<!DOCTYPE HTML PUBLIC "-//W3C//DTD HTML 4.0 Transitional//EN">
<HTML><HEAD>
<META http-equiv=Content-Type content="text/html; charset=windows-1252">
<META content="MSHTML 6.00.2900.3268" name=GENERATOR>
<STYLE></STYLE>
</HEAD>
<BODY bgColor=#ffffff>
<DIV align=justify><FONT face=Arial size=2>Il Sei Nazioni si chiude con
un progresso. L'Italia e' un contendente del torneo e
non piu' la squadra che deve giustificare di esserci. Il nostro rugby si
sta integrando in quello internazionale, a livello di giocatori e di
pubblico. Va dato atto a Dondi e alla sua diplomazia internazionale di aver
originato questo processo. Tuttavia, a livello di coaching, c'e' molto
da fare. Il rugby di oggi e' meno romantico di quello di una
volta. Vedi la Francia che a Cardiff ha cercato il match ma non e' entrata
nel contesto. Il rugby non e' piu' come una volta, perche' un
tempo il gioco si capovolgeva un po' a pendolo ed era sempre bello.
Oggi, la preparazione fisica delle grandi squadre puo' rendere la
pressione unidirezionale con le difese che salgono cosi' forte da
togliere ogni ossigeno. A quel punto, l'avversario non capisce piu' niente
e perde anche i raggruppamenti introdotti in vantaggio, vedi l'Irlanda nel
secondo tempo con l'Inghilterra ed anche un po' la Francia. Mi piangeva il cuore
nel vedere O'Gara e i suoi arrancare in prossimita' della meta inglese
(...un'intera generazione di players sempre alla ricerca di grandi
appuntamenti!) e prendere una meta nemmeno tanto irresistibile, pero' che
disciplina interiore questo quindici della rosa con un'apertura
che e' il frutto e non la causa della stessa disciplina! Si, il rugby di oggi
richiede una grande disciplina (Jean Pierre Rives: le rugby d'aujourd'hui
ce n'est plus ton affaire!). Il gioco di piede si
basa sull'intelligenza. Mentre il rugby di un tempo si fondava su principi
continui, in pratica si eseguivano azioni con effetti che richiedevano
altre azioni (palla calciata giusto oltre la linea avversaria, incroci tra
apertura e centri per spostare l'attacco etc..), oggi la commistione
di gioco a uomo e a zona fa si' che le ripartenze, piu' che spostare il
gioco, tendono a scardinare il gioco avversario al centro e
non e' il giocatore in azione (nemmeno l'apertura) che conta, non
essendoci piu' piazzamenti residuali di singoli (l'ala per esempio),
ma conta principalmente lavorare sull'asse principale di
gioco riducendo al minimo gli intervalli e creando delle trappole in
cui l'avversario viene saltato sempre al limite di
tutto, dell'in-avanti, del fuorigioco etc... Se valessero i principi
rugbistici di una volta, gli arbitri oggi dovrebbero fischiare di piu' cio'
che non fischiano, in particolare il fuorigioco, e fischiare di meno
cio' che invece spesso fischiano, in particolare la lavorazione della palla in
fase di raggruppamento. Per le sue caratteristiche di discontinuita'
dell'azione, il rugby di oggi potrebbe essere definito 'rugby al
limite', cioe' un gioco in cui tutto viene sempre (e secondo me:
abnormemente) ritardato in modo da imprimere all'accelerazione finale
del centro o della terza linea un carattere non resistibile. Anche
alcuni placcaggi oggi sono al limite. Con un gioco del genere,
andrebbero inserite delle terze linee capaci di gioco tattico e
delle ali che sappiano giocare di piede su se' stesse, perche' si va
in meta saltando e accelerando piu' che passando e spostandosi.</FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face=Arial
size=2>Giovanni </FONT></DIV></BODY></HTML>