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<DIV><FONT size=4><STRONG>Il Gazzettino, pagina 21</STRONG></FONT></DIV>
<DIV><FONT size=4><STRONG>4 marzo 2009</STRONG></FONT></DIV>
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<TD class=occhiello><STRONG><FONT size=4>RUGBY Dopo il ko con la Scozia a
Edimburgo, cresce il malcontento della vecchia guardia nei confronti del
tecnico sudafricano<BR></FONT></STRONG></TD></TR>
<TR>
<TD class=titolo_articolo align=middle><STRONG><FONT size=4>Italia: i
Senatori in rivolta contro Mallett<BR></FONT></STRONG></TD></TR>
<TR>
<TD class=sottotitolo><STRONG><FONT size=4>In vista una lettera al
presidente federale Dondi: al citì si imputano errori nella gestione del
gruppo e incapacità di motivare la squadra</FONT></STRONG></TD></TR>
<TR>
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<TR>
<TD class=occhiello><B>Mercoledì 4 Marzo 2009, </FONT></B></TD></TR>
<TR>
<TD class=testo_articolo align=justify>Senatori in rivolta contro Nick
Mallett e lo staff. Staff frantumato, visto che «ognuno rispetta i propri
ruoli, ma dire che tutti vanno nella stessa direzione mi sembra troppo»
rivela la significativa confidenza di uno di
loro.<BR> L’Italia del rugby dietro la calma
apparente delle conferenze stampa, dove però traspare nervosismo, è una
polveriera. La sconfitta con la Scozia nell’Rbs Sei Nazioni ha dato la
stura al malcontento che covava. Facendo emergere la contraddizione di
fondo della gestione tecnica Mallett: uno staff non scelto da lui con il
quale alle fine non ha legato. In una slide dei corsi per allenatori la
parola staff è definita come «il soggetto sociale costituito da più membri
che tra loro instaurano un rapporto di interdipendenza, il cui risultato
costituisce e genera un’identità che è più della somma dei suoi membri».
Tale risultato e identità nell’Italia del rugby non si vedono. Una delle
opzioni a fine torneo sembra così che sia quella di fare piazza pulita
dell’intero gruppo. Che Nick Mallett salvi la panchina o meno. Uno gruppo
composto da Carlo Checchinato (manager), Carlo Orlandi (allenatore degli
avanti), Philippe Cariat (trequarti) e Alessandro Troncon (difesa) e Alex
Marco (preparatore atletico).<BR> Un’altra
voce diffusa ieri è quella di una lettera al presidente Giancarlo Dondi
che starebbe per essere inviata da un gruppo di senatori azzurri. O
comunque di una loro dura presa di posizione. I nomi che circolano sono
cinque, ma non sono stati confermati. Imputerebbero al ct e al suo staff
errori nella gestione dei rapporti con gli atleti, incapacità a tenere in
pugno e motivare la squadra. Gli episodi sono molti, alcuni già noti altri
no. Carlo Festuccia, che ha rifiutato la convocazione nell’Italia A ed è
stato poi escluso anche dalla maggiore. Paul Griffen, nome suggerito a
Mallett prima dell’Inghilterra per coprire l’emergenza mediano di mischia,
ma bocciato da due persone dello staff, salvo poi fare precipitoso dietro
front dopo l’umiliazione di Mauro Bergamasco a Twickenham. Carlos Nieto,
scontento perchè pur essendo in forma gli è preferito un Castrogiovanni a
mezzo servizio.<BR> I giocatori insomma non
crederebbero più in chi li guida. Sono disaffezionati. Si sentono più
prostrati che stimolati da frasi come quella pronunciate da Mallett dopo
il ko con l’Irlanda: «Per me far giocare l’uno o l’altro di voi fa lo
stesso. O fate quello che vi dico o vi cambio». E con chi, visto il
livello dei ricambi azzurri? Almeno ci fosse davvero il coraggio di fare
piazza pulita di qualcuno, buttando dentro dei giovani. Tanto perdi di 20
o perdi di 30 punti a questo punto cosa cambia? Ma visto che poi alla
guerra ci si va con i senatori, non si può pretendere di motivarli
così.<BR> La rivolta dei senatori assomiglia
a quella andata in scena nel 2002 quando i big dell’epoca chiesero (e
ottennero) la testa del ct Brad Johnstone dopo il secondo cucchiaio di
legno consecutivo. Un clima da fine impero. E una bella gatta da pelare
per Dondi. Secondo le rivelazioni di un consigliere federale si sarebbe
già accordato con Mallett per il prolungamento del contratto e far pagare
il fallimento sarà lo staff. Secondo altre voci il sicuro partente è
Mallett. Qualunque sarà la decisione l’impressione è quella di una
gestione tecnica al capolinea, a meno che non infili una clamorosa
vittoria contro Francia o Galles. Solo in quel caso, forse, potrebbe
salvarsi in blocco.<BR> </I></B><B>Ivan
Malfatto<BR>
<HR>
<HR>
</B></TD></TR></TBODY></TABLE></DIV>
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<DIV><FONT size=4><STRONG>Il Gazzettino, pagina 21 </STRONG></FONT></DIV>
<DIV><FONT size=4><STRONG>5 marzo 2009</STRONG></FONT></DIV>
<DIV><FONT size=4></FONT> </DIV>
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<TR>
<TD class=occhiello><STRONG><FONT size=4>RUGBY La Federazione e il
capitano Parisse negano prese di posizione dei ’senatori’, non i problemi.
