Un vecchio proverbio recita "le cose buone arrivano per chi le sa aspettare" e questo si può applicare perfettamente al caso di Joe Stanley. In effetti, "Smokin Joe" ha dovuto aspettare parecchio tempo per debuttare con la propria nazionale, avendo indossato la casacca nera contro la Francia il 28 giugno 1986, quando già aveva compiuto 29 anni. Da quel momento, però, il centro è diventato un elemento insostituibile e ha accumulato 27 presenze consecutive senza mai essere lasciato fuori, fino al 1990.
Joseph Tito Stanley è nato ad Auckland, il 13 aprile 1957. Giocatore del Ponsonby, si è fatto conoscere da subito come centro affidabile e difensore feroce. Ha ricevuto il suo primo rilievo nazionale nella stagione 1984-1985, quando si è trasferito nella squadra di Auckland, dove ha occupato il posto di Steven Pokere, che all’epoca era un trequarti All Black. Chi dei due giocatori avesse più diritti di giocare titolare è stato oggetto di accesi dibattiti. Infine Pokere ha risolto il problema trasferendosi a Wellington.
Nel 1986 Stanley ha introdotto una variazione nel suo stile di gioco, o meglio, ha semplicemente migliorato quello che già faceva, fino al punto di diventare un centro di classe mondiale. Allora, complici anche le assenze dei ribelli Cavaliers, egli ha trovato la porta della nazionale aperta. L’inclusione di Stanley nella rosa degli All Blacks, quindi, è arrivata inizialmente per sopperire il vuoto lasciato dalle sospensioni di altri giocatori, ma ben presto i tecnici hanno capito che con Joe avevano finalmente trovato il pezzo mancante nel puzzle delle loro tattiche. Uno dei cinque giocatori ad apparire in ogni partita di quell’anno (gli altri sono John Kirwan, David Kirk, Frano Botica e Mike Brewer), Joe è ben presto diventato l’elemento chiave della backline neozelandese. Con oltre 50 partite per Auckland sulle spalle, il centro ha portato esperienza e tranquillità nelle giovani retrovie della squadra. Anche se non è mai stato un abile rifinitore di mete, la qualità di Joe è stata la superba capacità di leggere le difese avversarie, che gli ha sempre permesso di alimentare le sue ali nel momento giusto, concedendo loro lo spazio necessario per attaccare. Questo talento è stato fondamentale per i numerosi successi di Auckland e della Nuova Zelanda di quel periodo, con ali del calibro di Kirwan e Wright ed estremi come Gallagher, Harris e Ridge in grado di raccogliere al meglio quanto da lui seminato. Tutti i suoi compagni di squadra sono concordi nel ritenere Stanley il miglior centro del loro tempo.
Quest’abilità ha fatto di lui una star durante la Coppa del Mondo 1987, dove ha segnato tre mete, una delle quali all’Italia nella gara inaugurale. Le altre due le ha marcate contro l’Argentina nella prima fase e il Galles in semifinale. La lunga serie di trionfi che è seguita la conquista del titolo, ha consolidato Stanley quale figura chiave degli All Blacks.
Tuttavia, dopo solo un altro paio di anni di rugby internazionale, il centro è stato stranamente messo da parte da Alex Wyllie, al termine della vittoriosa serie sulla Scozia del 1990. Il gioco della Nuova Zelanda è stato ben sotto i propri standard nel corso dell’anno precedente la Coppa del Mondo in Inghilterra e alcuni dicono che ciò era dovuto, almeno in parte, proprio all’assenza di Joe. Il suo sostituto è stato Craig Innes, un ragazzo che non possedeva lo squisito tocco di Stanley, ma al quale egli stesso aveva insegnato i segreti del rugby al Ponsomby.
Smokin Joe è comunque rimasto un All Black fino al tour del 1991 in Argentina, il più anziano della squadra, aiutando i giovani giocatori alle prese con le esigenze del gioco internazionale. La gara infrasettimanale contro Mar Del Plata ha visto la sua ultima apparizione con la maglia nera e, per l’occasione, il centro ha indossato la fascia da capitano.
Uomo tranquillo, Stanley non ha mai fatto dichiarazioni alla stampa, lasciando che fossero le sue gesta sul campo a parlare per lui. In seguito anche il figlio Jeremy ha intrapreso lo stesso percorso del padre, raggiungendo tutti i livelli All Black. Tre giocatori, lan Jones, Olo Brown e Little Walter, condividono la distinzione di avere giocato in nero con entrambi gli Stanley, una cosa molto rara nel rugby internazionale. A fine carriera Joe si è trasferito a giocare in Giappone. Nel 1998 è stato aiuto allenatore della squadra di Auckland.
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