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<p class=MsoNormal>Siamo più o meno a metà dell’Olimpiade, e qualcosa si
può dire sul movimento sportivo italiano. Siamo nel medagliere dietro tutti gli
altri grandi paesi avanzati, soprattutto dietro la Francia che è il nostro
permanente termine di riferimento. I nostri atleti soffrono di una sindrome che
io chiamerei “SICC”, sindrome da insufficienza cronica di
concentrazione. Nel rugby conosciamo bene questa abnormità: nell’ultimo
6N è stata innanzitutto lei a riportarci indietro di anni. Molti negano questo
fatto e pensano che la SICC abbia poca valenza rispetto alle carenze del nostro
movimento rugby: la realtà, però, dice che la SICC, quando si scatena, fa
perdere la testa. Vinciamo in poche discipline sportive nelle quali ci sono
rimaste dinastie di lunga data, ovvero prestazioni eroiche di una unica
giornata. Veniamo invece spesso rimontati e sconfitti per insufficienza cronica
di concentrazione ma anche per una certa sterilità psicologica, vedi il caso
flagrante del fioretto maschile a squadre che è crollato di schianto nel giro
di pochi assalti e che ha collezionato un disastro imprevisto, un vero abisso
degno di un nostro match di 6N e che ha travolto ogni valore in campo (nell’individuale
avevamo vinto noi). <o:p></o:p></p>
<p class=MsoNormal>Perché i nostri atleti non riescono ad essere veramente continui
nelle loro prestazioni di coordinamento psicofisico e di interpretazione mentale
della gara? Sembra che l’avversario talvolta possieda una chiave contro
di noi: una volta girata la chiave, arriva il patatrac. Guardiamo però
all’opposto: alle donne che hanno dominato il tiro a volo. Una gara fantastica
la loro, basata su continue accelerazioni e consolidamenti: sono andate in
forte e costante crescendo. Le vedrei davvero come coach in qualche workshop
sulla concentrazione psicofisica alla cittadella del rugby di Parma!<o:p></o:p></p>
<p class=MsoNormal>G.C.<o:p></o:p></p>
<p class=MsoNormal><o:p> </o:p></p>
<p class=MsoNormal><o:p> </o:p></p>
<p class=MsoNormal><o:p> </o:p></p>
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