Ma liberarsi del citì (altri due anni di contratto) è molto
oneroso<BR></FONT></STRONG></TD></TR>
<TR>
<TD class=titolo_articolo align=middle><STRONG><FONT size=4>La Fir:
«Nessuna lettera anti Mallett»</FONT></STRONG></TD></TR>
<TR>
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</TD></TR>
<TR>
<TD class=occhiello><B>Giovedì 5 Marzo 2009, </FONT></B></TD></TR>
<TR>
<TD class=testo_articolo align=justify>La lettera dei senatori azzurri
contro il citì Nick Mallett e lo staff tecnico non è mai (o non è più)
stata scritta. Il giorno dopo la voce diffusa a riguardo piovono le
smentite della Fir e di Sergio Parisse. Ma al di là di esse il malumore
per la gestione tecnica resta, dopo le brutte figure nei primi tre match
del Sei Nazioni. Affiancato da conferme sul destino di Mallett, che
avrebbe già ottenuto prima del torneo la conferma quadriennale del
contratto dalla Fir. Niente verifica biennale a giugno, quindi, con
possibilità di rescissione reciproca senza penali. Per esonerarlo sembra
bisognerà corrispondergli per intero altri due anni di contratto, circa
700 mila euro. Una cifra pesante. Che sommata alla difficoltà di trovare
un altro allenatore fa pensare che a pagare per il pessimo torneo (a meno
di miracolose vittorie con Galles e Francia) potrebbe essere lo staff, non
il ct.<BR> Sul fronte della rivolta azzurra
la federazione in un comunicato «smentisce in maniera categorica le
illazioni riguardanti una presunta lettera fatta pervenire al presidente
federale Giancarlo Dondi da parte di uno o più giocatori della Nazionale
in merito alla gestione tecnica del XV azzurro. Si tratta di una notizia
priva di fondamento che non può che gettare discredito e, al tempo stesso,
destabilizzare un ambiente che deve ritrovare la giusta serenità in vista
dei prossimi impegni internazionali».<BR>
Rinforzato tale posizione ufficiale un lancio d’agenzia di Parisse: «Come
capitano e primo portavoce del pensiero degli atleti, voglio smentire le
assurde voci di una lettera indirizzata da uno o più azzurri al presidente
della Fir e volta a muovere critiche all'operato dello staff tecnico. Si
tratta di un'eventualità che non è mai stata presa in considerazione. Il
rapporto tra lo staff tecnico e i giocatori è sempre stato improntato
sulla reciproca fiducia, su un confronto chiaro e
aperto».<BR> Intanto nessuno ha mai parlato
di lettera fatta pervenire a Dondi. Ma di «lettera che starebbe per essere
inviata da un gruppo di senatori azzurri, o comunque di una loro dura
presa di posizione». Si è dato notizia di un’intenzione, non di un
documento esistente. Poi se l’ambiente deve ritrovare la giusta serenità,
vuol dire che tanto sereno ora non dev’essere. È proprio quello che si è
inteso registrare nell’articolo di ieri. Un ambiente poco sereno non solo
per le sconfitte e l’incapacità di tradurre in campo quanto fatto in
allenamento, come sempre affermato nelle interviste ufficiali dai
giocatori. Ma anche per la scarsa capacità dello staff e del ct di un
confronto diretto con gli atleti per motivare le scelte, e questo i
giocatori lo riferiscono in via
riservata.<BR> Le conferme avute da nostre
fonti interne al clan azzurro sono numerose. Oltre a quanto già scritto
parlano di condizionamenti dei alcuni procuratori nelle scelte operate, o
per notizie messe in giro sull’Italia. Lo stesso Mauro Bergamasco nel dopo
Scozia-Italia se n’è uscito con la significativa frase: «Non date retta a
quanto dicono certi procuratori».<BR>
</I></B><B>Ivan Malfatto</B></TD></TR></TBODY></TABLE></DIV></BODY></HTML>