremmo cresciuti in maniera tale da farci trovare pronti quando è subentrato il professionismo. Forse qualche risultato positivo è stato anche frutto della poca predisposizione delle Nazionali blasonate ad affrontare una compagine di seconda fascia, come era considerata allora l’’Italia. E cosi’ una partita brutta tutta cuore e grinta vinta con l’Argentina negli anni ’70 veniva accolta come l’impresa del secolo. Non voglio sminuire quelle imprese per carità, ma solo sottolineare che spesso le nostre critiche sono frutto delle aspettative. Non ci bastano piu’ la sconfitta onorevoli, non ci basta piu’ vincere, vogliamo primeggiare. Giusta aspirazione ma nulla si crea dal nulla. Che il XV del Presidente negli anni 70 facesse tremare l’Australia, fondamentalmente al giorno d’oggi mi frega poco. Preferisco la vittoria seppur raffazzonata contro l’Argentina che, pur con i limiti di organico e di condizione del momento, rappresenta la terza potenza mondiale. Diciamocelo chiaramente: la vittoria di Grebnoble è figlia di quella mentalità. La Francia fece un mix tra Nazionale maggiore e Nazionale A, si presentò con l’etichetta di seconda squadra, convinta di fare un sol boccone di una squadretta di seconda fascia, e le prese di santa ragione. Volevano dimostrare che pure con una seconda squadra ci battevano e non meritavamo il Sei Nazioni, ottennero il risultato opposto. Ora non è piu’ cosi’: il rispetto ce lo siamo conquistato. Tutti sono coscienti che se fanno una partita mediocre rischiano di prenderle. L’argentina ha giocato come il gatto con il topo, la strategia stava pure pagando, poi è uscito Hernadez e il castello è crollato. Concordo sul fatto che c’erano giocatori italiani di grande livello, ma quanti erano bravi a tal punto da essere corteggiati da club di Nazioni rugbysticamente evolute? Gli stranieri veri campioni sono venuti in Italia come fa ora Beckham che se ne va negli States a fare il fenomeno. Finivano la stagione dell’emisfero Sud e venivano a divertirsi in Italia. Ovviamente giocando al 50% delle loro potenzialità facevano la differenza. Ma cosa hanno lasciato? Non molto se non l’idea di un altro tipo di rugby possibile. Ora in Italia non viene piu’ nessuno per tre motivi. Il primo: non ci sono budget sufficienti. Il secondo: un giocatore di seconda fascia australiano ha poco piu’ di un giocatore di alto livello italiano, quindi per le societa’ il gioco non vale la candela. Terzo: il campionato italiano di spettacolo ne offre poco, ma il livello fisico di chi gioca in Top ten è cresciuto. Gli impatti sono massacranti e nessun giocatore dell’emisfero sud viene ‘in vacanza’ in Italia. Non mette a rischio la sua incolumita’ fisica, l’ingaggio a casa sua, e la carriera, per puro divertimento. Ammesso che le societa’ di appartenenza siano disposte a concedere nulla osta per farli giocare. Quindici anni fa era quasi un patto non scritto: gioco con te ma poi a fine campionato mi lasci libero di arrotondare lo stipendio. Correggetemi dove sbaglio ovviamente
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