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<p class=MsoNormal><font size=2 color=black face=Arial><span style='font-size:
10.0pt;font-family:Arial;color:black'>Hai ragione non erano da buttare per
carita’. Pero’ rimane il fatto che le Zebre, i Dogi, il XV del
Presidente, erano selezioni a se stanti. Buone per gli almanacchi ma non per la
crescita del movimento. Perché se cosi’ fosse stato saremmo cresciuti in
maniera tale da farci trovare pronti quando è subentrato il professionismo. Forse
qualche risultato positivo è stato anche frutto della poca predisposizione delle
Nazionali blasonate ad affrontare una compagine di seconda fascia, come era
considerata allora l’’Italia. E cosi’ una partita brutta
tutta cuore e grinta vinta con l’Argentina negli anni ’70 veniva
accolta come l’impresa del secolo. Non voglio sminuire quelle imprese per
carità, ma solo sottolineare che spesso le nostre critiche sono frutto delle
aspettative. Non ci bastano piu’ la sconfitta onorevoli, non ci basta piu’
vincere, vogliamo primeggiare. Giusta aspirazione ma nulla si crea dal nulla. Che
il XV del Presidente negli anni 70 facesse tremare l’Australia,
fondamentalmente al giorno d’oggi mi frega poco. Preferisco la vittoria
seppur raffazzonata contro l’Argentina che, pur con i limiti di organico
e di condizione del momento, rappresenta la terza potenza mondiale. Diciamocelo
chiaramente: la vittoria di Grebnoble è figlia di quella mentalità. La Francia fece
un mix tra Nazionale maggiore e Nazionale A, si presentò con l’etichetta
di seconda squadra, convinta di fare un sol boccone di una squadretta di
seconda fascia, e le prese di santa ragione. Volevano dimostrare che pure con
una seconda squadra ci battevano e non meritavamo il Sei Nazioni, ottennero il
risultato opposto. Ora non è piu’ cosi’: il rispetto ce lo siamo
conquistato. Tutti sono coscienti che se fanno una partita mediocre rischiano
di prenderle. L’argentina ha giocato come il gatto con il topo, la
strategia stava pure pagando, poi è uscito Hernadez e il castello è crollato. Concordo
sul fatto che c’erano giocatori italiani di grande livello, ma quanti
erano bravi a tal punto da essere corteggiati da club di Nazioni
rugbysticamente evolute? Gli stranieri veri campioni sono venuti in Italia come
fa ora Beckham che se ne va negli States a fare il fenomeno. Finivano la
stagione dell’emisfero Sud e venivano a divertirsi in Italia. Ovviamente
giocando al 50% delle loro potenzialità facevano la differenza. Ma cosa hanno
lasciato? Non molto se non l’idea di un altro tipo di rugby possibile. Ora
in Italia non viene piu’ nessuno per tre motivi. Il primo: non ci sono
budget sufficienti. Il secondo: un giocatore di seconda fascia australiano ha
poco piu’ di un giocatore di alto livello italiano, quindi per le societa’
il gioco non vale la candela. Terzo: il campionato italiano di spettacolo ne
offre poco, ma il livello fisico di chi gioca in Top ten è cresciuto. Gli
impatti sono massacranti e nessun giocatore dell’emisfero sud viene ‘in
vacanza’ in Italia. Non mette a rischio la sua incolumita’ fisica,
l’ingaggio a casa sua, e la carriera, per puro divertimento. Ammesso che
le societa’ di appartenenza siano disposte a concedere nulla osta per
farli giocare. Quindici anni fa era quasi un patto non scritto: gioco con te ma
poi a fine campionato mi lasci libero di arrotondare lo stipendio. Correggetemi
dove sbaglio ovviamente…<o:p></o:p></span></font></p>
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